Mauro Combi, insieme alla famiglia, spiega ragioni e obiettivi del progetto che coinvolge l’area del Barech
“Cari ballabiesi, lasciamo che siate voi a trarre le conclusioni di una storia che, a nostro avviso, va avanti da tanto, troppo tempo”
BALLABIO – Il caso Barech torna alla ribalta delle cronache. Dopo il terremoto politico degli scorsi mesi, questa volta è la stessa azienda Combi Arialdo a raccontare ai cittadini di Ballabio i fatti legati al progetto che coinvolge l’area del Barech.
“Cari ballabiesi, a voi vogliamo rivolgerci per raccontarvi la nostra versione dei fatti. Lasciamo che siate voi, e voi soltanto, a trarre le conclusioni di una storia che, a nostro avviso, va avanti da tanto, troppo tempo. Una storia per la quale sono state spese, e continuano ad essere spese, tante parole, sono stati impiegati fiumi di inchiostro. Una storia che è stata e continua ad essere, piegata a verità parziali”.
Con queste parole Mauro Combi, insieme alle sorelle e ai fratelli, si rivolge ai suoi concittadini per spiegare le ragioni e gli obiettivi del progetto che coinvolge la Combi Arialdo e l’area del Barech. L’azienda, fondata alla fine degli Anni ’60, oggi conta una sessantina di dipendenti (età media 38 anni), fra questi vi sono 25 donne, impiegate soprattutto nel reparto assemblaggio. 26, fra dipendenti e titolari, vivono a Ballabio, gli altri in un raggio di circa 5/10 chilometri dall’azienda. Nel ultimi 2 anni alla Combi Arialdo hanno trovato lavoro 15 persone. Nel corso degli anni la Combi Arialdo è cresciuta e non solo sul fronte occupazionale. Oggi, quella che un tempo era nata come una piccolissima azienda famigliare, esporta in oltre 80 paesi sparsi nei 5 continenti.
“Una veloce fotografia, che tutto vuol essere tranne che auto celebrativa, per far comprendere l’impellente necessità della Combi Arialdo di potersi evolvere. Utilizzo il termine “evolvere” e non espandere – spiega Mauro Combi – perché sarebbe riduttivo. La sfida imprenditoriale fa parte del DNA della mia famiglia e le sfide per quanto stimolanti portano con sé un grande carico di responsabilità verso l’azienda, i dipendenti e le loro famiglie così come verso la comunità della quale ci sentiamo parte fin dall’inizio della nostra storia, personale e professionale. La Combi Arialdo vuole e deve evolvere per sopravvivere e per assicurare un futuro professionale ai suoi dipendenti che hanno contribuito con impegno, passione e dedizione a farla crescere. Evolvere non significa solo diventare più grandi, fatturare di più, produrre di più. Evolvere significa progredire, migliorare pianificando il futuro, quello a breve, medio e lungo termine, perché la nostra realtà produttiva possa restare al passo con i tempi, sempre più complessi, difficili e imprevedibili (basti pensare ai due ultimi anni e mezzo segnati dalla drammatica pandemia del Covid-19). Noi non abbiamo mai chiesto ciò che non fosse lecito e legittimo, non solo per noi, ma per qualsiasi imprenditore e cittadino. Abbiamo acquistato l’area del Barech che, come tutti sapete, si trova nella zona artigianale del paese, dando avvio alla richiesta per il cambio di destinazione d’uso, abbiamo presentato un’ipotesi di progetto, ideato e pensato perché possa avere il minimo impatto ambientale possibile (parte di quella che potrebbe essere la nostra nuova sede è addirittura ipogea), abbiamo dialogato con la passata amministrazione comunale, con Regione Lombardia che, soddisfatta della proposta, ha considerato l’intervento ammissibile al bando AREST, per l’attrattività e la competitività di territori e imprese e il sostegno all’occupazione. Abbiamo coinvolto tutti i nostri collaboratori illustrando loro il progetto e rendendoli partecipi di un’iniziativa che non riguarda solo la proprietà ma anche loro.
