In basilica di San Nicolò i funerali dei due scialpinisti travolti da una valanga in Svizzera
Tantissime persone dentro e fuori la chiesa. Le parole commosse della fidanzata di Maxi: “Eravate nel posto giusto”
LECCO – Una grande famiglia, scioccata ma più che mai unita, che nel dolore della perdita ha abbracciato Valentino Alquà e Massimo Ratti, per gli amici Vale e Maxi, 49 e 36 anni, morti travolti da una valanga domenica mattina sul Pigne d’Arolla, in Svizzera. Insieme i due amici e scialpinisti hanno perso la vita e insieme hanno affrontato anche l’ultimo viaggio.
Le salme dei due lecchesi, originari entrambi del rione di Germanedo, sono giunte in città ieri, giovedì. Questa mattina la camera ardente e nel pomeriggio un unico funerale, gli amici dell’uno erano anche amici dell’altro, in una Basilica di San Nicolò che non è riuscita a contenere tutte le persone.
Le due bare in legno chiaro sono arrivate sul sagrato intorno alle 15. Ad attenderle gli amici: la grande e colorata famiglia Asen Park per Maxi, le giacche rosse del Soccorso Alpino e quelle blu della Scuola Nazionale di Scialpinismo del Cai di Lecco per Vale, e ancora i gruppi Ragni e Gamma, il Cai Lecco e il sindaco Mauro Gattinoni. E poi ancora tantissimi amici e conoscenti, venuti a salutare per l’ultima volta due persone speciali che, ognuna a modo suo, è stata capace di lasciare un segno profondo.
“La montagna era la passione comune di Massimo e Valentino, la montagna è la parola che ricorre nelle letture che abbiamo ascoltato” ha detto don Marco Rapelli, parroco di Germanedo durante l’omelia (la messa è stata celebrata da don Benvenuto Riva, parroco di Ballabio, e concelebrata da monsignor Davide Milani, prevosto di Lecco, don Angelo Cupini e don Davide Consonni, ex parroco di Germanedo).
“Ancora oggi gli amanti della montagna vivono l’esperienza della montagna come momento di elevazione spirituale – ha proseguito don Marco -. La montagna è il luogo dove Dio si rivela al nostro cuore e alla nostra coscienza. Massimo e Valentino non sono morti, sono qui con noi, adesso, a ringraziare il Dio della vita”.
La fidanzata: “Eri nel posto giusto”
“La prima volta che mi hai chiesto di uscire mi hai proposto di andare a fare Luna Nascente, così, senza crema – ha ricordato la fidanzata Bea con la voce rotta dall’emozione – avevi visto che l’avevo fatta. Anche io sapevo cos’avevi fatto tu, mi chiedevo se avresti portato le scarpe, le scarpette o la corda. Tergiversai, ‘Magari la prossima volta! Non vuoi andare a bere qualcosa?’. Ti trascinai alla Martesana, ti presentasti con la longboard e un forte accento. Bevemmo tanto, parlammo tanto. Tutto bello. Poi per salutarmi mi abbracciasti. Particolare. Andai a casa e ci pensai, neanche troppo, evidentemente anche tu perché mi scrivesti subito: ‘Quindi? Dove andiamo?’ e da lì andammo subito, sempre. 56 km tra un elettricista di Lecco e una della banca di investimento di Milano non contavano. Le cose sono state infinite da quel momento e tutte belle. Me le ricordo tutte e anche tu. Mi faceva solo un po’ male quando mi dicevi ‘Io ti amo, ma sai che vieni al secondo posto, al primo c’è lo sci’. Certo che se non avessi arrampicato, avrei detto la stessa cosa a te. Lo capivo. Lo capisco. Non lo biasimo. È il motivo per cui in tutto questo sono serena. Eri nel posto giusto, nel tuo cuore c’ero anche io, sono anche contenta di questo. Nel mio cuore resterai per sempre. Resta con me nel vento, nella pioggia, nella neve e nella roccia. Io continuo, continua con me”.
Il fratello Andrea: “Resterai per sempre nel travolgente entusiasmo che sapevi fare esplodere intorno a te”
“Eccomi Max, sono qui piangente, emotivamente provato. Sei stato il mio fratellino, almeno fino ai miei 24 anni e ai tuoi 21 quando hai deciso di uscire di casa. Io e te siamo stati in competizione per qualsiasi cosa, a parte i voti a scuola, ma eravamo anche capaci di proteggerci l’un l’altro. Come quell’anno in cui abbiamo giocato insieme a basket: è stato un anno solo, ma estremamente coinvolgente. Sentivo che a passarti la palla sarei stato al sicuro perché ti saresti fatto in quattro per rendere quell’azione vincente. Poi hai scoperto che la montagna era più affascinante di una palestra e hai iniziato a coltivare una passione che è diventata viscerale. Ricordo i primi tempi in cui, insieme ai tuoi amici di sempre, hai creato il gruppo Asen Park: inizialmente eravate goffi e buffi, ma la vostra amicizia e la vostra simpatia sono sempre state travolgenti. E ancora, hai dimostrato tutta l’energia dopo un’operazione delicata alla testa, che ti ha costretto a ripartire da zero. Ma tu sei riuscito a tornare esattamente quello che eri prima. Noi, ad essere sinceri, speravamo che i dottori sistemassero le rotelle non funzionanti nella tua testa ma non c’era niente da regolare, tu eri così, e così eri apprezzato. Certo, forse la responsabilità non era in cima alla tua lista di priorità, ma questo tuo modo di vivere ti ha sempre caratterizzato e ti ha reso unico per me e per chi ti ha conosciuto. Non trovo le parole giuste… la realtà è che manchi già tantissimo. Questa passione sapevamo che poteva presentarti un conto che non potevi pagare, ma tu l’hai portata avanti, fino alla fine, all’ultimo momento, felice, innamorato, libero e soprattutto dove volevi essere. Ciao Tarlo, resterai sempre nel travolgente entusiasmo che sapevi fare esplodere intorno a te.”
Dopo il canto Signore delle Cime, le bare di Maxi e Vale hanno lasciato la chiesa sulle note di “Ho imparato a sognare” dei Negrita. A trasportarle sulle spalle in un sagrato gremito e commosso sono stati i numerosi amici (scalzi quelli di Massimo, in omaggio alla sua proverbiale ‘allergia’ alle scarpe). Gli ultimi affettuosi saluti. Ciao Vale, Ciao Maxi. Mos!