Corsa in montagna. Tita Lizzoli racconta una brillante carriera interrotta troppo presto

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Nato a Premana, è stato protagonista tra gli anni ’80 e ’90

“Ho iniziato da subito. Si può dire che sono nato correndo”

PREMANA – Se abiti a Premana non è difficile vivere a stretto contatto con la natura anzi, è condizione naturale per la maggior parte degli abitanti e lo era ancor di più negli anni scorsi. Premana, arroccata sui monti, già dai primi passi ti fa capire che la tua strada avrà lunghi tratti in salita ed è proprio in questo contesto che la corsa in montagna trova terreno fertile. Il paese delle lame ha sfornato dei veri talenti, ma dal passato siamo andati a ripescarne in particolare uno: Gianbattista “Tita” Lizzoli.

Classe 1966, quali sono stati i primi passi del giovane “Tita”?
“Ho iniziato da subito. Si può dire che sono nato camminando prima e correndo poi. La mia famiglia, infatti, aveva un’azienda agricola sui monti vicino all’Alpe Deleguaggio e io, secondo di 10 fratelli, sono stato da subito avviato all’attività agro-silvo-pastorale. Non mi ha mai spaventato camminare in montagna e non poteva essere altrimenti. Quello era il mio mondo anzi, senza sarebbe mancato un pezzo importante della mia infanzia”.

Un giovane Tita Lizzoli con la maglia della Polisportiva Pagnona

Poi le prime gare agonistiche.
“A quei tempi non c’erano molte opportunità ma grazie a Marino Tagliaferri mi
tesserai per la Polisportiva Pagnona con cui nel 1985 vinsi il titolo italiano Juniores di
corsa in montagna. Successivamente conquistai anche il titolo mondiale a San Vigilio di
Marebbe (BZ) vestendo la maglia della nazionale di corsa in montagna”.

Il passaggio al Centro Sportivo della Forestale è stato breve.
“Grazie a quei risultati riuscii ad arruolarmi nel Centro Sportivo della Forestale, in
quel periodo una vera e propria corazzata della corsa in montagna. Iniziai a fare l’atleta a tempo pieno e i risultati mi hanno ripagato di tutte le ore di allenamento: quattro volte campione del mondo a squadre 1985/1986/1992 e 1993; nel 1986 al mio primo anno da
Seniores a Morbegno ho ottenuto il 32° posto individuale; nel 1992 a Bardonecchia il
18° e nel 1993 a Gap (Francia) il 17°. Questi sono i miei risultati ai campionati
mondiali, mentre con la maglia della Forestale ho vinto 4 titoli italiani a staffetta e 8 titoli di
società nella corsa in montagna”.

Padrone, ovviamente, anche sui sentieri di casa.
“Nel 1989 ho vinto la gara di casa, il Giir di Mont, un’emozione unica: vincere fa
sempre piacere ma farlo davanti al tuo pubblico, alla tua famiglia è una soddisfazione che ti
porti dentro per tutta la vita. Avevo ottenuto anche il personale di 3h28’53” anche se, ovviamente, i tempi nelle corse in montagna non sono come quelli che si fanno in pista o nella maratona. Nel 1997, poi, sono arrivato 8° al trofeo Kima in 7h08’.

In maglia azzurra

Nel tuo palmares, però, non c’è solo montagna.
“Ho fatto in tempo a provare anche la pista e le corse su strada. Dei miei migliori tempi ricordo il 30’21” sui 10000m e il 2h25’ sulla maratona, tempi da non disprezzare per uno che faceva prevalentemente gare in montagna”.

Poi un brutto incidente ferma Tita proprio quando aveva ancora molto da dare.
“A 32 anni un camion mi investì mentre ero in strada per una seduta di allenamento. Lì iniziò il mio calvario fatto di numerosi interventi chirurgici per permettermi almeno di
ricominciare a camminare. Dal giorno dell’incidente la corsa è solo parte del mio passato”.

Adesso cosa fai?
“Adesso… Faccio il nonno! Ho due figli che mi hanno dato la gioia di essere nonno e
il mio tempo lo dedico a loro. Rimpianti? Quello più grande sicuramente è di essere stato riformato dal Corpo Forestale dello Stato dopo l’incidente”.

E l’avventura del Centro Atleti Lizzoli?
“Quando mi sono arruolato, assieme ai miei fratelli, ho fondato una società che definirei ‘a gestione familiare’. Eravamo in tanti tra fratelli e cugini così l’abbiamo chiamata col nostro cognome. Negli anni poi si sono aggiunti anche atleti che non avevano legami di parentela, ma il Ca Lizzoli è ancora attivo sul territorio”.

Come vedi la corsa in Valsassina e nel Lecchese?
“Per quanto riguarda l’atletica, in Valsassina, sono molti gli atleti promettenti ma che purtroppo si perdono per strada nelle categorie assolute. Seguendo vari ragazzi ho notato che meriterebbero di più vedendo il loro impegno in allenamento: sforzi che poi vengono vanificati la sera prima di una competizione importante perché non tutti sono capaci di rinunciare ad una serata con gli amici. Nel lecchese, città a parte, nonostante il gran numero di società e atleti mancano le strutture adeguate, il contesto non ti mette nelle condizioni migliori per poterti allenare e poi diventa duro stare al passo dei migliori. La corsa in montagna, invece, sta subendo la concorrenza di skyrace e trail. Anche in questo caso a livello giovanile si riesce ad emergere sia in campo regionale che nazionale, ma nelle categorie Assolute poi ci si perde”.

Ringraziamenti?
“I miei ringraziamenti vanno in particolar modo alla Polisportiva Pagnona, di cui sono stato tesserato dal 1983 al 1987: pur lavorando come muratore mi ha portato in maglia azzurra. Un grazie al dottor Gianni Righetti che mi ha preparato in pista e mi ha portato a raggiungere i miei personali su maratona e 10000 metri. Tempi impensabili per uno scalatore. Infine un ricordo a Raimondo Balicco, il mio responsabile sia al Centro Sportivo del Corpo Forestale che alla nazionale, recentemente scomparso a causa coronavirus”.