Dramma di via Mentana: morto l’arch. Silvio Delsante

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LECCO – Un dramma che ha messo fine alla vita di un uomo considerato il decano dell’architettura lecchese: Silvio Delsante, 82anni, si è spento nella mattinata di venerdì precipitando dal terzo piano di un’abitazione in via Mentana (vedi articolo).

Un volo dalla finestra, per cause accertate dalle forze dell’ordine, che non gli ha lasciato scampo. Figura nota in città, la notizia della sua morte ha lasciato senza parole chi lo conosceva.

Silvio Desante era originario di Parma, si era trasferito sin da ragazzo a Lecco e in seguito aveva studiato al Liceo Artistico Brera di Milano, laureandosi poi in Architettura al Politecnico.

Si dedicò sin da subito alla libera professione, lavorando spesso lontano dalla sua città. Ha fatto il designer, l’architetto, l’urbanista e ha curato la redazione dei piani regolatori generali di numerosi Comuni del territorio.

Delsante aveva realizzato il progetto di riqualificazione dell’Hotel Griso di Malgrate, oltre che della scuola media Antonietta Nava di via Milazzo; ancor prima, sul finire degli anni Sessanta, aveva presentato un progetto di rilancio dell’Isola Viscontea di Lecco con l’obiettivo di trasformarla in una “perla turistica”, con un ristorante e con un salone panoramico alla torretta. Progetto che allora era stato approvato dall’Amministrazione comunale di allora ma che poi sfumò.

Per vent’anni ha fatto parte del direttivo dell’Istituto nazionale di urbanistica. Membro del direttivo dell’Associazione Analisi Ambientale, ha scritto numerose pubblicazioni, non ultima “Il cammino si fa anche tornando” dedicata al ritorno dell’uomo sull’area pedemontana lecchese.

Ha fatto parte dell’Ordine degli architetti di Lecco dal 1958 al 2008. Attualmente apparteneva all’albo dei benemeriti dello stesso Ordine professionale.

Vicino al vecchio Partito Socialista e ai suoi ideali, si era pian piano allontanato dalla politica, abbandonandola definitivamente dopo le vicende di Tangentopoli.

“Quando gli prospettai un suo eventuale ritorno in politica – ricorda con commozione Marilisa Rotasperti, segretaria della Uil lecchese – Delsante mi rispose rivolgendo lo sguardo al cielo e dicendomi che intendeva continuare a dedicarsi a cose più alte”.

Appassionato di musica, non era difficile incontrarlo in città ai concerti del sabato pomeriggio proposti presso la Fondazione Borsieri.

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DELSANTE e “IL CAMMINO SI FA ANCHE TORNANDO”

LECCO – Il libro si intitola “Il cammino si fa anche tornando”. Pubblicato nel 2012, seguiva quello da lui scritto l’anno prima riguardante alcune sue architetture nell’area lecchese eseguite a partire dal 1960, con specifico riferimento alla dottrina filosofica cosiddetta “del caos”.

Per quello che sarebbe stato il suo ultimo libro, Silvio Delsante si era avvalso della collaborazione dell’architetto Elio Mauri. Un titolo non casuale, considerato che al centro della pubblicazione vi era l’auspicio del ritorno dell’uomo sulla fascia pedemontana lecchese.
“Come risulta dalle immagini delle attività agricole e produttive – osservava l’autore nell’introduzione – questo territorio appare disabitato a seguito della discesa a valle determinata dalla sua industrializzazione. Pertanto l’area è pressoché abbandonata, con mulattiere e sentieri per lunghi tratti intransitabili, vegetazione incolta e edifici disabitati”.

Nel suo “Il cammino si fa anche tornando” Delsante indagava dapprima sulla ripresa dell’edificazione anche selvaggia, per poi localizzare nel suo insieme il quadro dei significati dei versanti nel contesto del Lago. “Nel libro – osservava Delsante – sono riportate connessioni imprevedibili e curiose riguardanti fatti e luoghi anche lontani. Vengono inoltre proposte, con riferimento a documenti ufficiali, alcune possibili modalità di intervento per far sì che gli abitanti tornino a “vivere” il polo montano lecchese”.

“Il recupero della montagna – aggiungeva l’autore – per essere completo dev’essere conseguente alla presenza stabile dell’uomo, accompagnata dai consueti rumori e suoni, dai canti e dai profumi, senza dimenticare che la presenza stabile dell’uomo può favorire il ritorno della selvaggina, fondamentale e preziosa risorsa dell’ambiente montano”.