L’Italia nel Bicchere. Spazio ai vini rossi frizzanti!

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Roberto Beccaria
Roberto Beccaria

RUBRICA –  Cari amici lecchesi e brianzoli, anche se quest’inverno non è stato particolarmente rigido, immagino che nessuno di voi abbia rinunciato ai piatti ed ai prodotti tipici di questa stagione, mi riferisco al risotto con la luganega, alla Casseula, ai bolliti misti, alla “cacciatora” o anche al “vaniglia”(cotechino) , allo zampone ed alla “murtadèla de fidec” (mortadella di fegato).

roberto_beccaria_homeAnch’io sono stato coinvolto in alcune iniziative molto gustose in cui ho dovuto selezionare i vini optando, in un paio di casi, per il vino rosso brioso, una tipologia poco considerata dai “puristi” che la ritengono di categoria inferiore. A mio avviso niente di più sbagliato, magari potrebbe essere inadeguato l’utilizzo abituale e quotidiano di vini mediocri, ma in alcune situazioni ed in presenza di determinati cibi , non v’è niente di più gradevole ed appropriato.
Voglio parlarvi del vino rosso frizzante, oppure brioso – vivace – mosso, proprio perché sono vini “popolari” che si ritagliano , con merito, i loro spazi in ambito enogastronomico.

Una mezza idea m’era venuta il giorno dopo aver partecipato alla festa popolare della Gibiana magistralmente organizzata l’ultimo giovedì di gennaio dallo staff del Prosciuttificio Marco d’Oggiono, una realtà locale da conoscere per l’ottima qualità dei prodotti.
Il falò della Gibiana è un rito della tradizione contadina molto diffuso nel passato, specialmente in Brianza, consiste nel bruciare un fantoccio vestito di stracci che simboleggia il rigido inverno e tutte le negatività come buon auspicio per le stagioni migliori in arrivo.

Nel frattempo si fa festa condividendo un fumante risotto con la luganega, il cotechino e la mortadella accompagnati dalle lenticchie e “innaffiati” da un generoso Gutturnio vivace dei Colli Piacentini che lascia la bocca pulita: una meraviglia. A fine serata lo scambio di saluti e auguri mangiando le castagne secche cotte nel latte… più di così!

L’altra mezza idea m’è balenata la domenica successiva all’annuale raduno per la “Casseula” con i miei più cari amici degustatori e cultori dell’enogastronomia. Anche in questa occasione ho inserito fra i vini maggiormente indicati una splendida Freisa d’Asti vivace che ha stupìto tutti i presenti per piacevolezza e personalità.
Ricordo che lo scorso anno avevo addirittura proposto uno spumante classico da uve Pinot nero e Chardonnay, scelta azzeccata anche questa ma non quanto la precedente.
Le due caratteristiche fondamentali che rendono particolarmente adatti. I vini briosi a questi piatti della cucina tradizionale, dove spiccano carni e insaccati di maiale “mostosi” per la parte collaginosa delle cotenne e un po’ grasse, sono la piacevole moderata effervescenza associata all’astringenza dei tannini.
L’effetto di questa accoppiata, oltre ad una gradevole e profumata vinosità, è quello di avere sempre la bocca “sgrassata” e ben predisposta al boccone successivo. Ad esempio Emiliani utilizzano l’aggettivo “asciutto” per rendere l’idea delle suddette caratteristiche tipiche dei loro Lambruschi.

Per quanto concerne i vini rossi comunemente vinificati nella versione frizzante fanno spicco i vini dell’Oltrepò Pavese come Bonarda (Croatina), Barbera e Buttafuoco. Anche nel versante Piacentino le stesse uve vengono utilizzate in monovitigno o insieme per ottenere il Gutturnio.
Restando in Emilia, sconfinado pure nel mantovano, troviamo le diverse varietà di lambrusco: Reggiano, Sorbara, Grasparossa Castelvetro, Salamino S.Croce ed altri ancora. Nel Monferrato e nell’Astigiano sono frequenti le barbere vivaci, a cui si aggiunge l’ottima Freisa.
Altri recenti assaggi sono stati un piacevole Marzemino dei Colli Trevigiani ed una Vernaccia rossa di Serrapetrona, rarissimo vino marchigiano a DOCG speziato e di grande personalità, abbinato in ai “vincisgrassi”, una sontuosa pasta al forno della tradizione marchigiana tanto ricca da farti venire il rimorso di coscienza e metterti dieta per i due giorni successivi… però che bontà!

Assaggiare per credere
Roberto Beccaria

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