Non intendiamo deturpare o abbruttire Ballabio… sapete tutti che il Barech è la naturale prosecuzione di un’area industriale ormai sempre più affollata e al collasso in termini di spazi, un’area che si è sviluppata nel corso del passato in modo piuttosto caotico, di certo non pianificato. Oggi, abbiamo la possibilità di agire per il meglio capendo e studiando la soluzione migliore. Non solo abbiamo la possibilità di contribuire al miglioramento del paese provvedendo, per esempio, alla sistemazione di un tratto della provinciale, oggi pericoloso e dissestato. Un tratto di strada che non è solo ad uso esclusivo dei mezzi pesanti che servono l’area industriale, ma che, nel fine settimana (quando i camion non sono in transito) è meta di numerosi ballabiesi e non, così come di numerosi ciclisti. Perché non renderla più sicura per tutti? Una strada che preveda spazi adeguati per veicoli, ciclisti e pedoni. Dalla messa in sicurezza della strada alla possibilità di costruire una velo stazione per la ricarica delle bici elettriche, dalla cura del bosco limitrofo all’area alla messa a disposizione per il pubblico di spazi verdi attrezzati… solo per fare alcuni esempi. Un lista che potrebbe essere arricchita e variata grazie ad un concreto desiderio di dialogo e confronto perché la crescita occupazionale e produttiva non sono temi in antitesi con un possibile rilancio turistico del nostro paese.
Se una comunità vive ed è prospera lo è sotto tutti i punti di vista. Non c’è nulla di oscuro o poco chiaro nelle nostre intenzioni, c’è solo il desiderio e la volontà di migliorare la situazione nella sua globalità. Secondo voi è deplorevole desiderare spazi adeguati per i propri dipendenti che oggi non hanno a disposizione né una sala mensa, né una sala riunioni (le facciamo in piedi nei capannoni), né spazi da destinare alle loro attività ricreative? Noi stiamo cercando di fare ciò che ogni buon padre di famiglia farebbe, ovvero migliorare la vita dei propri cari. Un bravo imprenditore – credetemi – non bada solo a fatturato e margini. Chi sceglie di fare il contrario appiattirà le proprie scelte e i propri progetti piegandoli solo alla mera logica del profitto, perdendo passione e amore per ciò che fa e per il luogo in cui ha scelto di vivere e lavorare. Noi siamo nati in una famiglia di imprenditori, avremmo potuto scegliere di fare altro. Proseguire l’attività avviata dai nostri genitori per noi è stata una scelta e ne siamo felici.
Vorrei concludere dicendovi che la nostra porta è sempre stata aperta e sempre lo sarà per chiunque voglia confrontarsi con noi. A voi chiediamo di accogliere questo nostro messaggio e di provare, senza pregiudizi, a mettervi nei nostri panni e in quelli dei nostri dipendenti. E’ stato doloroso per noi sentirci mettere in bocca parole e intenzioni nelle quali non ci riconosciamo, né per i modi né per i toni. La Combi Arialdo non ha mai usato il ricatto psicologico della delocalizzazione per incentivare o affrettare qualsivoglia decisione politica e amministrativa. Non neghiamo che ci sono state offerte concrete possibilità, che abbiamo valutato, di espansione nella bergamasca. Una scelta fatta da molte aziende della nostra zona anche in tempi recentissimi, ma questa è una soluzione che, per ora, non intendiamo contemplare per numerose ragioni. Una, la più importante, è che crediamo nella bontà, nella sostenibilità e nella legittimità del nostro progetto, così come nella buona fede di tutti quei cittadini che avranno voglia di capire, prendendo le distanze da ogni tipo di strumentalizzazione mediatica e non, il vero motivo all’origine di quella che per la Combi Arialdo è una necessità dettata da un grande senso di responsabilità e dal desiderio di essere artefice del proprio destino e di quello professionale di tutti i suoi dipendenti in completa armonia con le esigenze del nostro paese”.