Confindustria Lecco. A settembre è stato l’export a trainare

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Nei giorni scorsi si è conclusa la rilevazione della nuova edizione dell’Osservatorio rapido congiunto di Confindustria Lecco e Confindustria Como del mese di settembre.
Gli indicatori confermano le aspettative negative che erano emerse durante la rilevazione dell’Osservatorio Congiunturale di luglio.

In particolare, dopo un primo semestre di moderata crescita, la seconda parte dell’anno si è rivelata in controtendenza mostrando segnali di rallentamento già visibili in luglio e un più deciso arresto degli indicatori in settembre.

Nonostante la maggior parte dei giudizi espressi indichino situazioni di stabilità delle attività, risulta in forte crescita il numero di aziende che evidenziano una diminuzione di ordini e produzione.
La domanda interna è la più penalizzata mentre l’export, pur con qualche difficoltà, si riconferma l’elemento trainante per le aziende delle due province.
Permangono le criticità già rilevate nelle precedenti edizioni riguardo alle situazioni di insolvenza e all’andamento dei prezzi delle materie prime.
Tornano ad aggravarsi i rapporti con gli Istituti di credito dove oltre un’azienda su tre evidenzia condizioni meno favorevoli. A ciò si aggiunge inoltre uno scenario occupazionale che non mostra segnali di svolta. Anche le aspettative per le prossime settimane non prevedono un miglioramento, confermando invece il trend al ribasso.

“Il nostro territorio risente delle dinamiche negative che si osservano a livello dell’economia globale – commenta il presidente di Confindustria Lecco, Giovanni Maggi. Come abbiamo già sottolineato in più occasioni il Paese ha necessità di riforme strutturali serie e urgenti per scongiurare il rischio di un ulteriore peggioramento e innescare una vera  ripresa”.

GLI ORDINI
A livello congiunto per le due province, gli ordini descrivono una fase di marcato rallentamento esprimendo valori fortemente diversi rispetto ai livelli di luglio.
Nonostante i giudizi prevalenti riguardino la stabilità (indicata nel 41,1%), infatti, i casi di diminuzione della domanda (32,7%) superano notevolmente quelli di crescita (26,2%).
Ancora una volta il mercato nazionale si mostra in affanno mentre l’export pare resistere meglio.
La domanda in Italia frena per circa 4 aziende su 10 mentre il 47,6% del campione indica livelli stabili. Decisamente scarso invece il numero di imprese che segnala una crescita, pari al 12,6%.
Sul versante delle esportazioni la situazione appare meno preoccupante anche se i dati esprimono un peggioramento. Il 46,7% del campione indica una stabilità nei rapporti con i clienti esteri e il 27,8% di aver registrato un aumento delle richieste. Ammonta però al 25,6% il numero di soggetti che dichiara di aver raccolto minori ordini rispetto al mese di luglio.

Nella provincia di Lecco i dati confermano l’andamento generale non discostandosi da quanto registrato per i due territori, in particolare riguardo alla domanda nazionale in forte contrazione.
“I dati dell’export continuano ad essere l’elemento più vivace della nostra economia, anche se subiamo qualche scossone – sottolinea ancora il presidente Maggi. Risultano infatti migliori le performance oltre confine del distretto lecchese, con un divario tra giudizi dell’export in crescita (28,8%) e giudizi in riduzione (24,2%) più ampio rispetto allo scenario delle due province”.

LA PRODUZIONE
A livello congiunto, l’attività produttiva presenta segnali di rallentamento, complice una ripresa a rilento dalla pausa estiva. Nonostante il 56% del campione segnali livelli produttivi in linea con quelli dello scorso luglio, il 28% circa evidenzia una diminuzione e solamente il 16% un aumento. La bilancia dei giudizi non sembra dunque favorire le aziende dei due territori e il quadro peggiora se si considera anche il dato sul livello di saturazione degli impianti: l’utilizzo di questi ultimi rispetto alla capacità totale è del 72,5%, al di sotto di quanto segnalato nelle precedenti edizioni dell’Osservatorio.

“L’andamento della produzione lecchese conferma lo scenario appena delineato – afferma il Direttore di Confindustria Lecco, Giulio Sirtori – con livelli produttivi stabili per oltre la metà delle imprese (57,7%) e un numero più esiguo di soggetti che dichiara un incremento delle attività (14,1%), rispetto a coloro che segnalano invece una diminuzione (28,2%). Anche per le imprese di Lecco, infine,  si segnala una capacità produttiva non completamente sfruttata, con impianti utilizzati solo al 72% delle potenzialità, in linea con il dato delle due province”.

