Si chiamano Tavi acronimo di Transcatheter Aortic Valve Implantation e sono delle protesi cardiache che possono essere impiantate a “cuor battente” andando a sostituirsi alla valvola aortica. Per raggiungere il cuore e quindi il punto in cui rilasciare la protesi si possono percorrere due strade: quella così detta Transfemorale attraverso un’arteria periferica oppure quella Transapicale raggiungendo il cuore direttamete dal torace compiendo un piccolo taglio al livello del 5° spazio intercostale.
Si tratta di un intervento alternativo a quello cardiochirurgico tradizionale ed è riservato a pazienti inoperabili o con eccessivo rischio chirurgico e, attualmente, è riservato a pazienti molto anziani con patologie extracardiache associate e/o già sottoposti in passato a intervento cardiochirurgico.
All’ospedale Manzoni di Lecco il primo intervento di questo tipo è stato effettuato il 18 dicembre 2009 e da allora i pazienti sottoposti al Tavi sono stati 12 (6 donne), con età media di 82 anni, 11 dei quali con accesso Transfemorale e uno con accesso Transapicale al quale ha partecipato il team Transapicale composto dai chirurghi Paolo Tartara e Valerio Nicola, i cardiologi Emanuela Tavasci e Elena Perlasca e l’anestesista Davide Guzzon.
“Abbiamo voluto dare la notizia solo ora – spiega il cardiologo Felice Achilli direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia – per ovvie ragioni di precauzione. Oggi lo facciamo non per un banale scopo di marketing, ma per informare i cittadini che l’ospedale di Lecco può garantire anche questo tipo di inervento con risultati e in piena sicurezza. La scommessa tempo fa di far partire il Dipartimento di Cardiochirurgia e consentirne lo sviluppo si è tradotto in qualcosa di concreto”.
Tornado all’intervento, sono i Luca Mircoli e Tiberti Gianluca che fanno parte dell’equipe del dotto Achilli a spiegare effettivamente in ciò che consiste: “Scelta la via da percorrere per raggiungere la valvola aortica, Transfemorale o Transapicale dipende dalle condizioni delle arterie periferiche del paziente,la protesi viene prima modellata a basse temperature quindi compressa e inserita nella sonda con cui verrà raggiunto il cuore e quindi la valvola aortica. A questo punto viene gonfiato un piccolo palloncino per dilatare la valvola aortica nativa e quindi procedere al rilascio della protesi che, essendo fatta di un particolate metallo, il netinolo, alla temperatura di 37° C ritorna ad assumere la forma conferita inizialmente a basse temperature e da quel momento inizia immediatamente a funzionare in quanto andrà ad aderire perfettamente sostituendo la valvola nativa malata che, va precisato, non viene asportata ma “schiacciata” e dilatata e sostituita con la protesi. A quel punto non resta che estrarre la sonda e ricucire la piccola incisione”.
Per capire e sapere quando è necessario effettuare questo tipo di intervento interviene il direttore Achilli: “Si tratta di una patologia fra le più facili dal punto di vista delle diagnosi, un cardiologo abituato ad ascoltare il cuore con una semplice visita o un elettrocardiogramma può fare la diagnosi e constatare la presenza della malattia, mentre con un’ecografia ben fatta si può definire con assoluta affidabilità la severità della malattia. L’intervento si rende assolutamente necessario quando la malattia è sintomatica e si manifesta con mancanza di fiato, dolore o svenimento. E’ necessario intervenire al momento giusto perchè si tratta di una malattia progressiva”.
Quindi il dottor Achilli conclude sottolineando che “di importanza fondamentale per essere riusciti a raggiungere con successo questo traguardo è stata la multidisciplinarietà, l’intesa e il lavoro di squadra fa chirughi, cardiologi, anestesisti e determinante per ottenere buoni risultati come li abbiamo ottenuti finora”.