Piani di Bobbio. Anche Lecconotizie in parete con Camp

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Francesca Benedetti (Ufficio Marketing Camp) e Caterina Franci (climb-giornalista di Lecconotizie.com)

LECCO – A ben pensarci, il mio legame con la Camp risale ad alcuni anni fa. Ero circa in prima liceo quando per Natale ricevetti per regalo un sacco a pelo, era il primo e ne ero in particolar modo entusiasta. Da allora di anni ne sono passati un po’ ma quel sacco a pelo con il logo del lupo è tutt’ora un mio prezioso compagno di avventura.

Oggi (venerdì 20 giugno) in occasione dei festeggiamenti dell’azienda premanese per i suoi 125 anni di attività (1889-2014), mi ritrovo a tu per tu non solo con il marchio Camp, ma ho persino l’onore di conoscerne i suoi giovani titolari, quarta generazione di quella famiglia Codega che dal lontano 1889, anno di fondazione, è alla guida dell’azienda.

Il primo dei due giorni “Press Event” è stato già raccontato (vedi articolo) ed ha visto Camp aprire le sue porte per un viaggio nella sua lunga storia di lavoro, passione, ricerca, innovazione e crescita; il secondo (che mi vede tra gli invitati) è stato interamente organizzato ai Piani di Bobbio (Barzio) in compagnia di alcuni dipendenti dell’azienda, tutti esperti di montagna, che hanno offerto ai giornalisti presenti la possibilità di testare personalmente il materiale Camp e di arrampicare al fianco di due mostri sacri dell’alpinismo e dell’arrampicata nonchè testimonial dell’azienda; sto parlando di Simone Moro e Stefan Glowacz, quest’ultimo titolare della Red Chilli, marca di scarpette d’arrampicata che Camp distribuirà ufficialmente in Italia.

Le mie esperienze su roccia non sono state il massimo: dopo un corso ai Gamma nel lontano 2007 e un grande spavento sulla normale del Cinquantenario (unito al fatto che non ho più trovato compagni di arrampicata) ho messo da parte la cosa: insomma non è certo stato amore a prima vista. Con la giornata di oggi, sapevo che non avrei avuto scusanti: in un modo o nell’altro dovevo arrampicare! Le opzioni originarie, stando al programma, erano due: falesia oppure ferrata e io avrei di gran lunga scelto l’opzione due onde evitare di “mettermi in imbarazzo”.

Alle 8.30, tutti riuniti al piazzale della funivia di Bobbio, vengo a sapere che la ferrata è impraticabile, c’è ancora neve. Mi danno uno zaino, personalizzato col mio nome, un imbrago, un caschetto, un paio di scarpette e inizio a capire che la mia passeggiata in falesia s’ha da fare.

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Si parla di una vietta, facile, 4 grado, “se hai già arrampicato te la caverai benissimo!” mi dicono le mie guide, Stefan Glowacz incluso, col quale ho il piacere di parlare un pò in tedesco: “Non ti preoccupare – mi dice sorridente – vedrai che sarà un piacere”.

Così il gruppo si divide, la maggior parte verso la falesia, testimonial compresi. Io, Marco, Francesca (dipendenti della Camp), Massimo e Marino (agenti veneto-friulani del marchio premanese) andiamo verso una “vietta”, come la definiscono e che durante l’avvicinamento mi informano essere la Bramani-Fasana, aperta nel 1925 da Vitale Bramani, inventore del Vibram, e Eugenio Fasana, apritore dell’omonima via in Grignone (informazioni che penso ricorderò a vita!). Tempo a disposizione circa 4 ore, l’appuntamento è alle 13 al rifugi Lecco dove è organizzato il pranzo. Si comincia.

Così partiamo in due cordate: io, Marco e Francesca la prima, Massimo e Marino la seconda. Francesca, vengo a sapere, ha fatto un corso di arrampicata qualche anno fa, dunque come me non è alle primissime armi ma l’autostima non è alle stelle.

Siamo ultra seguite e ultra assicurate, i nostri compagni ci sostengono anche nei momenti più “delicati”, all’attacco della via parte Marco che, appena raggiunta la sosta e autoassicuratosi, urla: “può partire la rossa!”. Guardo la mia corda, poi penso ai miei capelli, rossi ovviamente, e penso: “non posso che essere io!”.
Mi avvicino alla roccia e comincio: la prima parete sembra liscia, non vedo buchi dove incastrare il piede, Massimo mi incoraggia “forza Fräulein (ragazza in tedesco), fai passi troppo lunghi, accorciali e vedrai che ce la fai!”. Seguo il consiglio e vedo finalmente un sasso da afferrare per potermi issarmi (appiglio, si chiama appiglio) mi allungo allo sproposito, lo afferro e con un brivido mi rendo conto che non è affatto stabile, riesco in qualche modo a non farlo staccare e sono fuori dalle difficoltà. Primissimo movimento sulla via, cominciamo bene!. Mi giro verso Francesca che sta per attaccare e la avviso del sasso instabile: “qualunque cosa succeda, non attaccarti lì!”. Non so se per la mia stessa tensione del momento o per la sua concentrazione, fatto sta che non mi sente e d’un tratto sento tirare la corda. Mi giro e la vedo appesa, a due centimetri dal blocco di neve che ostinato permane a inizio via. Sorride, e come me penserà “cominciamo benissimo…”, ed è solo l’inizio!

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Tra scherzi e incoraggiamenti recupera e in tempi ottimali siamo entrambe in sosta con Marco, che dopo averci rassicurate prosegue per il secondo tiro. L’avanzamento procede al meglio, la roccia è stupenda ma anche gelida, il panorama è mozzafiato… e pensare che siamo a soli 20 km da Lecco! Arrivati in cima ci godiamo il meritato riposo al sole, scattiamo una foto ricordo e ci congratuliamo l’un con l’altro (gli uomini con noi per la prestazione e noi con loro per la pazienza nel ‘tirarci su!’).

Ci prepariamo quindi per le calate in doppia: la presenza di neve nel canalone non ci permette di scendere a piedi come inizialmente previsto. Anche questa parte la superiamo senza intoppi grazie all’estrema pazienza dei miei compagni di cordata.

Tornati a terra ci dirigiamo verso il rifugio dove tutti gli altri ci aspettano per il pranzo. Al nostro arrivo veniamo accolte con un applauso e una bottiglia di spumante in un’atmosfera genuina e familiare.

Così, nella maniera più inaspettata e in ottima compagnia ho potuto riapprezzare il piacere dell’arrampicata. L’importante? Riconoscere il proprio limite, avere voglia, divertirsi e ritrovarsi con una bella compagnia.

Non posso che ringraziare ancora una volta la Camp (un grazie lo devo in particolare a Marco, Francesca, Massimo e Marino, miei compagni di cordata sulla Bramani-Fasana) per la splendida giornata e la bella organizzazione a riprova che volontà e passione creano solo cose belle e, in giusta compagnia, ogni ostacolo è superabile. Ed è questo, forse, uno dei segreti Camp.

GALLERIA FOTOGRAFICA DELLA DUE GIORNI PRESS EVENT – Credit Photo C.A.M.P. e Riky Felderer

 

 

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