Riccardo Massei, direttore del dipartimento Emergenza urgenza dell’Azienda ospedaliera di Lecco, è dell’opinione che le professionalità coltivate sul campo non debbano essere disperse e sulla vicenda delle risorse mediche liberate dalla chiusura della centrale operativa del 118 afferma: “Non li lasciamo andare via, c’interessa tenerli, visto che ci servono. Troveremo una ricollocazione o all’interno dell’Asl o nell’Azienda ospedaliera”.
Il dirigente si sente tranquillo sia per il destino dei 5 medici che attualmente lavorano nella centrale sia per i precari che da dicembre si troveranno a spasso. Per questi ultimi ricorda che alcuni vengono impegnati per poche ore alla settimana: da sei a diciotto. Ad arrivare a una quarantina di ore settimanali sono in pochi e per loro si dice convinto della possibilità di assorbimento all’interno del sistema sanitario lecchese, che di medici avrebbe fame soprattutto nei pronto soccorso.
Il panorama dei medici del 118 è formato da dipendenti ospedalieri, da assunti dall’Asl di Lecco come professionisti a tempo indeterminato e dai precari partite Iva con contratti da tre a sei mesi rinnovati via via per anni. I primi attualmente si dividono tra centrale e automedica, si tratta di sei persone compreso il responsabile dell’Areu lecchese Guido Francesco Villa che a volte lascia la scrivania amministrativa per uscire con l’automedica. Sui mezzi giravano senza mai fermarsi in centrale i due professionisti assunti dall’Asl a tempo indeterminato e una mezza dozzina di precari, alcuni con esperienza più che decennale in emergenza.
Per il comune cittadino probabilmente cambierà poco. Il sistema dell’emergenza – ci viene spiegato dall’interno del 118 – si basa su tre livelli di assistenza, quello di base garantito dai volontari preparati da corsi specifici che costituiscono una importante ossatura, soprattutto per la loro presenza capillare. Poi c’è quello degli infermieri, capaci d’intervenire su una casistica molto vasta. E infine il nucleo più ristretto rappresentanto dai medici che vanno là dove politraumi e l’emergenze richiedono proprio la presenza di un dottore: “Si tratta del 5% delle chiamate ricevute dal 118, non credo che la riorganizzazione in atto possa inficiare gli standard di servizio finora garantiti”, ci dice il nostro esperto.
Insomma più che un immediato problema la popolazione, la questione delle razionalizzazioni del 118 lascia spazio a riflessioni sull’opportunità di lasciare andare medici che ormai hanno acquisito conoscenze ed esperienze preziose e ancora pienamente utili e necessarie. A qualcuno poi potrebbe venire voglia di sollevare qualche quesito sull’opportunità di investire 13 milioni di euro (più i cinque rappresentati dai risparmi sui precari) in un momento di vacche magre, apportando sicuramente dei miglioramenti, però a un sistema che ha già degli ottimi livelli di prestazione.