MANDELLO – “Fantasie, preoccupazioni, entusiasmi e paure vorticano in quei mesi di vigilia come le moto che alle giostre si inseguono e si intersecano nel muro della morte… Mi vengono i brividi ancora adesso al pensiero di un così lungo percorso…”. Così scrisse Roberto Patrignani raccontando il suo viaggio Milano-Tokyo (come dire, qualcosa come 18.000 chilometri) in sella a una Vespa 150 azzurra.
Era il 1964, l’anno delle Olimpiadi giapponesi, e quel raid sarebbe rimasta la sua impresa in solitaria più conosciuta, anche se non meno ardua (e pericolosa) fu la traversata africana da Città del Capo all’Asmara da lui compiuta due anni dopo con una Guzzi Dingo 50.
Un’impresa oggi irripetibile, quella della Milano-Tokyo, pensando anche soltanto all’itinerario coperto da Patrignani, che aveva toccato Jugoslavia, Grecia, Turchia, Siria, Libano, Giordania, Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan, India, Thailandia e Malesia, oltre appunto al Giappone, e che gli aveva fatto scrivere qualche anno più tardi, in riferimento a un autoscatto che lo ritraeva in Afghanistan accanto alla sua fedele Vespa: “Difficile che nell’Afghanistan di oggi sbocci un candido pensiero come quello da me espresso nel 1964, quando ebbi a dire che se quell’autoscatto avesse lasciato trasparire anche l’anima è proprio nello stato in cui mi trovavo quel giorno che vorrei presentarmi a San Pietro”.
Da quel mitico viaggio sono passati 50 anni e proprio quel raid di Roberto Patrignani – nato a Firenze ma ben presto trasferitosi con la famiglia a Mandello dopo avere abitato per alcuni anni a Milano, scomparso nel gennaio del 2008 all’età di 72 anni – è ben presente nei ricordi di numerosi appassionati.
La vita di Patrignani è del resto sempre stata legata a filo doppio alla motocicletta, sia per la professione svolta (ha tra l’altro curato le pubbliche relazioni per Moto Guzzi, Brembo, Cagiva e Garelli ed è stato direttore sportivo della Suzuki Europa e della Garelli Corse) sia come giornalista (ha collaborato con le principali riviste nazionali del settore, oltre che con alcune testate straniere) sia nelle vesti di corridore (ha disputato 150 gare e nel suo albo d’oro figurano due Milano-Taranto, due Giri d’Italia, tre volte classificato al Tourist Trophy, primatista mondiale con una Guzzi 1000 e un Garelli 50), oltre appunto che per i suoi viaggi in solitaria, sempre rigorosamente in sella a una “due ruote”.
Si è detto della Milano-Tokyo di Patrignani del 1964. All’inizio di quest’anno suo figlio Franco – 40 anni, architetto di professione e una passione per la motocicletta trasmessagli dal padre, che nel 1988 lo volle con sé in un viaggio che li portò a girare tutta l’Italia in sella a due cinquantini – aveva lanciato alla Piaggio un’idea: sponsorizzare un suo viaggio in solitaria proprio in ricordo dell’impresa di papà Roberto di mezzo secolo fa.
“Ho contattato Paolo Pezzini e Daniele Torresan, press officer della Casa motociclistica produttrice della Vespa – spiega Franco Patrignani – e ho detto loro che mi sarebbe piaciuto affrontare una simile esperienza. Da subito ho trovato la loro disponibilità. Insieme abbiamo così valutato una serie di proposte e alla fine la scelta è caduta su un coast to coast negli Stati Uniti, un tour destinato a partire da New York per concludersi a Los Angeles”.
I chilometri da coprire avrebbero dovuto essere 5.700 ma in realtà Patrignani – partito alla volta degli Usa a fine luglio e tornato in Italia domenica 24 agosto – di chilometri ne ha “macinati” ben 2.000 in più essendosi concesso, rispetto appunto al classico coast to coast, una serie di deviazioni che l’hanno portato fino in Canada (dove ha potuto visitare le cascate del Niagara), alla Monument Valley (al confine tra Utah e Arizona), al Grand Canyon e al Sequoia national park, nel Sud della Sierra Nevada, oltre che a Las Vegas. Il tutto in sella a una Vespa GTS modello 300 cc. nuova fiammante che la Piaggio America gli aveva fatto trovare a New York, dove Patrignani è rimasto per i primi tre giorni della sua avventura.
Parla della Vespa utilizzata per il viaggio come di una fedelissima compagna di viaggio, Franco. E gli occhi gli si illuminano quando ne descrive l’affidabilità (“è veloce, sicura e decisamente comoda”) così come quando racconta dell’interesse suscitato tra gli americani da quel suo scooter blu. “In parecchi mi hanno fermato – dice il giovane architetto mandellese – per chiedermi le caratteristiche del mezzo e soprattutto per conoscere la velocità e il prezzo di quel modello”.
Patrignani ha percorso in media 420 chilometri al giorno a una velocità che nella maggior parte del tragitto ha raggiunto i 130 chilometri orari (l’equivalente di 80 miglia orarie), sempre su strade asfaltate fatta eccezione per brevi tratti di sterrato.
“Una volta raggiunto il Canada da New York – spiega Franco Patrignani ripercorrendo idealmente il suo viaggio – sono ridisceso verso Chicago per imboccare la mitica Route 66, una tra le prime highway americane, che originariamente collegava appunto Chicago a Santa Monica in California. Oltre allo Stato di New York ho così attraversato la Pennsylvania, l’Illinois, il Missouri, l’Oklahoma, il Texas, il New Mexico e l’Arizona, oltre naturalmente alla California considerato che il mio raid si è concluso a Los Angeles, dove a malincuore ho dovuto separarmi dalla Vespa, per tre settimane la mia insostituibile compagna di viaggio”.
Franco osserva con rispetto e ammirazione la Vespa 150 colore “azzurro Patrignani” usata dal padre cinquant’anni fa e gelosamente custodita nella sua casa di Mandello. Poi lo sguardo cade su un gagliardetto. E’ datato 21 ottobre 1964 ed è quello con cui il Vespa club Europa diede a Roberto Patrignani il bentornato appunto dal viaggio che l’aveva portato da Milano a Tokyo. “E’ un altro bellissimo ricordo di mio padre”, dice. E sorride.
DI SEGUITO, DUE GALLERIE FOTOGRAFICHE
GALLERIA FOTOGRAFICA DEL RAID MILANO-TOKYO DEL 1964 DI ROBERTO PATRIGNANI
GALLERIA FOTOGRAFICA DEL “COAST TO COAST” 2014 NEGLI STATI UNITI DI FRANCO PATRIGNANI