Organizzata da “La Fucina Associazione Culturale”
L’appuntamento è per giovedì 18 luglio alle ore 21
CREMENO – E’ in programma il terzo appuntamento de “I Giovedì della Fucina” dal titolo “Pittura in Valsassina anni ’40: gli artisti, la guerra e la società“. L’incontro è organizzato da “La Fucina Associazione Culturale” e il relatore della serata sarà Federico Oriani, socio dell’Associazione e impegnato anche nella presentazione del Fondo Manzoniano della Biblioteca di Barzio. L’appuntamento è per giovedì 18 luglio alle ore 21 presso la Villa Carnevali di Maggio nella frazione di Cremeno.
Di seguito l’intervista a Federico Oriani.
Il titolo indica un argomento per specialisti?
“Tutt’altro, si parlerà di personaggi, opere e luoghi ben noti in Valle. L’argomento si presta alla perfezione per fare storia dell’arte, ovvero collocare l’arte all’interno della storia. Vedremo un aspetto paradossalmente positivo della Seconda Guerra Mondiale. A causa del conflitto negli anni ’40 del ‘900 si ritrovano ad operare in Valsassina tanti artisti come non era mai successo prima, e soprattutto si legano alla Valsassina e contribuiscono a cambiare la sua società”.
Ma la Valsassina ha tradizioni artistiche lontane…
“Certo, lontanissime! Le prime forme di arte sono decorazioni di oltre 2 mila anni fa che vediamo sui manufatti in metallo, penso a quelli del museo archeologico di Milano. Poi ci sono state grandi famiglie locali di artisti ed artigiani, altri che nelle loro peregrinazioni si sono fermati per un periodo nei nostri paesi, ma quello che è successo negli anni ’40 è una cosa unica”.
Nasce una corrente locale?
“Molto di più. Si trovano a lavorare nello stesso territorio artisti diversissimi per età, tecnica, formazione, fama. C’è un giovane pittore ‘in armi’, Mario Carletti, che svolge il servizio militare a Ballabio e dipinge la chiesa (un po’ come il tenente del film ‘Mediterraneo). Ci sono i pittori ‘sfollati’ come Riccardo Galli a Barzio, Francesco De Rocchi a Casargo ed Erme Ripa in centro valle. Galli, il più anziano, è stato per decenni il ritrattista di punta a Milano, ed è morto a Barzio prima della fine della guerra. Negli ultimi mesi ha dipinto quasi ossessivamente la zona della Coldogna. La sua famiglia si imparenta con i pittori Todeschini di Cortenova. Ripa, monzese d’adozione, continua a frequentare e dipingere paesaggi valsassinesi anche nel Dopoguerra, ma è De Rocchi il caso più interessante”.
In che senso?
“Francesco De Rocchi è uno dei grandi esponenti del chiarismo, il movimento dominante in Lombardia a metà Novecento, con Lilloni, Del Bon, De Amicis e Spilimbergo. Nel 1943 con la famiglia deve lasciare Milano. Le stanze che trova in affitto a Casargo gli cambiano la vita. La figlia sposerà un valsassinese e quindi trascorrerà per tutta la vita lunghi periodi a Margno. Qui inizierà a dipingere i giardini privati e soprattutto la serie del ‘giardini del dottore’, che altro non è la casa che fu del medico condotto di Margno: un Manzoni di Barzio. Si radica in valle che diventa uno dei suoi soggetti più importanti”.
Ci sono anche valsassinesi?
“Eccome, sono attivi i due fratelli Lucio e Piero Todeschini di Cortenova che fanno in prevalenza pittura di genere. Piero ad esempio copia una cartolina dei Piani di Bobbio, all’epoca terreno di scontro della lotta partigiana. Alla baita Pesciola muore Giovanni Martino Gargenti di Barzio, giovane astro nascente dell’arte locale, completamente dimenticato. Anche due introbiesi come don Mario Tantardini e Pierino Motta negli anni ’40 diedero il meglio di sé, basti pensare rispettivamente alle chiese di Biandino e del Giumello”.
Dalla povertà, una ricchezza?
“Da un certo punto di vista fu un periodo relativamente ricco per l’economia locale che trasse beneficio dall’industria dell’ospitalità e dalla ricostruzione. Questo consentì di chiamare artisti professionisti forestieri per decorare chiese e cappelle come Mario Cornali a Introbio, Arturo Galli a Cortabbio, Paolo Giovanni Crida a Cremeno, Ezio Moioli a Ballabio e Mario Albertella per le chiese di Ballabio Inferiore e di Barzio. Qui un garzone che lo aiutò maturò una vocazione artistica: Alessandro Colombo”.