Una lettera rivolta al primo cittadino di Lecco sull’applicazione del Decreto Sicurezza
Le associazioni criticano la posizione del sindaco Brivio
LECCO – “Egregio signor Sindaco,
presentando il “Patto per la sicurezza cittadina” sottoscritto anche dal Comune di Lecco lo scorso 23 gennaio per “dare attuazione” al recente decreto legge “immigrazione e sicurezza”, Lei ha preso una posizione sul provvedimento voluto dal governo che riteniamo profondamente sbagliata.
E che tende a sminuire e a ridurre la portata delle drammatiche conseguenze del DL esplicitate peraltro al convegno dello scorso 17 gennaio in sala Ticozzi a Lecco anche dal presidente del distretto dei sindaci, Filippo Galbiati.
Secondo quanto Lei ha riferito, oggi sarebbe “necessario e utile cogliere quegli aspetti del provvedimento che hanno come obiettivo il cosiddetto ordine pubblico”. “Confortati” del resto “da una legge che, al di là di ferite aperte sul versante dell’immigrazione, offre su altri interventi un quadro realistico e fattibile”.
Al netto del fatto che la lodata eterogeneità delle materie disciplinate dal decreto legge costituisce invece una delle principali ragioni della sua manifesta illegittimità costituzionale, ci chiediamo come si possa derubricare ad “al di là di ferite aperte” la cancellazione -ad esempio- della protezione umanitaria, tra i “diritti umani inviolabili” che “traggono la loro legittimazione direttamente dalla carta costituzionale”, come ha recentemente sottolineato la Procura generale della Corte di Cassazione (15 gennaio 2019).
O come si possa sorvolare sull’abolizione dello SPRAR, il prolungamento dei tempi di trattenimento, la revoca della cittadinanza, gli ostacoli all’iscrizione anagrafica, la marginalizzazione di soggetti vulnerabili come giovani madri, espulse dal circuito di accoglienza, e tanto altro ancora.
Lei ha aggiunto inoltre che “un’applicazione rigorosa e non rigida del decreto, declinata sulla peculiarità di ogni realtà urbana, concorra anche ad ammorbidire l’impatto con l’immigrazione ed a stemperare stati d’animo che, talvolta, si accendono su pretesti e su piccoli accadimenti che si possono evitare od almeno arginare”.
Di quale provvedimento stiamo parlando? Inaugurando l’anno giudiziario 2019, il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, ha ricordato infatti che con il decreto sicurezza sono state introdotte nove nuove figure di reato, tra cui la sanzione per l’accattonaggio che prevede l’arresto e la sanzione al parcheggiatore abusivo. Misure che “ingolfano i carichi degli uffici giudiziari”.
E ha poi fatto notare “la tendenza di una accentuata strumentalizzazione politica del diritto penale in chiave di rassicurazione collettiva e di captazione di un facile consenso rispetto a problemi sociali e fenomeni complessi”. Che alimenta soltanto “l’illusione repressiva”.
Un’illusione che si accompagna alla sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte delle polizie locali (taser), anche nei comuni capoluogo di provincia, all’estensione del divieto di accesso in specifiche aree urbane (DASPO), alla limitazione del diritto di manifestare (anche attraverso le sanzioni in materia di blocco stradale).
Potremmo andare avanti ancora ma ci limitiamo a ricordare un passaggio della relazione del Procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, Giovanni Salvi: “La legalità non è solo repressione”.
Egregio signor Sindaco, Le chiediamo coerenza, oltreché una presa di posizione in merito alla questione dell’iscrizione in anagrafe che è discriminante per l’accesso a molti diritti e che rientra nell’ambito di competenza del sindaco. Poche settimane fa, Lei stesso aveva dichiarato che “l’opposizione ai contenuti di un provvedimento normativo può avvenire per via giuridica e non tramite la trasgressione degli obblighi di legge”.
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