Corsa. Giuseppe Denti, un esempio di caparbietà e dedizione

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Giuseppe Denti, Sandro Marongiu e Fumagalli in una vecchia edizione del Trofeo Vanoni a Morbegno

Da Bellano uno dei migliori maratoneti degli anno ’80

Non fu quello che si dice un enfant prodige, ma crescendo…

COLICO – Proseguendo il nostro viaggio nella storia della corsa locale non si può non parlare di Giuseppe Denti. Più che un’intervista a un campione, questa è l’intervista a un amico visto che abbiamo percorso fianco a fianco la stessa strada sportiva per un lungo tratto.

Dalle categorie giovanili sino all’assoluta: allenamenti condivisi e i successivi pranzi o cene, a casa sua o a casa mia a seconda di dove si svolgevano gli allenamenti. Abbiamo condiviso anche l’anno di militare al Centro Sportivo dell’Aeronautica a Vigna di Valle (Bracciano). Dopo le nostre strade si sono divise e per “Giuspì”, come viene simpaticamente chiamato ancora oggi, è cominciata la lunga carriera nel Centro Sportivo dei Carabinieri a Bologna. Un crescendo di risultati che l’hanno visto ottenere il tempo di 2h14’08” in maratona e un secondo posto ad un campionato italiano sui 30 Km. Classe 1960, Denti e nato a Bellano e proprio lì ha mosso i primi passi di corsa, con la maglia granata della locale società sportiva.

Ciao Giuseppe, raccontaci come è scattata in te la passione per la corsa.
“Non ho iniziato giovanissimo, avevo 15 anni e volendo imitare mia sorella Guendalina. Provai a seguirla nelle file della Polisportiva Bellano, ma agli inizi i risultati non furono entusiasmanti e il più delle volte le prendevo anche da mia sorella. Forse questa è stata la mia fortuna perché quando vedi che i risultati migliorano, i tuoi tempi si abbassano, hai uno stimolo in più per continuare a rincorrere i tuoi sogni”.

Dopo i primi passi alla Polisportiva come prosegue la tua carriera?
“Successivamente sono passato al Cs Cortenova dove c’era un bel gruppo di mezzofondisti allenati da Eligio Melesi. In quegli anni avevamo formato un gruppo di tutto rispetto: in pista ottenevamo tempi importanti e i risultati arrivavano anche nelle campestri, ricordo ancora l’intero podio Allievi ai campionati italiani Csi di Ciano D’Enza. Primo Sandro Marongiu, poi Carlo Doniselli e io, in quell’occasione pagai un errore di valutazione sprintato a un giro dalla conclusione. Al Cortenova ho fatto un paio di stagioni, perché da Juniores mi sono accasato all’Icam Lecco che mi permise nel 1979/80, mentre facevo il militare, di praticare per un anno l’atletica in modo molto serio”.

Il maresciallo di Ala dei Sardi, Giuseppe Denti, Claudio Solone e il grande Gennaro D’Angelo

L’anno del militare è stato un trampolino di lancio.
“Effettivamente son stato bravo a sfruttare l’opportunità che mi si era
presentata: almeno in quei 12 mesi in cui non dovevo lavorare, mentre tutti i miei compagni non vedevano l’ora di ‘scappare’ a casa in licenza, io mi sono concentrato seriamente sull’atletica. Ho ancora un piccolo record di permanenza in caserma: dovevo
allenarmi ma la licenza significava allontanarmi dall’obiettivo così decisi di non muovermi mai da Vigna di Valle. La paga da aviere normale, a quei tempi, erano 1000 lire al giorno, così per arrotondare, quando ero in libera uscita, andavo a fare il cameriere per guadagnare qualche soldo e non dover dipendere solo sulla mia famiglia”.

A Vigna di Valle il primo passo verso l’élite della corsa, ma cosa è successo dopo?
“Terminato il militare sono tornato a casa e nella mia testa si è insinuato un tarlo… Sapevo di essere riuscito a ottenere risultati che lavorando non avrei mai più ottenuto, da qui la scelta: o smettere di correre o smettere di lavorare. A settembre feci una gara sui 10.000 metri all’Arena di Milano, avevo un personale di 30’24” niente di eccezionale, alla fine vinsi in 29’46” con grande soddisfazione mia e del mio allenatore Eligio Melesi. Alla gara, però, era presente come spettatore il professor Franco Ambrosioni, grande atleta e azzurro di maratona, corsa campestre e strada. Parlando con lui del mio intento di smettere se non fossi riuscito a dare una svolta alla mia vita lavorativa, mi disse ‘Giuspì, se non hai problemi ad andar via da casa posso parlare di te al Centro Sportivo Carabinieri’. Ricordo ancora quella gioia e la mia risposta fu immediata ‘Voglio andar via di casa e fare l’atleta a tempo pieno'”.

