LECCO – Dopo la pausa estiva riprende a pieno ritmo anche la rubrica dedicata alla Psicologia dello Sport curata dal Dottor Mauro Lucchetta, che propone l’analisi di un’esperienza estiva personale dove è stato lui stesso uno dei sei protagonisti che dalla Brianza hanno raggiunto Roma in bicicletta…
Eccomi qui. Tornato da Roma dopo un lungo viaggio iniziato in quel di Birone di Giussano (MB). Così come anticipato nel precedente articolo, nel mese di Agosto mi sono dedicato in prima persona ad un’attività “sportiva” di un certo impegno: con un gruppo di 4 amici (diventati poi 6 durante il cammino) siamo partiti in bicicletta alla volta di Roma. Il viaggio è durato all’incirca 2 settimane (i cui ultimi 3 giorni sono stati vissuti da turista a Roma, fra birrette e carbonare). Si è trattato di qualcosa che ha toccato diversi aspetti “psico” e perciò, a partire da questo articolo, proverò a fare un breve riassunto dei migliori consigli psicosportivi che mi sento di dare a chi volesse intraprendere la “carriera” del cicloturista per caso (che non fa guadagnare un centesimo, ma che è in grado di aprire parecchi orizzonti).
Ecco quindi i primi suggerimenti sul tema, che da un punto di vista sportivo possiamo definire come la gestione di un’attività di resistenza psicofisica, sull’arco di più giorni, in cui sono presenti dinamiche gruppali disposte su vari livelli (emotivo, relazionale, ruolistico-organizzativo). Resta beninteso che molti di questi concetti che vedremo in queste settimane li ho imparati sbagliando io stesso in prima persona!
– La preparazione atletica prima di tutto. Sembra banale, ma non lo è. Arrivare preparati ad un viaggio di 770 km (che non so come siamo riusciti a trasformare in 880!) richiede un impegno anteriore, che non va preso sottogamba e che è consigliabile fare da “zavorrato”. Partire dalla Brianza e arrivare a Roma, seppur non pienamente allenati, non è impossibile. Di fatto buona parte dell’allenamento la si fa proprio pedalando nelle prime tappe relativamente pianeggianti. Il problema è che queste prime tappe rischiano di diventare un incubo per chi ancora non ha una gamba in grado di reggere almeno 80 km al giorno (con 15 kg di bici + 15 kg di zavorra, circa). E ovviamente da non dimenticare il fattore sedere, un vero e proprio fastidioso compagno di viaggio di tutti i giorni. Sentirsi tonici fin dall’inizio è il miglior modo per intraprendere il percorso, per poter ragionare subito come gruppo e per poter rimanere lucidi già nelle prime decisioni (dove arriviamo oggi? Dove dormiamo? Chiamiamo subito? Preventiviamo soste per il troppo caldo e/o per il pranzo?). Se la gamba c’è tutto diventa facile e gestibile, ovviamente sempre che la predisposizione mentale (che vedremo a breve) sia in linea con le buone sensazioni corporee.
– La preparazione della bici in secondo luogo. Di cicloturismo sapevo pressochè zero fino a qualche mese fa. Grazie a compagni di viaggio più esperti ho imparato la significativa differenza che possono fare anche solo due borse con aggancio/sgancio rapido. Essere certi che il mezzo sia in forma (cambio, catena, freni, ruote) toglie un sacco di pensieri e timori intrinseci del viaggio (ho assistito a parecchie forature e mi sentivo quasi un miracolato scampandola sempre… Poi però, una volta giunto a Roma, la mia bici “gliel’ha data su” e me le ha restituite tutte con: fili del cambio andati, esplosioni di catena, rocchetti gracchianti… ). Meglio togliersi dalle scatole rotture postume anticipando i tempi: far fare un bel check up prima di partire, accertarsi che i pesi siano ben distribuiti lateralmente e orizzontalmente, testare il sellino che più sia consono per un viaggio lungo, regolarne l’inclinazione… sono tutte cose che è bene fare prima di partire, con la consapevolezza che certi aggiustamenti in corso saranno comunque necessari e perciò più il sistema è flessibile meglio è. Personalmente la Mountain Bike è preferibile persino alle bici da cicloturismo, che a mio parere soffrono parecchio nei pezzi sterrati (che in Italia sono spesso piste da motocross!)
– Una vita alternativa: entrare in pieno nella “modalità del pellegrino”. Sulla carta dire: “massì, andiamo a Roma, ci divertiamo” è facilissimo, ben diverso è quando effettivamente ti trovi lì, con uno stile di vita totalmente diverso da come sei abituato: si tratta di pedalare per buona parte del giorno, con la prospettiva, il giorno seguente, di pedalare ancora per quasi tutto il tempo. All’inizio le forze mentali per farlo ci sono, ma se non entri in quella che noi chiamavamo la “modalità del pellegrino”, la voglia sparisce non appena le risorse fisiche iniziano a calare (vedi punto sulla preparazione atletica). Di che si tratta? E’ piuttosto semplice. Essa consiste nel “dimenticare” chi eri fino a ieri e ad iniziare a vedere il mondo con gli occhi del pellegrino. E’ una ricerca costante di quelle che sono le tue risorse per tirare avanti la giornata (fontane, ombre, mercati, bagni ad esempio) che fai volentieri, perché quella è la tua nuova vita e ti piace scoprire il mondo nuovo che ti si para davanti agli occhi. Non si dà grande spazio alle questioni di gusto (questo posto non mi piace, questo invece sì) quanto piuttosto sul senso di funzionalità: quella cosa mi serve, ora la faccio. Ogni cosa che si muove attorno è vista come un’opportunità: dissetarsi, nutrirsi, riposare e chiaramente anche per le attività fisiologiche di base. In psicologia tutto ciò è descritto nel concetto di affordance: nella capacità di vedere le opportunità del mondo che ci circonda, ad un livello anche primordiale, quando necessario. Il pellegrino, in questo caso cicloturista, pedala, si nutre e riposa e tutto questo assume un connotato di senso e completezza. Per dirla alla giovane: “lo stai facendo nel modo giusto”. Con questa visione, con queste pretese soddisfabili con così poco, ecco che il viaggio diventa davvero qualcosa di raggiungibile, fattibile, gestibile, anche quando si presentano i vari inconvenienti (come i guasti) in grado di fermare il gruppo per ore: “queste cose ci stanno e le accettiamo, siamo pellegrini, del resto”.
Nei prossimi articoli indagheremo ulteriormente gli aspetti che hanno caratterizzato il giro: altri suggerimenti e piccole curiosità vi aspettano!
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Dott. Mauro Lucchetta – Psicologo dello Sport
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