La Fondazione evidenzia l’importanza storica del sito
“Icomos compie due ingiustificabili forzature nel motivare l’esclusione del sito”
LECCO – Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni della Presidente della Fondazione Comunitaria del Lecchese, Maria Grazia Nasazzi, riguardo all’esclusione del sito di San Pietro al Monte dal progetto di candidatura UNESCO degli Insediamenti benedettini altomedievali in Italia, decisione accolta con profondo rammarico dalla Fondazione:
“Ritengo opportuno ribadire che il riconoscimento UNESCO non è stato solo un obiettivo inserito nel solco dell’identità e delle mission della nostra Fondazione. In questo progetto c’è stato molto di più. Penso al tempo e all’impegno che tutti noi abbiamo dedicato per dare corpo all’iniziativa e costruire la necessaria rete di attori sul territorio.
Penso alle energie con le quali non ci siamo limitati a consegnare un faldone di documenti a un ente, ma abbiamo curato a più riprese approfondimenti scientifici e tessuto relazioni fondamentali con le istituzioni, chiamate a dare il loro imprimatur al prosieguo del progetto, primo fra tutti il Ministero dei Beni Culturali. Penso infine alle risorse economiche destinate al progetto, tutte documentate e impiegate per sostenere l’opera di professionisti di altissima levatura.
Un obiettivo, in sostanza, che ha intrecciato il lavoro di due presidenti della Fondazione e attraversato il mandato di cinque consigli di amministrazione, e del quale siamo profondamente orgogliosi. Proprio per queste ragioni desidero ribadire alcuni punti, con la consapevolezza che il tempo e le energie dedicate dalle persone, professionisti e volontari, hanno sempre un senso e un valore inestimabile.
La lettera richiama le motivazioni e il lavoro di valutazione svolto un anno fa da Icomos, organo scientifico di consulenza dell’UNESCO. È quindi sulla base di quelle linee guida specifiche che riteniamo opportuno esprimere le nostre obiezioni. A nostro avviso, Icomos compie due ingiustificabili forzature nel motivare l’esclusione del sito.
Anzitutto, l’organismo UNESCO individua nei soli secoli VI-VII-VIII d.C. la centralità della Regola benedettina. In realtà, è solo nell’epoca carolingia che la Regola di San Benedetto diventa, per decisione imperiale, unica e vincolante per tutti i monasteri d’Europa. È in questa fase che la Regola alimenta, non solo sul versante religioso, ma anche su quello artistico e politico, il processo epocale noto come rinascita carolingia, generando i valori che l’UNESCO è chiamata a tutelare attraverso la World Heritage List.
I monasteri di Civate, già allora presenti nelle due strutture al monte e al piano, offrono un contributo significativo a questa dinamica grazie all’azione del Maestro Hildemaro, che compone il commento alla Regola di San Benedetto, divenuto il riferimento operativo per abati e monasteri. La centralità di Civate è stata inoltre sottolineata dallo stesso Ministero della Cultura, confermando il ruolo storico e culturale del sito.
Dall’altro lato, Icomos ha scelto di mettere al centro del progetto solo tre insediamenti risalenti ai primi tre secoli di vita benedettina, nonostante in essi gli elementi materiali di quel periodo siano assenti o estremamente marginali. Una criticità che, a nostro avviso, è stata inspiegabilmente superata, con la dichiarazione perentoria di integrità e autenticità dei monasteri, pur trattandosi di realtà di cui rimane poco più che il ricordo, senza evidenze architettoniche coeve.
In conclusione, il rammarico della Fondazione riflette quello dell’intero territorio lecchese, al quale non viene riconosciuto, con argomentazioni a nostro avviso poco condivisibili, il valore di un’identità maturata nei secoli e nella storia dell’area lariana, per la quale continueremo a impegnarci in ogni forma di opportuna valorizzazione”.
La Presidente delle Fondazione comunitaria del Lecchese
Maria Grazia Nasazzi

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