“Canta che ti sento”, 10 anni di Musicoterapia al Manzoni

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Mauro Galluccio, Musico Terapeuta

 

LECCO – Lui aiuta le mamme a mettere nero su bianco delle ninna nanne. Poi, chitarra alla mano, le invita a cantare: “Più tardi lo farai con il tuo bambino!”. All’inizio c’è un po’ di timidezza, quasi di paura. “Ma io sono stonata, non ho fantasia”.

Dopo la seduta escono canticchiando: la composizione ha un doppio effetto benefico. Aiuta la mamma a rilassarsi, a sgombrare la mente. E, cantata al bimbo, lo aiuta a mantenere il legame con la voce materna.

D’altra parte, spiegano gli esperti, i primi suoni uditi dal feto nell’utero sono la voce della madre e il battito del cuore. Una sorta di ninna nanna biologica, che dopo il parto viene interrotta bruscamente. A maggior ragione nel caso in cui il neonato sia prematuro e costretto a una lunga degenza. Nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale è protetto dal vetro dell’incubatrice, collegato a macchine e sonde che lo tengono in vita. I contatti con la madre sono sporadici, ma la voce, il suono, hanno una potenza inesauribile. Sono una cura, scientificamente comprovata. Sulla quale il reparto dell’Ospedale Manzoni di Lecco, uno dei pochissimi in Italia, ha deciso di ‘scommettere’, avviando il progetto “Canta che ti sento”.

Galluccio con il Dottor Roberto Bellù, Direttore Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale Asst di Lecco

 

Il collaborazione con il Musico Terapeuta Mauro Galluccio il progetto è partito ‘in sordina’ nel 2007, dieci anni fa, diventando poi un Laboratorio che rientra a tutti gli effetti nelle attività del reparto di TIN (Terapia Intensiva Neonatale). 

“E’ successo un po’ per scelta e un po’ per caso – ha raccontato Galluccio – all’epoca dovevo iniziare il mio tirocinio di musicoterapia, venni dapprima indirizzato nel reparto di Neuropsichiatria Infantile, poi il Dott. Zanini mi intercettò e mi diede un compito che valutai come una vera e propria sfida: dovevo creare un progetto in Tin che si facesse carico delle mamme ospedalizzate con i propri bimbi per lunghi periodi di degenza, cercando di insegnare loro qualche ninna nanna da cantare ai loro piccoli. Da lì cominciò una lunga ricerca sulla correlazione tra prematurità e potenzialità del canto in musicoterapia e, parallelamente, sulla storia delle ninna nanne antiche”.

La scoperta è esilarante: “Tutti ci saremo chiesti almeno una volta perchè le ninna nanne storiche che conosciamo contengono immagini tetre: che senso ha cantare a un bimbo ‘a chi lo do, lo daremo all’uomo nero che lo tiene un anno intero’ per farlo addormentare? Ebbene, era una forma di sfogo. La povertà, il freddo, le condizioni precarie di un tempo non rendevano facile allevare un figlio. Così quando arrivava il momento di farlo dormire, magari senza che avesse mangiato, le madri cantavano filastrocche ripetitive: il ritmo e il suono contribuivano a cullare il bimbo, le parole erano però cariche di ansia e frustrazione, permettendo alla mamma di sfogarsi. Il suono della voce materna per il piccolo era rassicurante, il legame madre-figlio era mantenuto”.

Un insegnamento che Mauro trasmette con successo da 10 anni alle mamme del suo Laboratorio: “L’obiettivo – ha spiegato – è proprio quello di mantenere il legame madre-figlio tramite la voce materna. Durante il setting ci riuniamo in un’aula dedicata proprio al tempo libero delle mamme e cerchiamo di comporre per iscritto una ninna nanna. Per loro scrivere è liberatorio, si distendono, visibilmente. E’ un modo di svuotare la testa dalle ansie e dai pensieri che, comprensibilmente, hanno“.

Dopo il processo di scrittura (Songwriting) si passa a trasporre in musica la composizione: “Di solito faccio ascoltare loro vecchie ninna nanne, assieme ne scegliamo una da provare a cantare. Mentre cantano osservo i loro volti e la loro postura: ansia e tristezza sono scomparse e lasciano il posto rilassamento e serenità. E’ qualcosa che mi appaga molto“.

Le ‘lezioni’ si tengono due volte alla settimana: “Quando abbiamo iniziato in poche hanno deciso di partecipare subito. Poi pian piano i risultati positivi hanno contagiato le altre mamme presenti nel reparto: ad alcune lezioni eravamo in otto. Nel corso degli anni abbiamo dato la possibilità anche ai padri di presenziare” ha detto Mauro Galluccio.

Le più belle di queste ninna nanne sono state recentemente raccolte in un Cd musicale. Alcune di quelle scritte sono state invece pubblicate sul libro “Canta che ti sento”: non solo sono in lingua italiana, ma anche straniera: “Il progetto è multiculturale – ha sottolineato Galluccio – in Tin non sono ricoverate solo mamme e bimbi italiani, ma di diverse etnie. Il Laboratorio è aperto a tutte: per facilità scrivono nella loro lingua, il risultato è un puzzle di culture e idee davvero sorprendente”.

Il Manzoni di Lecco è uno dei pochi Ospedali italiani dove è stato attivato un Laboratorio di questo tipo, come ci ha confidato Galluccio: “So di esperienze a Varese e in Valle D’Aosta, e pochi altri casi”. Un altro vanto per la già eccellente struttura coordinata dal Dott. Rinaldo Zanini.

Un progetto che piace e che funziona e che vorrebbe essere ampliato negli anni a venire. Un’erede è già pronta a raccogliere e portare avanti il lavoro di Galluccio: si tratta della dottoressa Elisa Torri, cantante specializzata in didattica e pedagogia musicale e studentessa di Musicoterapia al Conservatorio di Ferrara.