LE PREVISIONI
A livello generale, così come per la provincia di Lecco, le imprese del campione esprimono incertezza per le prossime settimane. Se, da un lato, infatti, nel 61% dei casi le previsioni risultano stabili e nel 10% si ipotizza la crescita, dall’altro, si attestano al 29% (con un rapporto di quasi 3 a 1 rispetto ai giudizi positivi) i casi in cui le imprese rivelano la possibilità di un ulteriore rallentamento delle attività.
L’orizzonte temporale di visibilità conferma sostanzialmente quanto emerso nelle precedenti edizioni dell’Indagine. Per il 41,3% delle imprese gli ordini in portafoglio risultano infatti sufficienti a garantire l’attività di qualche settimana, sino a un trimestre per il 43,3% e oltre un trimestre per il 15,4%, con un aumento rispetto alla precedente edizione.

LE MATERIE PRIME
Le aziende continuano a segnalare un aumento dei prezzi delle principali materie prime utilizzate, anche se i dati pervenuti negli ultimi giorni parlano di un miglioramento in tal senso. Si riduce lo scarto tra chi segnala di aver subito aumenti nel prezzo delle forniture (24,5%) e chi invece indica una diminuzione degli stessi (12,3%). Il restante 62,4% delle aziende di entrambe le province dichiara invece un sostanziale congelamento dei livelli dei prezzi.
Variazioni simili sono riscontrabili sul versante lecchese dove circa i due terzi delle imprese (64,4%) indicano una stabilità dei prezzi delle materie prime, a fronte del 23,3% che comunica invece un aumento.

LA SOLVIBILITA’
Nei casi di insolvenza da parte dei clienti le imprese dei due territori indicano una situazione in deciso peggioramento. Quasi il 36% delle aziende evidenzia un giudizio negativo in tal senso, e se è vero che il 62,4% indica una situazione invariata, solamente l’1,8% segnala un miglioramento.

“Per il territorio lecchese il dato riguardante le situazioni di clientela insolvente è meno critico – segnala Giovanni Maggi. Per quasi il 70% dei casi, infatti, non si sono registrati peggioramenti mentre nel 30,7% le difficoltà sono aumentate. Si tratta comunque di una situazione da monitorare con attenzione, soprattutto in un periodo in cui sono già presenti altri elementi critici”.

I RAPPORTI CON GLI ISTITUTI DI CREDITO
Dopo una fase di generale stabilità registrata nei mesi scorsi, le imprese di entrambe le province segnalano un peggioramento dei rapporti con gli Istituti di credito con cui operano stabilmente. Tale andamento riguarda, in particolare, oltre un’azienda su tre (il 34,9%), mentre per il restante 65,1% la situazione è rimasta stabile.
Causa delle condizioni sfavorevoli sono l’incremento degli spread, per il 59% dei casi, l’aumento di spese e commissioni bancarie, nel 40,7%, e l’innalzamento della richiesta di garanzie per il 27,5%.

Per la provincia di Lecco i rapporti tra imprese e banche evidenziano una maggiore stabilità (70,6%) anche se, pur in maniera più lieve, sono riscontrabili casi di condizioni meno favorevoli (29,3%).
Il peggioramento ha riguardato soprattutto l’incremento degli spread (60,3%) mentre minore, rispetto al dato cumulativo, è stata l’incidenza dell’aumento di spese e commissioni (35,1% ) e di ulteriori richieste di garanzie (21,3%).

“L’aumento degli spread e i rapporti con le banche restano questioni centrali. Credo che nella nostra provincia siamo riusciti, anche attraverso i tavoli periodici di confronto fra noi e le banche che si tengono in via Caprera, a innescare un rapporto che ci aiuta a monitorare la situazione. Detto questo ci sono condizioni che rappresentano un limite, come ad esempio il fatto che molte decisioni vengano demandate alla sede centrale, e non a quella locale, degli Istituti bancari – sottolinea ancora Giovanni Maggi.

L’OCCUPAZIONE
A livello occupazionale si assiste ancora una volta ad una situazione di forte stallo nelle due province. Il 75,5% delle aziende segnala infatti un mantenimento dei livelli, mentre i giudizi in diminuzione (14,5%) sono leggermente superiori ai giudizi che indicano un aumento (10%). A livello previsionale si segnala un’ulteriore flessione dei livelli di occupazione, con uno scarto in aumento tra giudizi negativi e positivi  pari a circa l’8%.

“Nella provincia di Lecco – conclude il direttore Giulio Sirtori – si vive una situazione simile anche se, sul versante previsionale, le aziende esprimono una minor preoccupazione. Le imprese lecchesi ipotizzano infatti, per i prossimi mesi, una maggior stabilità dei livelli, nell’84,2% dei casi,  mentre la aspettative di una possibile contrazione della forza lavoro restano contenute al 10,5%. Nel 5,3% dei casi si segnalano comunque previsioni di crescita”.