Una passione di famiglia quella di Antonio Maria Frigerio ereditata dal padre Giancarlo, condivisa con i fratelli Nicola e Silvia e con il figlio Andrea
“Mio padre è colui che ha iniziato questa grande avventura. Ad oggi abbiamo quasi 200 modelli, molti dei quali sono pezzi unici”
LECCO – Possiede poco meno di 200 Moto Guzzi, gelosamente custodite a Lecco. Lui è Antonio Maria Frigerio e ci ha aperto le porte del suo magnifico museo privato. Un tesoro fatto di storia, passione e tanto, tanto lavoro.
Insieme ai fratelli Nicola e Silvia dono i più grandi collezionisti al mondo di Moto Guzzi. Le possiedono tutte, ad eccezione del 3 Cilindri con compressore da competizione e del 3 Cilindri da turismo rimasto solo prototipo, pezzi che si trovano entrambi solo al Museo della Moto Guzzi di Mandello del Lario. Per il resto c’è tutto: dal primo modello la Normale del 1921 al 1957, anno in cui la Moto Guzzi ha smesso di correre sia con moto da turismo che da gara.
“Ci siamo volutamente fermati a quell’anno – spiega Frigerio – perché è una sorta di punto di non ritorno, con la Moto Guzzi che ha iniziato a battagliare commercialmente con Innocenti e Piaggio presenti sul mercato motociclistico con Lambretta e Vespa. La Casa dell’Aquila ha risposto con modelli quali la 65, lo Zigolo e il Galletto, ma a quel punto, a mio avviso, non era già più la ‘vera’ Moto Guzzi, quella dei Falconi, le 250 bialbero, le bicilindriche, le 4 e 8 Cilindri e ancora Sport 15, GTV, Dondolini, Gambalunga per citare solo alcuni storici modelli”.
E qui di storia ce n’è eccome. Si viene catapultati indietro nel tempo, in un’epoca lontana, quella degli albori, quando Carlo Guzzi e Giorgio Parodi iniziarono con ingegno e fantasia a progettare e produrre moto da corsa, portando il marchio mandellese ad essere il maggiore produttore di motociclette in Italia, correva l’anno 1929. Alla Casa dell’Aquila negli anni a seguire si distinse Umberto Todero, stimato disegnatore e progettista. Oggi il figlio Pino, con l’amico Angelo Balzarotti (a sua volta figlio d’arte, di quel Ferdinando Balzarotti pilota e poi collaudatore Moto Guzzi), sono al fianco di Antonio Maria Frigerio e dei fratelli Nicola e Silvia, nel curare, accudire e tenere in vita il grande tesoro Moto Guzzi.
“Pino e Angelo sono prima di tutto amici – spiega Frigerio – ma grazie anche alle loro competenze, riusciamo ad accudire in modo eccellente tutte le moto. Non solo, ma ogni anno, fatto salvo per questi ultimi due segnati dalla pandemia da Covid-19, giriamo il mondo, chiamati a partecipare ad un’infinità di eventi e manifestazioni: Australia, Nuova Zelanda, Europa in lungo e in largo e ovviamente Italia. Questo è il nostro modo per farle rivivere, farle conoscere e apprezzare ai guzzisti, al grande pubblico di appassionati e non solo, perché veder rombare ancora questi modelli è una cosa più unica che rara… mi emoziono solamente a raccontarlo”, confessa Frigerio. E mentre parla fissa, una ad una, le sue Moto Guzzi con gli occhi lucidi, come quelli di un padre che guarda un figlio.
Curare e accudire quasi 200 moto è un lavoro non da poco: “Servono sacrifici, non solo economici, perché le moto si usurano e si rompono. Infatti, in questo momento, i due 8 cilindri sono in riparazione: uno per la rottura dell’ingranaggio del cambio e l’altro per un problema all’albero motore… fortunatamente risolto. Non nascondo che tutto questo mi diverte tantissimo. Poi c’è Pino, spalla tecnica molto importante e con lui, prima di me, c’era mio padre Giancarlo colui che ha dato inizio a questa grande avventura“.
Giancarlo era un super appassionato, imprenditore, titolare dell’omonima ditta specializzata in reti elettrosaldate per l’edilizia, realtà tuttora fiorente attiva in altri ambiti. Tutto ebbe inizio 60 anni fa, quando Giancarlo iniziò a collezionare Moto Guzzi, senza fermarsi più. Una passione tramandata al figlio Antonio Maria, che a sua volta ha coinvolto i due fratelli e oggi anche il figlio Andrea.
Passione smisurata, travolgente, a tal punto da pensare di replicare una 8 cilindri. “Ricordo ancora quel giorno – racconta Antonio Maria – Mio padre era fuori dallo stabilimento con Pino, quando in dialetto lecchese gli disse: ‘Cosa dici se ci mettiamo a fare una 8 cilindri?’.
E così è stato. Hanno preso contatti con la Moto Guzzi, presentando l’idea che è stata accolta. Con l’approvazione e i disegni di progettazione hanno iniziato. E’ servito un anno e mezzo di lavoro, ma alla fine la 8 cilindri è stata replicata in modo fedele. Così come sono stati replicati anche la Bicilindrica e i Compressori”.
E mentre Frigerio racconta, noi sfiliamo davanti a pezzi unici, che hanno fatto la storia dell’Aquila, come il Dondolino 500 così battezzato perché, dopo averlo alleggerito, quando usciva dalla curva scodava, il Gambalunga perché dotato di una corsa lunga, le 250 bialbero campioni del mondo, due Bicilindriche una del 1946 e una del 1951. Tra i numerosi pezzi da collezione troviamo anche il celebre motocarro Ercolino e il Mulo Meccanico 3×3 cingolato.
“Considero questo posto la mia vera casa – confessa Frigerio – Qui ho le cose più care. Come ironicamente e provocatoriamente mi piace dire: sono un collezionista di Guzzi non sono un Guzzista”.