LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:
“A Malavedo c’è una cattedrale deserta da due anni, scrivevate recentemente. Leggere il pezzo ha riaperto, per me, una vecchia ferita, mia ma, in fondo, di tutta la città.
Infatti per costruire l’enorme falansterio (60 appartamenti) è stata demolita la cartiera Stoppa, nata però nel 1870 come Laminatoio di Malavedo.
Non un edificio qualunque, dunque, ma uno dei maggiori laminatoi del nuovo Regno d’Italia, costruito da tre soci, i grandi nomi dell’industria italiana: Redaelli, Bolis e Falck. Proprio lì nacque la grande impresa siderurgica del nostro Paese che poi si irradiò nell’hinterland milanese: prima coi Redaelli che nel 1888, si trasferirono a Rogoredo e poi i Falck a Sesto S. Giovanni, ma la fabbrica di Malavedo rimase loro fino al 1908, quando fu trasformata in cartiera dagli Stoppa. In un solo luogo, fino a pochi anni fa, era ancora concentrato il simbolo della memoria di tutta l’industria italiana. Quando iniziarono i lavori per l’enorme condominio la fabbrica manteneva ancora inalterate le originarie caratteristiche degli edifici, oltretutto decorati in cotto, gli unici allora rimasti in tutta la Lombardia.
Per il suo straordinario valore storico e per la sua bellezza il progetto di “ Percorso ecomuseale della Valle del Gerenzone “ dei Musei Civici – Comune di Lecco , aveva previsto di collocarvi proprio il Centro di Documentazione , il fulcro dell’intero percorso ecomuseale del ferro che voleva salvaguardare questo straordinario luogo produttivo della Vallata, dove per oltre mille anni si era lavorato il ferro , un unicum a livello europeo
Su questo progetto di Archeologia Industriale furono realizzati numerosi convegni e pubblicazioni, come Paesaggi della Memoria Industriale di Barbara Cattaneo, pubblicato nel 1996 dal Comune di Lecco e dall’Unione Industriali della Provincia di Lecco.
Il Percorso, studiato e discusso in tutti i particolari, non è mai stato fatto e, anzi lo stesso Laminatoio di Malavedo è stato distrutto per niente, visto che tuttora gli appartamenti ricavati sono vuoti. Una distruzione insensata che è si è, anche, rivelata del tutto inutile. Ancor più rattristante il fatto che il progettista del vuoto falansterio sia stato proprio l’ architetto Giorgio Melesi, che era il presidente della Commissione di gestione dei Musei Civici , quando questo istituto culturale conduceva la ricerca e il progetto di tutela del Laminatoio di Malavedo e della valle del Gerenzone .
A Lecco le cose sono andate così. Con i migliori saluti”.
Gian Luigi Daccò
Direttore emerito dei Musei Civici di Lecco