Grande successo per l’incontro con Schwazer e Donati a Teatro Invito

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Lecco Teatro Invito Schwazer Donati 20220915
Sandro Donati e, in collegamento, Alex Schwazer

Una serata dedicata allo sport pulito

“Il bronzo del 2005 il mio ricordo più bello” dichiara l’ex marciatore

LECCO – Giovedì 15 settembre la sala di Teatro Invito si è riempita per l’incontro con l’allenatore Sandro Donati – presente sul palco – e l’ex marciatore Alex Schwazer, in collegamento dalla sua casa di Racines. La serata è stata l’occasione per parlare di doping, di sport pulito e del caso oscuro che ha coinvolto i due, quando il marciatore venne squalificato in ambito sportivo nel 2016 per doping, ma fu assolto, nel 2021, dal tribunale penale per non aver commesso il fatto.

La serata è iniziata con Donati, icona della lotta antidoping, a dispensare le sue verità. “Le persone pensano che ci siano buoni e cattivi, dove la Federazione è buona e l’atleta dopato cattivo, ma l’atleta è solo uno degli attori, insieme a medici e fisioterapisti. Dall’altra parte però non ci sono i buoni, c’è solo chi gestisce, un’impalcatura di facciata che non colpisce il doping. Gli ultimi risultati pubblicati hanno trovato lo 0,3% di atleti positivi. Venticinque laboratori in tutto il mondo, milioni di euro spesi per un numero così basso? O il doping non esiste, o il sistema cerca di non fare danni”.

Donati ne ha anche per gli amatori, definiti “allocchi”. “Gli amatori sono gli allocchi della situazione, che spendono migliaia di euro in biciclette, scarpe e integratori, quando in realtà basterebbe un’alimentazione equilibrata. Sono proprio gli amatori quelli che creano il mercato del doping: secondo uno studio della WADA il doping ha un giro d’affari di quattro, cinque miliardi di euro ma se consideriamo anche gli integratori (creatina e amminoacidi) il volume si triplica”.

L’allenatore Sandro Donati

In un quadro così nero, l’allenatore romano dà comunque speranza allo sport pulito. “Ci tengo a dire che molti allenatori rifiutano il doping, purtroppo sono i dopatori che fanno più rumore. In alcuni sport ci sono un buon 8% di dopati, in altri l’1%, il resto sono atleti puliti che non si permetterebbe mai di doparsi”.

Approfondendo l’argomento, Donati spiega chiaramente perché il sistema è così fallace. “Per avere la garanzia che tutto sia chiaro ci vorrebbe un controllo con enti terzi sui risultati. Il doping oggi si basa su poche tipologie, ma il sistema è facilmente aggirabile”. Donati ha spiegato poi quattro modi per evitare di essere pizzicati: il “missed test” – ogni atleta può rifiutarsi due volte di fare il test – la finestra oraria fissa, la reperibilità e il farsi controllare in gara, quando tutti sono puliti.

La parola è poi passata ad Alex Schwazer. L’ex marciatore ha raccontato il suo percorso sportivo, fatto di hockey su ghiaccio, corsa, marcia e bicicletta. L’altoatesino, campione olimpico di marcia nel 2008 a Pechino, ha messo a nudo i propri demoni.

“Nel 2009 avrei dovuto allontanarmi da tutto, avevo bisogno di ricaricare le batterie, ma non riuscivo. Non sono mai stato in grado di fare una pausa, così nel 2012 ho dovuto staccare”.

Schwazer ha poi ricordato le sue imprese sportive. “La mia fortuna è stata che nel 2008 l’Olimpiade si è svolta a Pechino: la trasferta lunga e il clima pesante hanno ridotto il mio ritmo di allenamento, altrimenti sarei arrivato cotto. Il mio ricordo più bello però non è la vittoria alle Olimpiadi, dove mi aspettavo di ottenere un risultato, ma la medaglia di bronzo di Helsinki. Lì non mi conosceva nessuno, non avevo mai fatto le nazionali juniores e non mi aspettavo un risultato simile, perciò corsi senza pressione. Ci tengo a sottolineare che i due marciatori che finirono davanti a me nel 2015 vennero squalificati per doping”.

Schwazer ha poi ripercorso il periodo con Donati e la battaglia che li ha legati in favore dello sport pulito, ammettendo che forse avrebbe fatto le cose in maniera diversa, ripensando al suo rientro del 2015 e a quello che successe dopo.
Adesso l’ex marciatore lavora ancora nel campo sportivo, collaborando nel mondo turistico e amatoriale, visto che è ancora squalificato. “Io non ripenso più a quello che è successo, ci ripenso ora perché sono qui con voi, altrimenti nella vita ho altro da fare. Ho una compagna, due figli, nella vita penso ad altro. Ho la fortuna di essere una persona che guarda sempre al futuro e questa cosa è utile nella vita di tutti i giorni ma non lo è nello sport, perché ti impedisce di goderti i risultati”.