Attraverso la storia personale uno sguardo totalmente nuovo sul tema dell’autismo
“Io mi sono creato una certa quantità di isole dove vivere l’autismo, ma è un tentativo individuale. Cosa cambierebbe se il tentativo fosse collettivo?”
LECCO – Alberto Vanolo e il suo libro “La città autistica” sono stati i protagonisti dell’incontro organizzato oggi pomeriggio, venerdì, al Politecnico di Milano polo territoriale di Lecco nell’ambito della rassegna Leggermente. Alberto Vanolo, torinese, è professore di geografia politica ed economica presso il Dipartimento Culture, Politica e Società dell’Università degli Studi di Torino, dove si occupa di geografia urbana e culturale.
L’incontro, organizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano e REsilience LAB e inserito all’interno del Progetto In Aut Inclusione Autismo, ha fornito uno sguardo totalmente differente sul tema dell’autismo di cui si conosce ancora molto poco: “Un libro che tocca molte corde e per noi è un piacere ospitare il suo autore – ha detto la prorettrice Manuela Grecchi -. Forse abbiamo ancora molto da imparare perché questo libro apre spunti importanti per tutti noi”.
In quest’opera Alberto Vanolo, padre di un ragazzo autistico, analizza come l’autismo si sviluppa in relazione allo spazio offrendo la propria esperienza: “Quello che racconto vale solo per me, non voglio essere un esempio per nessuno, ma parlo semplicemente della mia esperienza – ha detto l’autore -. L’idea è quella che l’autismo non sia solo una caratteristica dentro il corpo, ma prenda forma in relazione al mondo esterno. Nel caso dell’autismo è difficilissimo definire una categoria perché le persone autistiche sono molto diverse le une dalle altre”.
Che cos’è una città autistica? È uno spazio per immaginare e sperimentare modi diversi di intendere le diversità, incluse quelle neurologiche, anche al di là del linguaggio delle categorie, delle diagnosi e delle disabilità. Costruire realtà urbane migliori significa anche sovvertire le categorie morali e i linguaggi comunemente associati all’autismo.
“Credo che non si debba solo lavorare unicamente sulle persone, ma è necessario lavorare sul contesto e la città è l’elemento essenziale di tutto questo. Ho utilizzato frammenti della mia storia per parlare del mio incontro con l’autismo, di come ho vissuto la città insieme all’autismo di mio figlio. Certi contesti, banalmente, possono rendere le cose più facili o difficili. Io mi sono creato una certa quantità di isole dove vivere l’autismo, ma sono tutti tentativi individuali. Cosa cambierebbe se fosse un tentativo collettivo? Se queste isole diventassero un arcipelago? Da qui l’idea di ripensare il modo in cui si vive. Io non ho le chiavi per ripensare la città autistica, ma so che è necessario un dialogo collettivo”.
L’autore offre una serie di proposte provocatorie per la città autistica, una sorta di manifesto con principi generali per immaginare realtà urbane più semplici e sostenibili, non solo per chi vive una condizione di neurodivergenza. Perché costruire in modo migliore significa anche sovvertire le categorie morali e i linguaggi comunemente associati all’autismo.
La chiusura dell’incontro è stata affidata a Angela Colucci, docente e promotrice del progetto sulla Città Pubblica Inclusiva e Anna Schellino (REsilience LAB). Ottaviano Martinelli (Dipartimento Salute mentale e dipendenze Asst Lecco) ha ricordato l’importante giornata del prossimo 5 aprile.