Vittime della mafia: Lecco celebra la giornata della memoria

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LECCO – “Semi di giustizia, fiori di corresponsabilità”: è questo il titolo scelto da “Libera” per l’incontro svoltosi giovedì 21 marzo, Giornata Nazionale in memoria delle vittime di mafia, nell’ambito di Leggermente. Una mattinata in cui i ragazzi delle scuole superiori lecchesi sono stati coinvolti nel ricordo dei tanti caduti per mano mafiosa.

A impreziosire la XVIII Giornata nazionale a ricordo delle vittime della mafia è stato un telegramma inviato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “la vostra iniziativa odierna – ha scritto il Presidente – è un segnale di speranza e di determinazione; l’Italia ha sempre trovato la forza di reagire nei momenti più difficili, grazie alla sua innata forza civica”. L’incontro, organizzato da Confcommercio in collaborazione con la Camera di Commercio e l’associazione Libera, è stato aperto dal coro dei ragazzi dell’Istituto Maria Ausiliatrice, che hanno interpretato la canzone “Pensa” di Fabrizio Moro.

Poi la parola è passata a Paolo Cereda, coordinatore provinciale dell’associazione “Libera”: “la XVIII giornata nazionale a ricordo delle vittime della mafia non cade a caso nel primo giorno di primavera: Libera – ha affermato Cereda – chiede il riconoscimento nazionale e istituzionale di questa giornata, affinché possiamo non solo commuoverci con le testimonianze, ma anche muoverci insieme verso un percorso di legalità e giustizia”.

Libera – ha poi ricordato il referente per la provincia di Lecco – si muove su tre livelli: studia, promuove e progetta l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia, presenti anche nella nostra provincia; promuove percorsi di educazione alla legalità con diversi progetti, dai campi estivi alle pubblicazioni di libri; infine sostiene con la sua vicinanza i familiari delle vittime di mafia, che ancora aspettano giustizia e verità per i loro cari”. “Le mafie – ha ricordato ancora Cereda – esistono anche al nord, non è più un segreto: è un problema con cui hanno a che fare tanti imprenditori e anche le istituzioni”. Concetto ribadito anche dalla dottoressa Maria Giordano della Camera di Commercio di Lecco: “l’economia è la base del nostro sistema, quindi il sistema camerale che rappresento ricopre una funzione di regolatore del mercato: in pratica – ha affermato la dottoressa Giordano – si impegna a rendere trasparenti e far conoscere le regole di competizione a tutti gli operatori del mercato, affinché concorrano lealmente senza alimentare un’economia sommersa e illegale, che spesso sfocia nella contraffazione”.

La parola è quindi passata ai rappresentanti dell’Accademia delle Arti per l’infanzia e Piccoli Idilli, che hanno proposto ai ragazzi una lettura scenica del libro “Uomini soli” di Attilio Bolzoni (Ed. Melampo).

Lo spettacolo, come ha ricordato Paolo Cereda nell’introduzione, “è stato realizzato con parole vere, di testimoni che realmente sono passati attraverso l’esperienza mafiosa: oggi non si tratta più della mafia delle grandi stragi del ‘92/’93 – ha affermato ancora Cereda – oggi la mafia ha preso di mira la cultura e la bellezza, puntando sulle eco-mafie, sui rifiuti tossici, sui reati ambientali, il gioco d’azzardo illegale e l’usura ad esso collegata, oltre al tradizionale spaccio di droga e traffico di immigrati”. Tuttavia – ha concluso il responsabile provinciale di Libera, prima di lasciare la parola agli attori – la mafia al nord non sempre viene riconosciuta dagli imprenditori e dalla società civile: spesso la mafiosità si cela dietro a determinati atteggiamenti, non serve essere membri di associazioni malavitose”.

Lo spettacolo ha quindi messo in luce la storia di alcuni di quegli “uomini soli”, da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino, passando per le vicende di Pio La Torre e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, uomini delle istituzioni che hanno combattuto strenuamente contro la mafia e che dalla mafia sono stati ammazzati. “Storie – come ha dichiarato Paolo Cereda – rappresentate oggi con le parole dei testimoni e che vanno raccontate, soprattutto ai più giovani, perché ancora senza giustizia e verità”.

La conclusione dell’incontro è stata affidata alla testimonianza di Rosy Tallarita, esponente del coordinamento lombardo dei familiari delle vittime di mafia: “ho perso mio nonno a inizio anni ’90 in Sicilia, ucciso per mano di mafia anche se non era per niente colluso con loro – ha raccontato Rosy – semplicemente si era opposto alla volontà di un capo-clan di entrare nel suo terreno agricolo e per questo è stato eliminato”.

“Purtroppo la realtà criminale passa spesso inosservata sotto i nostri occhi e incontra le persone normali e comuni – ha affermato Rosy – anzi, senza il terreno fertile tra la gente comune non arriverebbe alle istituzioni”. “Quando ti capita addosso una realtà così grande – ha proseguito – capisci perché i caduti di mafia e i loro familiari vengono chiamati “uomini soli”: sono soli perché impreparati a un evento del genere, ma soprattutto perché avvertono la diffidenza e l’isolamento rispetto alle altre persone”. “Fare antimafia oggi – ha concluso Rosy – non è soltanto esporre un cartello, ma è avere la possibilità di conoscere e informarsi usando liberamente la propria testa. I grandi cambiamenti e le rivoluzioni partono dai giovani, ma non domani, già vivendo il momento presente: solo comportandoci da cittadini che ragionano in funzione del momento in cui vivono possiamo trovare una via d’uscita alla mafia e ai comportamenti mafiosi quotidiani”.