LECCO – Lavoro, lavoro, lavoro. In questi tempi c’è chi piange miseria, perché di un impiego manco l’ombra, e chi invece è costretto a straordinari per fronteggiare la concorrenza. Nel mezzo, il decreto liberalizzazioni approvato a inizio anno dal Governo Monti, che ha dato il via libera ad aperture “sette giorni su sette” per le attività commerciali.
Nel lecchese, tale provvedimento ha subito scatenato le critiche della locale Confcommercio, con il direttore Alberto Riva e il presidente Giuseppe Ciresa che hanno accolto la novità definendola una “de-regolarizzazione” del settore, evidenziando il vantaggio che la norma avrebbe creato per la grande distribuzione sui piccoli commercianti.
Ora anche la Federazione della Sinistra si scaglia contro la disposizione dell’esecutivo, dimostrando scetticismo verso una norma nata per smuovere il mercato del lavoro, e che invece si sarebbero dimostrata “un regalo ai poteri economici forti”. Per questo il partito ha organizzato un presidio per oggi, in via Carlo Porta (sullo sbocco che da al parcheggio del centro commerciale “Le Meridiane”) per sensibilizzare la cittadinanza contro le aperture straordinarie della grande distribuzione.
“Gli effetti dei provvedimenti del Governo Monti – scrivono in un comunicato – iniziano a cadere sui lavoratori, e gli addetti del commercio sono i più colpiti da provvedimenti che cancellano in un colpo solo decenni di lotte per i diritti. Forse Monti quando dice di voler cambiare la mentalità degli italiani si riferiva ai lavoratori dei centri commerciali, che devono abituarsi a lavorare sempre, comprese le domenica e i festivi. Quella del Governo è un’idea di Italia a misura di banche e centri commerciali, non certo a misura dei lavoratori e delle loro famiglie.
In una città come Lecco, con un alto tasso di lavoratori e lavoratrici in cassa integrazione, con sempre meno soldi disponibili, pensiamo sia difficile dire che questo provvedimento rilancerà i consumi. I negozi sempre aperti cambieranno solo le abitudini commerciali e danneggeranno chi dovrà subire l’iniziativa della grande distribuzione.
Il provvedimento non porterà nuovi posti di lavoro ed è pericoloso per il commercio tradizionale: molti negozi delle periferie o dei centri commerciali (non possono decidere di tenere chiuso se il centro commerciale è aperto) non reggeranno questi ritmi né da un punto di vista economico né come organico, saranno condannati a chiudere con la conseguente perdita di posti di lavoro stabili.
Per contro, l’apertura selvaggia senza nessuna regola, non farà altro che aumentare la precarietà dei giovani, delle donne e di quelle persone che – avendo perso un lavoro – saranno disposti ad accettare lavori per poche ore pur di riuscire a sopravvivere.
Sarebbe stato più utile associare un provvedimento come questo di rilancio dei consumi, se questo era lo scopo, ad un recupero di soldi veri come una tassa sul patrimonio perché tutti, secondo il principio della Costituzione, paghino le tasse.
“Liberalizzare” la concorrenza non porterà ad una diminuzione dei prezzi: le stime della grande distribuzione sono di un incremento dei costi di gestione del 12% e di una diversa affluenza della clientela. La concorrenza non deve essere fatta sulla riduzione del costo del lavoro, ottenuto con contratti a “termine” o “sfruttamento” di chi già lavora.
Le liberalizzazioni di Monti sono un regalo ai poteri forti economici, in primis alla lobby della grande distribuzione, che oggi non ha più alcun vincolo da rispettare e può disporre della vita dei lavoratori a suo piacimento. Poco importa se lavorare la domenica o festivi disgrega le famiglie, interrompe il riposo settimanale, appesantisce ulteriormente i carichi di lavoro per le donne, visto che si tratta di personale prevalentemente femminile. Noi ci opponiamo a questo ennesimo scempio liberista!”