Marongiu, Ciceri e Denti

Quella fu la vera svolta della tua vita.
“Fu un cambio di passo, anche se ricordo bene i sei mesi di corso che non furono affatto facili. Dovevo fare ciò che facevano i normali militari e nel tempo libero trovare anche il tempo per allenarmi, ma devo dire che dopo tanti sacrifici le soddisfazioni non sono mancate. Ho girato tanti posti, ho conosciuto tantissime persone legate all’ambiente della corsa, ricordo ancora con affetto il mio responsabile di allora, il maresciallo Gennaro D’Angelo, e tutti i compagni di squadra di allora e che si sono succeduti negli anni. Sono riuscito a vestire più volte la maglia azzurra, sia quella civile che quella militare”.

E contro il cronometro? Come te la cavavi?
“Sono riuscito a togliermi delle belle soddisfazioni, se penso agli inizi quando avevo
pochi avversari dietro e tantissimi davanti… Alla fine posso dire che, tutto sommato, le
mie soddisfazioni anche cronometriche me le sono prese: 3’58” sui 1.500m, 8’10” sui
3.000m, 13’58” sui 5.000m, 28’40” sui 10.000m (corsi 4 volte in carriera sotto i 29’
erano la mia gara preferita), 19.730m. nell’ora in pista, 1h04’08” sulla mezza maratona e 2h14’08” nella maratona”.

E adesso, cosa fai?
“Faccio il pensionato. Dopo aver smesso col Cs Carabinieri a Bologna, ho corso
qualche anno con l’Adm Ponte e successivamente col Gp Santi, adesso gareggio
ancora con la Pol. Bellano ma le mie giornate le passo principalmente con mia moglie Gabriella e con gli animali che insieme accudiamo: cane, gatto, asini e cavalli… d’estate bisogna fare il fieno perciò, oltre a correre, mi tengo in forma anche facendo i lavori da contadino”.

Hai qualche rimpianto?
“Nessuno: non ho paura a dire che quando ho iniziato a fare atletica ero negato. Con la perseveranza, tanta dedizione e molte rinunce (che comunque non pesano quando sono una scelta e non un obbligo) sono arrivato a vestire la maglia azzurra, il massimo risultato per ogni atleta di qualsiasi sport”.

Ringraziamenti?
“Sicuramente alla Polisportiva Bellano che mi accolse nel 1975 e mi mise nelle mani del
mio primo allenatore Giovanni Vetere, attuale presidente granata. Tantissimo devo a Eligio Melesi che mi lanciò nell’orbita della nazionale e pronosticoò una carriera che ritenevo impossibile. Eligio fu un buon profeta… ci sentiamo ancor adesso e spesso ci troviamo anche sui campi di gara come avversari. Un ringraziamento alla allora Icam Lecco dei fratelli Agostoni, dei signori Binda, del professor Balatti, società che mi permise di correre le prime gare importanti. Voglio ricordare anche tutti i miei compagni di allora che non hanno mai smesso di tifarmi e incitarmi anche quando sono passato ai Carabinieri. Un particolare ringraziamento all’Arma dei Carabinieri che mi ha accolto nel 1982 prima nel Centro Sportivo e successivamente mi ha permesso di andare in pensione. Un ringraziamento particolare va a un gruppo di persone che ha segnato i primi passi della mia attività sportiva quando ancora non ero un atleta affermato: Lino Mascheri (Munci) e Carlino Acquistapace di Cortenova che mi portavano alle gare quando ero Allievo, e sempre di quei tempi è ancora vico il ricordo di Massimo Ortelli e Magatti di Bellano che ci accompagnavano sempre alle gare non competitive o a staffetta come la Sondrio-Chiavenna”.

Visto che ancora gareggi, come vedi il mezzofondo lecchese?
“Ci sono delle belle realtà e molte promesse, ma non basta avere le doti per poter emergere. Oggi è forse ancora più difficile fare scelte che ti possano portare ad essere un atleta professionista: troppe le distrazioni e, pur avendo le qualità, è facile non riuscire a coronare un sogno. L’unica cosa che posso suggerire a un giovane è di impegnarsi tanto e fare rinunce: se si vuole fare l’atleta, ci si deve comportare da atleta. Ci sono riuscito io che probabilmente avevo molte meno doti di tanti atleti che magari ci stanno leggono. I sacrifici, alla fine, vengono ampiamente ripagati dalle soddisfazioni”.