Esattamente 45 anni fa la salita dei lecchesi Casimiro Ferrari, Pino Negri, Mario Conti e Daniele Chiappa
“Miro mi fa, singhiozzando: ‘Hai visto, Ciapìn, che ce l’abbiamo fatta?’ Continuando a piangere recupero Pino”
LECCO – Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri: sono passati esattamente 45 anni, era il 13 gennaio 1974 quando i quattro Ragni di Lecco misero piedi sull’inviolata vetta del Cerro Torre.
Il Cerro Torre nel diario di Daniele Chiappa
“Vado avanti nella nebbia finché non trovo più niente davanti al muso: mi tiro sulla corda e vedo che siamo sul piatto e non più sul verticale. Vedo Miro che viene da me piangendo e mi abbraccia forte. Non riesco bene a capire cosa stia succedendo, non mi rendo conto del valore di tutto questo. Anch’io piango. Miro mi fa, singhiozzando: ‘Hai visto, Ciapìn, che ce l’abbiamo fatta?’ Continuando a piangere recupero Pino. Quando esce ci abbracciamo tutti insieme. Solo ora capisco il vero valore di quello che abbiamo fatto”.
“Vado con Miro al limite della cornice: leghiamo il materiale avanzato alla fine dell’ultima corda fissa e lo buttiamo per circa 20 metri nel vuoto sul versante Est. Così, dice Miro, se qualcuno guarda col cannocchiale vede i chiodo luccicare. Sulla cima piantiamo un chiodo lungo, ci leghiamo le ultime tre scalette metalliche. Imbottiamo tutto di neve e lo copriamo col maglione rosso dei Ragni che Pino s’è tolto per l’occasione. Riempiamo il fantoccio e gli mettiamo in testa un casco. (…) Ci precipitiamo sulla via di discesa”.
Il racconto è preso dal diario del più giovane componente della spedizione, un Daniele Chiappa allora 22enne, da lui scherzosamente ma significativamente intitolato “Le mie prigioni”. Diario riportato nel libro “Ragni di Lecco. 50 anni sulle montagne del mondo” scritto da Alberto Benini.
Una vittoria che arriva dopo due mesi di fatiche e che chiude un conto aperto dal 1958 quando Carlo Mauri, il Bigio, tentò la salita con Walter Bonatti arrivando al punto che fu battezzato Colle della Speranza.
L’idea del Miro per celebrare i cent’anni del Cai
E pensare che l’obiettivo individuato originariamente in occasione del centenario del Cai Lecco (1874 – 1974) era la parete Est del Fitz Roy: “ma Casimiro Ferrari richiama l’attenzione su conto aperto dal 1958 con il Cerro Torre – si legge sul libro di Benini -. Miro riesce a convincere il gruppo del suo progetto e viene nominato capospedizione. Da quel momento si concentra nel tentativo di individuare il passaggio fra gli strapiombi ghiacciati della vetta. (…)”.
“Quando in assemblea viene chiesto chi è disponibile a partire si alzano qualcosa come ventisette mani. E’ naturalmente necessaria una selezione, di cui si incarica una speciale commissione. Alla fine, i prescelti, tutti Ragni, risultano, oltre a Ferrari e Gigi Alippi, che sarà il vice Miro, Pierlorenzo Acquistapace (Canella), Daniele Chiappa, Mario Conti (Zenin), Claudio Corti (Marna), Giuseppe Lafranconi, Pino Negri, Ernesto Panzeri (Panza), Angelino Zoia. Della spedizione fanno parte anche Mimmo Lanzetta, fotografo, ma anche uomo da base (…) e Sandro Liati il dottore del gruppo (…)”.
Bernasconi e Salini, nel 2008 la prima ripetizione italiana della via dei Ragni
“Cumbre! Tutto è andato per il meglio e al di sopra delle nostre aspettative. La logistica, il meteo, la cordata, le condizioni della parete. Martedì 25 novembre Milano Linate, martedì 2 dicembre ore 14.30 siamo in cima al fungo sommitale del Cerro Torre dalla parete Ovest per la via dei Ragni. Sono sette giorni in paradiso, una vera festa!”
Così scrivevano Matteo Bernasconi, Ragno di Villaguardia (Co), e Fabio Salini, valtellinese, nel 2008: partiti dall’Italia il 25 novembre arrivarono in vetta il 2 dicembre. La loro fu anche la 7^ ripetizione (integrale) assoluta in 34 anni e la prima ripetizione italiana della via dei Ragni. I due decisero di intraprendere quest’avventura praticamente all’ultimo momento. “Dopo undici ore di scalata indimenticbile siamo nell’unico posto dove vorremmo essere, in cima al Cerro Torre, che festa! – scrivevano i due -. Il pensiero va ai Ragni e alla loro salita, visionaria per l’epoca, portata al successo nei primi anni Settanta. Chapeau!”
Panzeri e Giarletta: la prima lecchese è del Soccorso Alpino
“Il brutto tempo e le condizioni pessime sono banali scuse per uomini non motivati. Cumbre Cerro Torre!”. E’ il 26 gennaio 2018 e sono queste le prime parole che arrivano a Lecco dalla Patagonia, parole che riempiono di gioia la XIX Delegazione Lariana del Soccorso Alpino. In cima al Grido di Pietra si stanno abbracciando tre volontari del Cnsas e due sono lecchesi: Giovanni “Charlie” Giarletta, 37 anni di Lecco e Manuele Panzeri, 46 anni di Ballabio, con loro c’è Tommaso Sebastiano Lamantia, 35 anni di Varese, anche lui volontario.
Partiti dall’Italia il 29 dicembre 2017 hanno raggiunto la Patagonia con l’obiettivo di conquistare il mitico Cerro Torre ripercorrendo la via aperta dai Ragni di Lecco nel 1974. Sono partiti in punta di piedi, nello zaino un sogno che coltivavano da anni. Lecco è una piccola città e la voce si sparge in fretta: “Sono in tre, due di Lecco e uno di Varese, tutti e tre del Soccorso Alpino. Il ‘Panza’ e ‘Charlie’, se vanno in cima, sono i primi lecchesi a ripetere la via dei Ragni al Torre”. L’entusiasmo è cresciuto piano piano fino ad esplodere”.
Il rientro a Lecco il 12 febbraio ed è subito festa con i compagni del Soccorso Alpino. In quell’occasione raccogliamo le prime impressioni di Giarletta e Panzeri “La cima? E’ stata una liberazione. Il mito della via ha pesato, così come il fatto che fosse la prima ripetizione lecchese. Un sacco di gente ci ha motivati e sostenuti” confessa Giarletta. “Una emozione grandissima. Le lacrime agli occhi c’erano – gli fa eco Panzeri che continua -. A quaranta metri dalla cima ci siamo ritrovati con diverse cordate, eravamo in dodici. Siamo stati tutti insieme su questo terrazzo per quasi otto ore, fortunatamente la giornata era bella e ci siamo anche goduti il panorama, finché uno di noi è riuscito a salire e poi, uno alla volta, siamo andati in cima”.
Una gioia che, soltanto pochi giorni dopo, si è trasformata in un dolore grandissimo: è il primo pomeriggio del 16 febbraio quando si apprende che due alpinisti esperti sono stati travolti da una valanga in un canale della Grignetta. Sono morti due volontari del Soccorso Alpino, uno è proprio Giovanni Giarletta, l’altro è Ezio Artusi, di Introbio, capostazione della Valsassina Valvarrone.