LECCO – Un’intesa territoriale per conciliare vita e lavoro e implementare la sostenibilità di modelli di welfare aziendale e interaziendale innovativi, così da promuovere il benessere sociale dei dipendenti e delle loro famiglie attraverso interventi quali la flessibilità appunto sul posto di lavoro, la cura dei figli e dei familiari con problemi o disabilità. Il tutto con un occhio di particolare riguardo per l’occupazione femminile, il cui stato di salute nella nostra provincia è tutt’altro che ottimale.
L’accordo è stato siglato nella sede cittadina dell’Api in via Pergola e illustrato alla stampa oggi, giovedì 4 settembre, presenti le confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil (rappresentate dai rispettivi segretari provinciali Wolfango Pirelli, Valerio Colleoni e Carmelo Orlando), oltre al presidente dell’Associazione piccole e medie industrie della provincia di Lecco, Luigi Sabadini.
“La famiglia è sempre più il salvagente del welfare – ha premesso il direttore dell’Api, Mauro Gattinoni – e pertanto migliorare le condizioni di vita dei singoli componenti attraverso la promozione di interventi e azioni che vadano incontro alle esigenze delle persone, in particolare proprio delle donne, è fondamentale”.
“Proprio in quest’ottica l’intesa siglata con le parti sindacali costituisce una novità che può fare la differenza – ha aggiunto Gattinoni – anche perché all’interno dell’Api vi sarà una struttura operativa incaricata di seguire e portare avanti le varie progettazioni incluse nell’accordo”.
“Conciliare i tempi vita-lavoro è un obiettivo prioritario della nostra associazione imprenditoriale – ha ribadito dal canto suo Luigi Sabadini – e l’iniziativa guarda in primo luogo, come detto, alle lavoratrici”. “Le parti – ha aggiunto il presidente – si sono impegnate a promuovere azioni di welfare aziendale e interaziendale nei vari ambiti relativi alle esigenze dei dipendenti, fruendo anche dei contributi previsti dal bando regionale”.
“Noi tutti – ha spiegato ancora Sabadini – ci attendiamo che ogni concertazione guardi alla crisi in atto e alle problematiche che ne derivano e che dunque l’attenzione sia costantemente rivolta alle persone, ricordando che l’intesa appena siglata si applicherà a tutte le tipologie di azienda e indipendentemente dalle loro dimensioni”.
Sulle relazioni positive instaurate non da oggi tra l’associazione di categoria di via Pergola e le forze sindacali ha quindi insistito Wolfango Pirelli. Il segretario generale della Cgil ha ricordato come l’intesa siglata faciliti l’applicazione di norme regionali che in assenza appunto di un accordo territoriale avrebbero rischiato di essere limitate.
“Dobbiamo dare risposte efficaci a chi lavora e al tempo stesso si trova ad affrontare seri problemi di famiglia – ha detto successivamente Valerio Colleoni – anche perché conservare i posti di lavoro è sempre più faticoso”.
Il segretario generale aggiunto della Cisl Monza Brianza e Lecco ha ricordato un dato decisamente negativo riferito proprio all’occupazione e nello specifico a quella femminile. “Soltanto nel 2013 – ha detto – 160 donne nella nostra provincia hanno interrotto dopo la maternità il loro rapporto di lavoro e un numero analogo era stato registrato l’anno precedente. Noi invece vogliamo che le persone, comprese appunto le donne, conservino il proprio posto in azienda e i progetti messi in campo vanno in questa direzione, anche perché fortunatamente l’Api ha la lungimiranza di saper “leggere” le esigenze e le attese dei lavoratori e di ricercare e trovare accordi anche con i sindacati”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario generale della Uil lecchese. Carmelo Orlando ha specificato come l’intesa per la conciliazione famiglia-lavoro valorizzi la contrattazione di secondo livello sostenendo la flessibilità organizzativa, “nella consapevolezza che la promozione del benessere della persona concorra a realizzare condizioni di competitività e di efficienza per l’impresa”.
“Questo è punto significativo e di grande valore – ha aggiunto Orlando – anche perché il nostro è un territorio che non ha un alto tasso di occupazione femminile. Mantenere almeno quella esistente è dunque indispensabile”.