LECCO – So bene che il compito di un sindaco è quello di amministrare e non di filosofare, ma ci sono momenti particolari che più di altri impongono riflessioni.
Siamo in una stagione nella quale se ha senso, e per me ne ha molto, l’equazione cittadinanza-comunità, occorre andare oltre la politica degli interventi e delle risposte concrete per scandagliare quel territorio che attiene agli individui e alle società nel loro complesso. D’altro canto, non è forse vero che l’obiettivo di ogni programma, a qualsiasi livello istituzionale, attiene alla qualità della vita? Non è vero, forse, che gli slogan più frequenti in campagna elettorale si rifanno all’obiettivo di rendere più “vivibile” la propria città?
Viviamo in una realtà nella quale il lodevole e forte impegno del volontariato si occupa ormai in forma generosa e concreta dei vari segmenti che compongono le nostre complesse realtà. Spesso si dice che le associazioni suppliscono certe carenze dell’amministrazione pubblica e non ho difficoltà a riconoscere e a ringraziare chiunque si spende, anche in campi difficili, nell’attenzione e nell’assistenza al prossimo. Al prossimo debole per circostanze contingenti o per ragioni più complesse. Ma in questo quadro voglio spendere una riflessione su un tema che spesso mi angoscia come padre, come cittadino e come sindaco. La cronaca, che sempre più rompe i muri del silenzio anche nelle vicende private, ci consegna ogni giorno drammi personali e famigliari verso i quali prevale il senso dell’impotenza. Penso, su tutti, al tragico problema dei suicidi che colpisce spesso il mondo giovanile e che ci invia almeno due messaggi: il primo è che c’è un difetto di ascolto che spesso ci fa dire “se avessimo saputo”, ma in realtà si arriva sempre troppo tardi. Certo, ogni vicenda ha una storia sua peculiare, irripetibile, ma è altrettanto vero che il “mal di vivere”, sempre più diffuso, non può essere considerato un ineluttabile fenomeno del nostro tempo. Ci sono luoghi come le famiglie, le scuole, deputati all’educazione e alla comprensione, ma credo che anche le istituzioni e i servizi pubblici possano e debbano fare di più. Per esempio, e a tal proposito vorrei mettere a punto una proposta operativa, organizzare luoghi di incontro con esperti che possano intercettare il disagio prima della deriva incontrollabile, spesso scatenata da motivi e ostacoli assolutamente superabili.
Il secondo aspetto riguarda il recupero dell’amore e dell’interesse per la vita. Anche qui, la cronaca è una sorta di quotidiano pugno nello stomaco, laddove assistiamo a vere e proprie “esecuzioni” (anche dentro le mura famigliari) che non possiamo più liquidare come raptus momentanei. E se il femminicidio è la punta più evidente di questo iceberg di sofferenza, va da sé che la nostra attenzione deve essere rivolta al cerchio degli amici, dei conoscenti, di coloro con i quali entriamo in contatto a vario titolo, nella convinzione che dobbiamo evitare che le persone, con la loro individualità e il loro carico di problemi, ci passino accanto inutilmente.
Virginio Brivio
Sindaco di Lecco