MANDELLO – “9 maggio 1976, terremoto in Friuli. L’Associazione nazionale alpini presieduta da Franco Bertagnolli promuove quella incomparabile catena di aiuti che, in primo luogo, porterà gli alpini a operare nelle zone terribilmente disastrate. Con immediatezza, chi scrive accompagna il geometra Gildo Molteni, capogruppo degli Alpini di Mandello, a Maiano del Friuli dove, qualche giorno dopo, un folto gruppo di mandellesi inizia i lavori di ripristino delle case diroccate”.
Così Luigi Conato, scomparso ieri all’età di 84 anni, ricordava anni fa in un suo scritto il tragico sisma che quasi 40 anni fa sconvolse il Friuli.
“Le presenze dei mandellesi si susseguirono con regolarità – scriveva il presidente del Soccorso degli alpini – così come si strinsero riconoscenti amicizie. Nel contesto dell’operazione regalammo una casa rifugio a un alpino disabile. Nel febbraio del ‘77 Molteni venne eletto presidente della sezione di Lecco dell’Ana, ma il suo incarico durò soltanto sei mesi. Nell’agosto dello stesso anno “il Gildo presidente” lasciò Mandello per il Paradiso di Cantore. In settembre, al consiglio degli Alpini viene riproposta l’idea di creare un Soccorso. Rinascono i timori di un tempo… Trascorre qualche mese, finché da parte di diversi consiglieri, sostenuti dai “veci” reduci dall’ultimo conflitto, giunge un ragionato benestare all’avvio dei lavori”.
Sono gli anni in cui prende forma il progetto del Soccorso degli alpini e Conato scriveva: “Il capogruppo è Lorenzo Compagnoni, il quale – a nome del gruppo – affida l’incarico al sottoscritto. A sostenere concretamente il tutto sono ovviamente i “veci”. Il resto è storia. Nessuno dei volontari è stato chiamato! Per libera scelta ci siamo posti a disposizione di coloro che necessitano di aiuto, senza fare alcuna distinzione di sorta. Siamo, vorremmo essere, all’altezza del nostro motto “Umilmente al servizio di tutti”. Quando vestiamo la divisa di volontario perdiamo la nostra identità personale, per soccorrere chi ha bisogno”.
Luigi Conato aggiungeva: “Il Soccorso è un’unica entità, singola e inscindibile. La suddivisione in squadre è dipendente dalla irrinunciabile necessità operativa settimanale e di turnazione. E l’attività delle squadre si regge sull’unanime spirito di collaborazione che ne integra le prestazioni. Non è stata cosa semplice né tanto meno breve fare intendere dentro e fuori che il Soccorso era, è e dovrà restare appunto un’unica entità. E’ questa la indiscutibile prerogativa che lo vivifica e lo regge. Ancora: difficilissimo far capire che nel Soccorso non c’è stato, non c’è e non ci sarà il più o il meno bravo, ma la necessità che tutto il corpo dei volontari sia all’altezza delle svariate, innumerevoli, quanto immediate e improcrastinabili necessità di intervento”.