Pensare che i diritti fisiologici degli esseri umani hanno avuto, almeno nell’antica Roma, un nume tutelare, la Venere Cloacina, dea della cloaca maxima e di riflesso, quindi, della pulizia. Gli antichi romani credevano talmente tanto nell’importanza dell’igiene che localizzavano in tutta l’Urbe appropriati apparecchi sanitari pubblici, i cosiddetti orinatoi. Un imperatore romano ha addirittura legato il suo nome ad essi. Vespasiano, infatti, per rimediare alle sorti economiche dell’impero introdusse una tassa su chi prelevava orina dai gabinetti pubblici e a chi gli rimproverava tale decisione rispondeva che per il bene comune “pecunia non olet”, di qualunque natura fosse l’odore. Il popolino si vendicò soprannominando da allora in poi “vespasiani” i servizi igienici pubblici. Pensare anche che “gabinetto” è il termine con cui in politica si indica il collegio di governo. Sarà per questa storica levatura dell’argomento che lunedì sera il già concitato consiglio comunale di Lecco ha sfoderato una vivacità nella discussione tenendo banco per quasi un’ora nel suo rush finale.
Il sesto punto dell’ordine del giorno prevedeva, infatti, la discussione e la votazione della mozione Magni-Venturini (Idv e Sel) sulla gestione dei servizi pubblici in città. Una mozione che, come sottolineato dal consigliere di Sel, non aveva “assolutamente elementi politici” (solo igienici, viene spontaneo osservare) e pertanto avrebbe dovuto riscuotere l’assenso unanime dell’assemblea.
L’accesso ai “cessi” (il francesismo ha avuto l’avvallo senatoriale di Roberto Castelli (Lega) quando ha rivelato che “in Senato ci sono solo tre cessi per 315 persone”), invece, ha inaspettatamente riacceso una vis polemica tra i consiglieri, che sul problema della manutenzione (“penosa”, parole del padano Giovanni Colombo) e della gestione hanno dato dimostrazione di una appassionata capacità dialettica in cui le più elementari norme igieniche e le più ancestrali tradizioni cloacine si sono confrontate con il rigore dei costi e dei tagli alle spese e con il buon senso amministrativo e civico.
Il dato di partenza della mozione è la sentenza della Cassazione che non obbliga più i bar a consentire l’uso dei servizi igienici ai non avventori. Da qui la necessità di una rete di toilette pubbliche che garantisca al cittadino e al turista di passaggio un servizio usufruibile in qualunque momento, e possibilmente nel pulito. Sulla attendibilità di tale “necessità” e sull’opportunità di legare l’immagine di “Lecco turistica” ad una simile problematica si sono surriscaldati gli animi dei consiglieri.
Giulio De Capitani (Lega) ha eccepito l’utilità di impegnare “la passione dei consiglieri su un tema così semplice”; Giorgio Buizza (PD) ha caldeggiato la creazione di accordi con i privati (quasi si potesse ricorrere ad una sorta di “do ut des” tra amministrazione pubblica ed esercenti per cui questi ultimi potrebbero rispondere alla concessione di tre tavolini in più all’aperto con un accesso libero ai loro bagni) e a fine intervento ha annunciato –visti anche i costi richiesti daldla localizzazione degli orinatoi e dalla loro riqualificazione- l’astensione dal voto del gruppo del Pd.
Castelli, accusando una prolungaggine nei tempi della discussione e l’inutilità dell’argomento, ha obiettato che le spese per la riqualificazione, manutenzione e gestione dei servizi potrebbero rivelarsi ingenti e sostenendo che con l’incentivare l’uso di servizi pubblici si crea il rischio di danneggiare i commercianti lecchesi, che vedrebbero così ridursi una piccola fonte di cespito (leggasi: tutti i caffè, cappuccini, bicchieri d’acqua che chi entra in un bar per andare ai servizi si sente moralmente “in obbligo” di consumare) ha dichiarato il voto leghista contrario alla mozione. Salvatore Rizzolino (Pd) è intervenuto criticando il comportamento di Alessandro Magni ed Ezio Venturini, definendolo “assurdo e inaudito”, e annunciando la sua astensione. La parola è quindi passata all’assessore ai Lavori Pubblici Francesca Rota, che nel contestare la rappresentazione di una Lecco senza bagni pubblici, “non è corretta”, ha poi aggiornato il Consiglio comunale su quali bagni resteranno aperti e per i quali, quindi, si intende procedere con i lavori di manutenzione, stante le risorse disponibili. Nell’ordine sono: parco Appiani; parco V Alpini, in virtù della numerosa presenza di bambini; l’ex lavatoio di Pescarenico, per i quale si vuole procedere ad un recupero strutturale, di intento con l’assessore al Patrimonio, creando appunto una zona riservata ai servizi igienici; l’ex area delle giostre, là dove si sta costruendo la nuova caserma dei vigili del fuoco; vicolo Granai e largo Europa in centro città.
Dopo l’intervento dell’assessore sono seguite le dichiarazioni di voto, come quella di Mauro Piazza (Pdl) a favore della mozione, perché “è un costo ma anche un diritto che deve essere garantito”, quella di Stefano Angelibusi (Pd) che ha contestato l’intervento di Rizzolino, quella di Dario Romeo (Pdl) che nel difendere l’utilità dell’argomento (“chiedo di esercitare i miei diritti fisiologici sul lungolago”) ha ricondotto le argomentazioni di Castelli al fatto che come parlamentare questi è abituato agli agi di Palazzo Madama (da cui la succitata rivelazione del senatore leghista). Sempre per il Pdl è intervenuto anche Antonio Pasquini, che pur eccependo la forma non proprio convenzionale con cui il testo della mozione è stato preparato ha però riconosciuto la valenza del tema e ha annunciato il voto favorevole, condiviso da tutto il gruppo pidiellino.
Al momento della votazione, quindi, i schieramenti sembravano posizionati su tre fronti ben precisi: favorevoli (SEL, IdV, PdL), astensione (maggioranza), contrari (Lega). Ma a sorpresa è intervenuto nuovamente Rizzolino, che ha ritirato l’astensione e ha dichiarato il voto contrario (un “contrario” dal carattere personale nei confronti di Magni e Venturini), imitato dal collega e vicino di banco Stefano Citterio. Lo scenario politico risultante da tali dichiarazioni di voto ha visto così sia la maggioranza che la minoranza “spaccate” sui gabinetti pubblici. La votazione su 35 presenti ha visto questi risultati: sì 12, no 10, astenuti 13 Mozione approvata. I lecchesi possono tirare un sospiro di sollievo: i loro diritti fisiologici sono stati e saranno sempre rispettati.