Lettera: “Riflessioni Stoppaniane”

Tempo di lettura: 3 minuti
Statua di Antonio Stoppani a Lecco

LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:

“L’inaugurazione ferragostana della targa a ricordo di Antonio Stoppani (1824-1891) sulla sua casa natale di piazza XX Settembre a Lecco è segno positivo verso una delle figure adombrate localmente dal “solito” Manzoni. Qualche solone potrebbe eccepire che la casa avesse già una targa commemorativa collocata da un’associazione culturale milanese – non dai lecchesi – nel primo centenario del 1924 (se ogni cent’anni si mettesse una lapide, la facciata ne sarebbe presto sopraffatta…); che la prosa è un po’ zoppicante (ma non tutti sono Giovanni Bertacchi, maestro di epigrafi); che allora andrebbero aggiunte targhe anche sulle case lecchesi vissute da personaggi di cui cadono ricorrenze (bicentenario della nascita di Ghislanzoni, centonovantesimo di quella di Ponchielli, centenario della morte di Cermenati, l’anno scorso il centocinquantesimo della dipartita di Manzoni… loro chi sono, pezze da piede?). Ma va bene così e anzi per una volta Stoppani è stato ricordato senza associarlo al formaggio eponimo della sua più nota quanto oggi negletta opera (la confezione non ha più il ritratto dell’Abate, ne sarebbe felice perché nel bene e nel male il Bel Paese da lui descritto non esiste più). Certo si è lontani anni luce, senza scadere in sterile retorica passatista, dai contenuti e dallo stile di eventi trascorsi. Nel 1924, scorrendo i quotidiani, si apprende di un programma corale fatto di gite e concorsi a tema, conferenze, esposizioni di cimeli e ricordi. Nel 1977 in un affollato Teatro della Società di Lecco si svolse un convegno a lui dedicato con importanti studiosi. Però i tempi sono cambiati e oggi nessuno, scrivente in testa, sorbirebbe lunghe seppur interessanti relazioni senza la tentazione di mettersi a giocherellare a burraco con il telefonino. Non leggiamo più libri di storia patria e locale, diamo atto, ma un piccolo sforzo per uscire dai soliti stracotti preconcetti “stoppaniani” ci assolverebbe. Gli spunti sarebbero tanti, a partire dalla casa. Quella dove è stata murata la nuova targa è sì la sua natìa, ma non va scordato che dal 1838 il padre Giovanni Maria Stoppani (1788-1862) si trasferì a vivere con la moglie Lucia Stoppani (1798-1883) e i numerosi figli, fra cui Antonio allora quattordicenne, nella grande casa tuttora affacciata su piazza Garibaldi, a fianco dell’ex Croce di Malta (quella vecchia fu ceduta a Pietro, zio paterno di Antonio). Un caseggiato interessante e complesso, rinnovato da Giovanni Maria Stoppani (sarebbe bello verificare se sia proprio lui l’effigiato nella miniatura firmata dal novarese Alessandro Martelli ed esposta all’Ambrosiana) affidandone nel 1839 il ridisegno all’ingegnere Giovanni Battista Mazzeri di Milano. È in questa casa, articolata in più fabbricati con accessi anche da via Cavour e Cairoli (come da rilievo depositato il 29 gennaio 1865 presso il notaio Francesco Cornelio), che si svolse la vita commerciale (con la drogheria e i laboratori per cereria e produzione di cioccolato) e soprattutto familiare degli Stoppani. Vi morì il padre di Antonio ed è qui che nel 1866 la madre dettò il proprio testamento (pubblicato il 19 novembre 1883 sempre da Cornelio) disponendo a favore del figlio Antonio vari arredi tra cui un crocifisso in legno. La vecchia descrizione del caseggiato conferma che a piano terreno si trovava la loro drogheria con in mezzo una colonna, la stessa che sopravvive all’interno dell’odierno Bar Centrale. Al primo piano, oggi sede di una agenzia di viaggi, si apriva il salone principale con soffitto dipinto e un cembalo dove la famiglia Stoppani si trovava e dove, probabilmente, Antonio intrattenne i nipoti con alcuni dei racconti di viaggio confluiti ne Il Bel Paese. Forse sarebbe stato più opportuno apporre una targa su questa casa, vissuta e frequentata da Antonio e dai suoi congiunti dal 1838. E ancora: nel 1933 era stata aperta nei Musei Civici un’intera Sala Stoppani poi smantellata, perché non riallestirla anche solo temporaneamente con i materiali ora in deposito? Al Cimitero Monumentale di Lecco la cappella di famiglia dove riposa Antonio è in condizioni scialbe: va bene, finché ci sono discendenti del concessionario originario (ovvero il padre dell’Abate) spetterebbe a loro la manutenzione. Sarebbe un così grave danno erariale se la città offrisse un semplice giro di ramazza e acqua saponata per rinfrescare almeno il monumento della galleria superiore? Siamo consapevoli che queste semplici azioni verrebbero uccise sul nascere da insensate e isteriche normative. Darebbero però maggior colore e senso a una ricorrenza che, passata la buriana estiva, rischia di finire sbattuta, stitica e infruttuosa, nel solito cassetto polveroso”.

Francesco D’Alessio