Ciao Valentino: Amico e anima libera tra le tue montagne

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Valentino Alquà Lorenzo Colombo

All’Amico Valentino.
In questi giorni ho provato e riprovato a trovare le parole per salutarti.
Io, che con le parole ci “gioco” tutti i giorni, non sono riuscito ad inanellarne di belle, di buone, di giuste. Già, giuste, uno dei vocaboli più difficili e complicati da contestualizzare e collocare nel mondo e nella vita. In questi giorni, poi, quando sembra svuotarsi completamente di significato. Una di quelle parole su cui, ne sono sicuro, ci avremmo ricamato una bella chiacchierata, durante un venerdì sera qualunque, comodamente seduti al bar Vitali, sorseggiando birra.

Così, non trovando parole “giuste” mi sono messo a “sfogliare” le pagine dei tuoi social e, non me ne voglia nessuno, ho pensato che per salutarti, ma ancor più per ricordare quel che sei stato, sei e sarai: figlio, fratello, amico, compagno di avventure, uomo… la cosa più bella da fare è lasciare a te la parola.

Accompagnavi spesso le tue foto con qualche pensiero, riflessione, impressione, domanda, che talvolta si declinavano in un colloquio con te stesso, con il mondo, con la vita e, forse, con la tua stessa anima (per chi crede che un’anima ci sia).

Parole che rivelano quel tuo essere un po’ poeta e un po’ filosofo errante tra cime e montagne, immerso nelle quali ti trovavi e ritrovavi.
Beninteso, non solo nella semplice accezione di essere lì, in quel posto, ma di trovare te stesso, Valentino; e ritrovarlo ogniqualvolta la vita, i pensieri, forse le paure, le angosce del “mal de vivre” cercavano di depistarti, di farti perdere.
Tu, lassù, nel candido della neve, era come se ogni volta ritrovassi una pagina bianca da dove poter ricominciare a scrivere i tuoi giorni, i tuoi sogni, il tuo essere Valentino.

E allora, mi perdonerai, se arrivato qui mi taccio, mandando un pensiero e un saluto anche a “Maxi”, altra anima bella che ho avuto modo di conoscere, lasciando a te la parola…
ciao Amico.

“È qui che sono felice, non cercate in me quello che non sono, non aspettatevi reazioni che non avrò mai perché non mi appartengono. Sono più silenzio che parole, più pensiero che azione. Vi posso offrire uno sguardo di stupore di fronte a una sorpresa, non capriole. Non voglio ballare ma ascoltare e lasciarmi trascinare dell’armonia della musica. Non offendetevi se mi distraggo cercando di seguire i fili dei vostri discorsi, semplicemente mi perdo nel vortice dei miei pensieri. Non so essere diverso, sono quello che sono”.


“Una perla rara ormai sciare sui prati dove corriamo, vicino alle rocce che scaliamo. Opportunità che non ci deve sfuggire. Oggi è stata una giornata grandiosa, anima sorridente”.


“Quanto sei bella. Nonostante tutto ciò che ti abbiamo fatto. Hai un’anima divisa tra pareti ed abisso. Quanto è bello vedere così tante persone che ti vengono a trovare, quanto è bello guardarle fare il bagno alla Malpensata anche se non si può. Quanto è bello annotare che questo caldo estremo ti sciolga, fonda il ferro che sta nel tuo DNA. Quanto è bello vedere che ti trasformi, che perdi parte della tua rigidità produttiva, che diventi umana. Lecco la mia città”.


“Svuotare la testa è una delle cose più difficili per me. Pensieri come spirali, sempre uguali a sé stessi. Trascurabili dettagli di vita lavorativa rotolano e si ingigantiscono. Ci vogliono rimedi. Questo è un buon rimedio”.


“L’immagine di una sconfitta. Questo mi ha ricordato il fronte slavato, sudato, quasi stremato del glorioso ghiacciaio dei Forni, visto da vicino. Un’animale fiero e un tempo temuto colto nella sua vulnerabilità, come un orso sedato. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Io non lo farò: mi domando spesso se quello che faccio sulle montagne per mia soddisfazione ed equilibrio mentale non sia tra le cause di tutto ciò. La risposta è sì. Percorrere 300km in auto per placare i miei istinti contribuisce a distruggere ciò che io amo. È un dilemma che non posso risolvere. Nel frattempo, incurante, procedo nella mia ipocrisia”.


“Quando pedali in salita non puoi rallentare troppo oppure perdi l’equilibrio. Proprio come nelle nostre dannate esistenze”.


“Ponte: costruzione che congiunge tra loro due punti fissi sul terreno, divisi da un ostacolo naturale o artificiale: un p. sul Po, sull’autostrada; p. di ferro, di legno, di cemento; p. stradale, ferroviario.
|| Gettare un ponte, fabbricarlo, costruirlo; fig. stabilire un contatto, una relazione.
Abbiamo bisogno di ponti”.


