CARENNO – Riceviamo e pubblichiamo una lettera con alcune considerazioni personali relative al ripristino, o installazione ex novo, di una croce sulla sommità di Sopra Corna, anticima del Monte Spedone tra Calolziocorte e Carenno (vedi articolo).
“Premetto da subito che è massimo il rispetto dello scrivente per qualsiasi sensibilità di sorta nonché per ogni opinione teorica ovvero pratica: non è mio intento qui andare ‘contro’ qualcuno o qualcosa né lo sarà in futuro, semplicemente desidero mettere in luce alcune ineluttabili evidenze correlate all’iniziativa annunciata.
Posto che la pratica contemporanea di installare nuove croci sulle vette dei monti trova ormai negli ambienti culturali di montagna sempre più ampie obiezioni – il grande alpinista Reinhold Messner, ad esempio, oppure il professor Annibale Salsa, uno dei più importanti antropologi italiani nonché ex presidente generale del CAI; ma è interessante denotare pure la posizione della Commissione Pastorale dell’Arcidiocesi di Trento, che si è espressa contro i ‘tentativi di ostentazione di una religiosità urlata, imposta, gridata. Essa non aiuta certamente a riflettere, a meditare, a contemplare la natura del creato con animo religioso’ – e posto che nel concreto l’intervento sulla cima di Sopra Corna sarebbe relativo alla posa di un nuovo manufatto (per di più la precedente croce era recente e non certo “storica”, in quanto risalente agli anni ’80), mi chiedo se alla valorizzazione dei nostri meravigliosi eppur spesso poco considerati territori montani servano veramente nuove croci sulle sommità oppure altri interventi più funzionali allo scopo – ripristino e manutenzione dei sentieri, restauri dei manufatti storici, segnaletica, ausili informativi-culturali, eccetera – e dunque se le pur ‘non esorbitanti cifre’ citate nell’articolo suddetto non siano appunto meglio utilizzabili per siffatti interventi di autentica valorizzazione territoriale. Ad esempio, piuttosto che impiegare tempo e denaro per nuove croci di dubbia valenza devozionale (oltre che estetica), si potrebbero impiegare tali risorse per il recupero delle numerose antiche ‘tribuline’ sparse lungo i sentieri della valle, esse sì testimonianze della tradizione devozionale storica della zona nonché, in frequenti casi, elementi artistici e architettonici di pregio così come importanti marcatori antropologici e identitari narranti dell’antico legame tra le montagne in oggetto e la gente che le ha abitate lungo i secoli, fino ai giorni nostri.
Tutto ciò, ribadisco, senza rimarcare alcun intento meramente critico o polemista e con il più discreto riguardo verso l’oggetto di queste mie considerazioni, tanto quanto con la massima e appassionata attenzione verso una reale e proficua riscoperta culturale, oltre che sociale ed economica, delle nostre meravigliose montagne”.
Grazie di cuore della vostra attenzione
Luca Rota