Processionaria. Buizza: “Gli strumenti già ci sono, usiamoli”

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Giorgio Buizza
Giorgio Buizza
Giorgio Buizza

LECCO – “Come spesso succede i problemi si affrontano dalla coda anziché dalla testa.

Ci si accorge della processionaria urticante quando i bambini giocando nell’erba ne escono con gli occhi gonfi o con le braccia irritate e arrossate o quando i cani in libera circolazione sono disturbati dalla presenza dei peli urticanti nell’erba.

Il decreto di lotta obbligatoria alla processionaria del pino è datato 29.05.1926 (manca poco ai cent’anni); la processionaria non è quindi una novità, neppure è una novità la necessità di intervenire per prevenirne gli effetti negativi che non sono stati scoperti (a Lecco) solo oggi.

La prima considerazione è che si è continuato a piantare senza ritegno e senza attenzione preventiva il Pinus austriaca (sin di Pinus nigra) che è (insieme ad altre specie di pini) l’ospitante più gradito alla processionaria. Il versante lecchese del S. Martino è un esempio di rinverdimento sbagliato. Prima si sostituiscono i pini neri con altre specie più indicate e prima si risolveranno i problemi legati alla processionaria.

La seconda considerazione riguarda la titolarità dell’obbligo di intervento: sono i proprietari dei fondi gli obbligati a fare la lotta. Il Comune per le sue aree, il demanio per le sue, i privati per le rispettive aree di proprietà. Intervenire a “macchia di leopardo” significa sostanzialmente sprecare risorse e generare frustrazioni.

La terza considerazione è che la diffusione della processionaria ha un andamento ciclico pluriennale con picchi di invasione che si ripetono ogni 4 – 5 anni in base agli andamenti stagionali e ai cicli biologici: ciò significa che l’intervento di contenimento odierno (ormai tardivo e inattuabile) non eliminerà il problema che si ripresenterà tra qualche anno con la stessa intensità o con intensità ancora maggiore se a fianco della cura immediata (la stagione più indicata è l’inverno) non si sarà provveduto con qualche intervento di maggiore efficacia.

E’ oggettivamente difficile che ogni privato, che spesso non conosce neppure i confini del proprio bosco, si inerpichi sul versante, si arrampichi sugli alberi, raccolga i nidi e li bruci.

Per questi motivi la Regione ha dato la possibilità di istituire i Consorzi forestali chiamati ad operare su superfici vaste risultanti dalla adesione di enti pubblici e di privati proprietari di boschi per gestire al meglio il patrimonio forestale. I consorzi forestali hanno propri organismi di gestione, tecnici preparati e competenti, finanziamenti regionali, predispongono progetti puntuali e operano nell’interesse dei consorziati, anche nei confronti della processionaria.

I consorzi forestali sono stati gestiti in alcuni casi in modo approssimativo tanto che alcuni comuni aderenti, senza idee e senza spirito di cooperazione, hanno deciso, ad un certo punto, di abbandonare la gestione comune per tornare a fare da sé. I privati non sono stati neppure coinvolti per una eventuale adesione.

Il Consorzio forestale lecchese ha dato prova negli ultimi anni di operare con successo sulle aree di cui ha avuto la disponibilità, ad esempio le aree di proprietà del Comune di Lecco. Non può però fare altrettanto senza l’adesione di altri proprietari, privati o pubblici.

Al momento del bisogno tutti si lamentano perché le cose non funzionano, perché nessuno provvede, perché ci si rimpalla la responsabilità, perché nessuno ha i soldi per intervenire.

Forse è giunto il momento di rivalutare il ruolo del consorzio forestale che ha dato dimostrazione, in anni recenti, di essere in grado di risolvere anche il “problema processionaria”.

Invece di abbaiare alla luna, alla ricerca di soluzioni impossibili, scaricando responsabilità anche su chi non ne ha, valorizziamo le risorse di cui già disponiamo.

La processionaria non sparirà con la bacchetta magica dello stregone, ma con una buona programmazione, con un buon governo del territorio, impiegando competenze e strumenti e procedure già positivamente utilizzate.

Giorgio Buizza
Dottore agronomo