“Il ricordo sbiadisce, come questo scatto, come le sensazioni che si provano in un buco, patendo freddo, senza chiedersi perché, universalmente instabili, pericolanti, eppure sicuri, forti e concentrati. So che per molti è incomprensibile, ma il nostro è un bisogno primario, una necessità, è quell’ingranaggio che aiuta a muovere il resto della nostra esistenza. Quando improvvisamente viene a mancare tutto diviene farraginoso e difficile. Diventiamo goffi, insofferenti, malinconici. Mentre le montagne sono sempre lì ad osservarci”.


“Dare ordine, dimensione, logica ad una libreria è un po’ come cercare di farlo con la propria esistenza. Alla fine non si è mai completamente soddisfatti del risultato, si è sempre pieni di dubbi e ci si chiede in continuazione cosa si voglia mettere dove. Spesso si lascia tutto come sta, immutato e immutabile, regalandosi quel senso di sicurezza misto a noia profonda. Poi arrivano momenti particolari, in cui si è obbligati al cambiamento. Ognuno li affronta secondo la propria indole: qualcuno rade tutto al suolo e ricomincia dalle fondamenta, dalle forme. Altri si limitano a variare la disposizione delle pedine sul proprio scacchiere. Tutte le strade sono percorribili, nessuna migliore, nessuna sbagliata”.


“Luoghi che si traducono in poesie, articolate e mai banali, emozionanti come quattro versi scritti bene, che di solito scordo alla svelta. Ciò che non scordo è quello che mi hanno fatto provare. Mai”.


“I fiocchi di neve hanno tutti la stessa struttura esagonale e la stessa origine, si formano in particolari condizioni di temperatura e umidità ed in presenza di particelle in sospensione, quali polveri e sali. Per il resto sono diversissimi gli uni dagli altri, ne sono stati individuati e catalogati più di 3000. Subiscono trasformazioni continuamente e sono influenzati da moltissimi fattori. Proprio per questo la neve ed il manto nevoso sono elementi estremamente mutevoli. Il loro studio è affascinante così come lo studio delle persone e del loro carattere che a loro volta sono influenzate dall’ambiente e dalle condizioni che le circondano. Affascinante”.


“Oggi era addirittura nell’aria e l’abbiamo respirata. Neve.”


“Aggrappati a poche certezze, instabili e precari verso la meta.”


“Un manipolo di incoscienti che sfida la bufera facendosi coraggio, questo siamo. Ogni volta il nostro legame è più forte e sentiamo il bisogno di starci vicini, condividendo tempo ed esperienze. Amici.”


“Controvento è tutto più difficile. Essere testardi aiuta. Gli obbiettivi si raggiungono anche così”.


“A volte bisognerebbe veramente girare gli sci e tornare indietro. Ma non si riesce, si punta dritti alla metà, pur essendo coscienti che il rischio è lì e ti saluta con la sua manina beffarda. La tua testa lo sa, la paura bussa, ma il tuo corpo non risponde e non si ferma. Predicare bene e razzolare male. Molto male”.


“Sto bene qui, grazie. Non mi va nulla se non questo, sono sazio. Non voglio parlare, sono muto. Non sento la necessità di ascoltarvi. Desidero il silenzio. Assoluto.”


“I luoghi bisogna guardarli dalla parte migliore. Come le persone.”


“Camminare sul bordo. Fare attenzione al vuoto, non scivolare, non inciampare, arrivare in cima, godere di pochi intensi attimi di soddisfazione. Di questo si tratta, in fin dei conti”.


“Coperto di fango dalla testa ai piedi, non sono sporco, sono vivo. Capisco l’immenso piacere e l’eccitazione spasmodica che i bimbi provano a saltare nelle pozzanghere. Sono un bambino”.


“Cuore di pietra.
Ci sono giorni in cui il corpo è troppo stanco e la testa persino di più, rotola giù per il pendio, bisogna andarla a recuperare e chiederle cosa non va e se per cortesia può collaborare un pochino. Niente da fare, rimane costantemente indietro, giù in fondo alla valle in mezzo a quella nebbia spessa e collosa fatta di umido e pensieri. Quello che ci salva, trascinandoci fino in cima è il calore del sole e quell’azzurro magnetico”.


“Le Orobie sono un po’ come alcune persone sensibili. Difficili da avvicinare, schive, non danno confidenza a chiunque, amano la solitudine. La loro asprezza inquieta i più, i loro lati oscuri tengono a distanza. Si tratta solo di insistere, una volta entrati in contatto ti regalano la bellezza e le emozioni che non si trovano ovunque. Amo profondamente le montagne, sono attratto dalle grandi catene, adoro i paesaggi glaciali. Ma la mia casa è qui in mezzo a queste quattro valli che si fanno desiderare e non ti rivelano subito il loro splendore”.


“Dietro le montagne che conosci ci sono sempre altre montagne, e oltre altre ancora. Basta solo immaginarle e fare più fatica per raggiungerle. A volte è un successo. Gioia, esaltazione. Altre è solo frustrazione. Continuerò a cercarle finché ne avrò voglia. Sia questo momento domani, o tra vent’anni. Mi fermerò quando non avrà più senso. Per me.”


“Ne avevo bisogno. Solitudine, adrenalina, bianco, calore. Ognuno si ritrova come può.”