Valsassina. Alla scoperta di antichi mestieri, il pastore Franco Selva

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Franco Selva, pastore di Cortabbio di Primaluna
Franco Selva, pastore di Cortabbio di Primaluna

Una vita all’aria aperta fatta di passione e tanti sacrifici

“Non ci sono domeniche o feste, ma una vita che segue il ritmo della natura”

PRIMALUNA – Il tempo scorre veloce e cambiano usi e costumi. Solo una cinquantina di anni fa (io ero ancora un ragazzino), a Cortabbio erano numerose le famiglie che avevano la stalla con qualche mucca, animali che accudivano gelosamente per il fabbisogno quotidiano. La vita non era frenetica come oggi, la gente assaporava ogni momento anche se, per accudire il bestiame, non c’erano festività e maltempo che tenessero, bisognava comunque “rigolaà i bescioi” come si diceva in dialetto.

Poi sono arrivate le prime fabbriche che producevano attrezzi agricoli, più avanti la specializzazione sulla produzione di flange che ha visto un rapido incremento di siti produttivi con un’espansione notevole. La Valsassina, però, è sempre rimasta legata ai suoi monti e sui monti ci pascolano, anche oggi, greggi ed armenti e non poteva essere altrimenti visto che in valle sono numerose le aziende di produzione casearia.

Una tradizione che si è affievolita nel tempo ma non è mai stata abbandonata

Ai giorni nostri è sempre più difficile trovare greggi di grosse dimensioni, anche se qualche “giovane” ha deciso che, tutto sommato, la vita all’aria aperta non è poi così male anche se non ci sono tutte le comodità e i comfort della vita di città. Proprio a Cortabbio, frazione di Primaluna, c’è un allevatore che sta portando avanti con passione il mestiere di pastore e possiede un grosso gregge di pecore.

La bella storia di Franco Selva

“L’azienda si trova a Cortabbio e va avanti da quattro generazioni, ora al timone di comando ci sono io, Franco Selva, anche se mio padre continua a darmi una grossa mano. Posso dire di essere nato in mezzo agli animali, prima nella stalla c’erano solo mucche da latte. All’età di 14 anni i miei genitori mi hanno regalato le mie prime tre pecore, in breve sono diventate dieci, poi cento. A quei tempi erano i miei genitori a gestire l’attività, io aiutavo alla sera quando finivo la mia giornata da muratore. Prima era solo un hobby, ma più il gregge aumentava più crescevano le incombenze, così a 30 anni ho deciso di dedicarmi esclusivamente alla pastorizia e ora posseggo circa 350 pecore di razza brianzola e qualche capra.

Non ci sono giorni di festa, è un lavoro faticoso che segue i ritmi delle stagioni

“Ho iniziato per passione, non si decide da un giorno con l’altro di allevare animali. Da fuori può sembrare bellissimo il contatto con la natura, ma c’è anche il rovescio della medaglia: sei sempre impegnato e non ci sono domeniche, festività o brutte giornate. Le pecore mangiano come noi, sette giorni su sette. L’estate è un periodo bellissimo, si vive in alpeggio, si sta a contatto con la natura, tutto il giorno all’aria aperta senza vincoli, ma anche questo ha i suoi lati negativi: dover stare tutto il giorno fuori casa, col bel tempo ma anche con i temporali e in montagna, col brutto tempo, diventa tutto molto complicato. Si parte verso le sei del mattino e alle 9 di sera sei ancora lì a controllare che tutto vada bene, che non ci siano problemi. Tutto ciò incide sulla vita, sul tempo, sulla famiglia, hai tanta libertà ma è una libertà vincolata da questa passione che ti porta via ogni momento per poter stare con i tuoi cari”.

Una vita di sacrifici che vale la pena di essere vissuta

“Ovviamente è un lavoro che regala tanti momenti “magici”: la nascita di un agnello, un nuovo ciclo vitale che ricomincia, ogni volta per me è un’emozione. E ancora, vivere in simbiosi con i miei cani che hanno imparato a convivere col gregge, una vita a cui non rinuncerei, una vita fatta di gioie quotidiane, di soddisfazioni mai dette, di momenti magici da vivere. Quando invece non sei in alpeggio lontano da casa, ci sono altre incombenze, fare il fieno che servirà per la stagione invernale. Fortunatamente i mezzi agricoli hanno agevolato molto il lavoro e alleviato la fatica manuale. Dalla bontà del lavoro estivo, dipende la buona riuscita della stalla invernale. In Valsassina il clima non permette di lasciare libero il gregge nei mesi invernali e bisogna ricoverarli al coperto in attesa che l’erba ricresca. In questo periodo inizia un nuovo tipo di lavoro: non più libertà in giro tra prati e monti, ma una costante osservazione per mantenere al meglio gli animali in stalla. Primavera, estate, autunno, inverno… ogni giorno ti riserva comunque qualcosa di nuovo, emozioni uniche e quando hai tante pecore, le nascite di agnellini sono tante ed è sempre gioia. È un lavoro che non tutti possono fare, si tende a vedere solo agli aspetti positivi e ci si sente pronti, ma basta qualche giornata negativa per cambiare subito idea e tornare a una vita più tranquilla”.