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MONTEVECCHIA – E’ un’oasi verde custodita nel cuore delle colline brianzole. Un tesoro naturalistico che conserva un ecosistema ricco e variegato. E una testimonianza diretta e concreta, con i suoi vigneti che si inerpicano su e giù per le colline e con i casolari, ristrutturati oppure ancor diroccati, delle radici contadine del nostro territorio.
Una “riserva” verde, incredibilmente sopravvissuta nella ricca e operosa Brianza all’imperativo della produzione, capace di regalare a chi la frequenta momenti di pace, relax e tranquillità.

Stiamo parlando del Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, 
creato nel 1983 grazie alla lungimiranza di alcuni amministratori locali capitanati da Eugenio Mascheroni (presidente del Parco fino al 2019, quando è subentrato Marco Molgora).  L’ente sovracomunale, con sede a Cascina Butto a Montevecchia, isi estende per 2.700 ettari, comprendendo boschi, radure, campi coltivati e nuclei rurali situati in dieci Comuni (Cernusco, Osnago, Lomagna, Montevecchia, Merate, Sirtori, La Valletta, Viganò, Olgiate e Missaglia, a cui va aggiunta, come ente, anche la Provincia).

UNDICI SENTIERI IMMERSI NEL VERDE

Ben undici i sentieri che lo attraversano in lungo e in largo (per i percorsi http://www.parcocurone.it/fruizione/sentieri.html), collegando l’una alle altre le località, dai confini fino al cuore pulsante rappresentato da Montevecchia con il santuario della Beata Vergine del Carmelo chiamato a orientare, dall’alto della sua scalinata formata da 180 gradini, gli escursionisti desiderosi di tuffarsi nel verde della natura.

Il santuario di Montevecchia

Segnalati e curati da associazioni di volontariato che si occupano della loro manutenzione, sorvegliati dalle Gev, le guardi ecologiche volontarie, i sentieri sono fruibili a piedi, in bici o a cavallo in base a quanto previsto dai cartelli apposti in loco.

PERCORSI PER TUTTI I GUSTI

Ce n’è davvero per tutti i gusti. Dai percorsi più pianeggianti che da Lomagna e Osnago collegano verso il Moscoro passando tra serre e terreni coltivati con un’incantevole vista sul Resegone e sulle montagne circostanti a quelli che si inerpicano sulla collina di Montevecchia permettendo di scoprire le erbe officinali, in primis, il rosmarino, vera e propria fonte di sostentamento in passato per le famiglie montevecchine.

Sentieri ideali anche per famiglie

CA SOLDATO, LA VALFREDDA E BAGAGGERA

Qui, più o meno a metà strada lungo la salita che porta in cima a colle lungo la Sp 58 che collega a Sirtori in un percorso panoramico sulle prealpi lombarde e sulla pianura milanese, sorge Cascina Butto, la sede dell’ente sovracomunale. Emblema, insieme a Ca’ Soldato, di un parco che ha saputo entrare nel cuore dei suoi cittadini grazie anche a tante attività e iniziative di sensibilizzazione ed educazioni ambientale promosse sia per grandi che per piccini.

 

Non andranno delusi nemmeno gli amanti dell’architettura signorile di una volta con Villa Adda Busca a Lomagna a ricordarci il passato glorioso dei marchesi Busca oppure sempre a Lomagna l’oratorio di Caravaggio, eretto nel 1813.

Risale addirittura al 1630 la croce della peste, la stele con rappresentati i motivi della morte e i simboli della crocifissione, conservata poco dopo l’abitato di Monte di Missaglia mentre è tutt’oggi un luogo molto amato e frequentato dagli abitanti della zona la cappelletta di Crippa, dedicata alla Madonna immacolato e situata nei boschi dell’omonima località situata a scavalco tra Montevecchia, Missaglia e Lomagna.

LE DUE GALBUSERE

Le tracce del passato contadino emergono invece dalle cascine di sassi e pietre delle due Galbusere, Bianca e Nera, (due insediamenti di origine gallica), nei fontanili e nelle fornaci che ci catapultano indietro negli anni addirittura ai secoli della dominazione romana.

 

Impossibile non restare colpiti dalla maestosità del Castello di Crippa a Sirtori oppure dal Castello di Cernusco, avamposto all’ingresso nel Parco appena sopra la stazione ferroviaria.

UN HABITAT NATURALISTICO DI PREGIO

Chi invece è alla ricerca di aspetti più naturalistici potrà soddisfare la propria curiosità, cercando in valle Santa Croce, vicino a Ca’ Soldato e lungo la strada da Valfredda a Montevecchia alta, le sorgenti pietrificanti, ruscelli, con presenza costante di acqua corrente, in cui avvengono fenomeni di travertinizzazione, cioè di formazione di travertini. Notevoli anche i boschi igrofili, cioè umidi, di ontano nero ed olmo caratterizzati da un sottobosco di diverse specie arbustive e da uno strato erbaceo in cui è possibile trovare cardo, valeriana e equiseti.

Fra le specie animali che frequentano questi boschi, le più importanti sono legate soprattutto alle pozze presenti negli ambienti umidi, com la rana di Lataste, la Salamandra e il Tritone crestato e, fra gli uccelli, della Cincia bigia e del Martin pescatore. Non meno interessanti i cosiddetti prati magri, ambienti estremamente ricchi di specie vegetali termofile, tra cui le orchidee. Li si possono incontrare lungo il crinale che dai Cipressi, appena dopo Monte, porta alle Galbusere.

La collina dei cipressi

Non è un caso se, all’interno del Parco, è stata creata la riserva naturale Valle Santa Croce e alta Val Curone, dove nascono le sorgenti dei torrenti Curone e Molgoretta.
Un habitat naturale per la flora e la fauna con orchidee, alberi, farfalle, libellule che ci raccontano, con la forza dei loro straordinari colori e con il loro ruolo fondamentale per la conservazione dell’ecosistema, quanto questo ambiente sia riuscito a convivere, nei secoli scorsi, con l’uomo.

Gli antichissimi terrazzamenti e i muretti a secco ce lo ricordano ogni giorno mentre le indicazioni stradali, ancora conservate sulle pareti degli antichi casolari, ci raccontano una geografia ormai scomparsa dai nostri atlanti. Di quanto, giusto per fare un esempio, Bagaggera era un Comune e la località Brugolone, a due passi da Monte, era una sua frazione. O di quando Galbusera Bianca era un nucleo rurale dove i contadini che si ritrovano nella chiesina di San Francesco, riportata agli antichi splendori giusto tre anni fa dopo un corposo lavoro di restauro commissionato nel 2009 dalla parrocchia di Rovagnate, a rivolgere le preghiere al cielo affinché il raccolto fosse abbandonante.

Sentieri e mulattiere che  testimoniano ancora la fatica di piegare la schiena per coltivare la terra e raccoglierne i frutti. Un sudore di cui parlano ancora oggi i vigneti che, seguendo il corso delle dolci colline, sostengono i tralicci da cui pendono i grappoli di uva. Qualcuno, in questa terra, che per molti è solo una bellissima oasi verde, crede ancora a tal punto da aver creato un consorzio dei produttori agricoli del parco, a cui si affianca quello per la tutela dei vini lariani. Perché il Parco del Curone è chiamato ogni giorno a una sfida: rinnovarsi aprendo anche alla fruizione di un numero crescente di visitatori riuscendo però a mantenere l’equilibrio che lo ha preservato fino a qui.