Dalle cime alle dune: Amigoni e Stefanoni alla Marathone des sables

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LECCO – Loro, abituati a sfidare le montagne, sapevano che la corsa nel deserto non sarebbe comunque stata una passeggiata, e si sono preparati duramente per affrontare una competizione che dire estrema è poco: 250 chilometri da percorrere nel Sahara Marocchino, in sei tappe e in autonomia alimentare, lottando contro la fatica, il caldo e la sabbia che nulla ha a che fare con le rocce dei pendii prealpini.

Eppure, Matteo Amigoni e Alessio Stefanoni, atleti di Osa Valmadrera e Falchi Lecco, ce l’hanno fatta e sono arrivati fino al traguardo della “Marathone des sables” che si è svolta tra l’8 e il 17 aprile tra le dune del Marocco. Non era scontato, decine di concorrenti sui 1300 iscritti totali si sono ritirati durante le sei tappe, ognuna di circa 30 e 40 km ad esclusione della quarta tappa da ben 86 chilometri e l’ultima da 8 chilometri.

 

Matteo Amigoni, atleta dell’Osa Valmadrera

 

“E’ stata dura – racconta Amigoni – fisicamente eravamo entrambi preparati, non eravamo però abituati a correre per così tanti chilometri un giorno dopo l’altro, con un tipo di terreno differente, la sabbia non ci era possibile testarla, questa è una cosa che ci ha messo in difficoltà, c’erano diversi tratti sulle dune e lì fai fatica”.

Una maratona nel deserto dove ogni runner ha dovuto contare solo sul proprio equipaggiamento, portare nello zaino viveri, un fornellino e il sacco a pelo per autosufficiente essere durante i sei giorni di gara. L’organizzazione ha garantito unicamente l’assistenza medica, logistica (campo tendato all’arrivo di ogni tappa) oltre ad una dotazione d’acqua giornaliera di circa 5 litri.

Alessio Stefanoni dei Falchi di Lecco

 

“Noi c’eravamo portati appresso un padellino, il sacco a pelo, i 14 pasti che avremmo consumato in quei giorni, le barrette energetiche e i gel integrali per la gara, poi il minimo necessario per vivere in condizioni decenti, cucchiano e forchetta, salviette disinfettanti – prosegue Amigoni – Erano permesse solo 2 mila calorie al giorno e facendo un’attività fisica del genere ne bruci almeno 5 mila.  Anche l’acqua era contata, e dopo una giornata a correre, difficilmente potevi lavarti. Le priorità erano bere e usare la stessa acqua per cucinare. Le temperature durante il giorno toccavano i 39 gradi, avevamo sempre addosso la crema solare tanto non ci siamo neppure abbronzati..! Volevamo evitare scottature. Di notte invece il termometro scendeva fino a 7 gradi e si alzava il vento. Per dormire, al campo venivano montate in senso circolare le tende, alloggiavamo in otto ciascuna”.

 

Una sfida estrema, appunto, e che ha richiesto un eccezionale allenamento, durato quasi un anno: “La difficoltà è stata quella di incastrare allenamenti di così tante ore con la vita quotidiana, il lavoro – ci dice Alessio Stefanoni – una volta pronti fisicamente, in gara è stato solo un lavoro di testa, per sopportare la fatica di una corsa lunga, in particolare la tappa di 86 chilometri”.

La corsa dei due lecchesi in totale è durata 40 ore per l’atleta dell’Osa e 45 ore per il runner dei Falchi.  “Io e Matteo riflettevamo sull’orologio contachilometri che si scaricava dopo 15 ore e dovevamo caricarlo – conclude Alessio – lui si fermava, noi noi”.