Valerio Corbetta. “Serve passione per vincere” era il motto con cui la società si era presentata in sede di campagna-abbonamenti (peraltro chiusa a livelli da Seconda Categoria, non da seconda serie). Beh, delle due l’una: o la passione è mancata, oppure vincere significa arrivare settimi. O magari, più probabile, si è sbagliato nelle scelte fondamentali. Di uomini, di idee, di gestione.
In un campionato talmente mediocre da far rimpiangere per qualità pure le stagioni tra i dilettanti, compresa l’Eccellenza del disastro post-belardelliano, il Lecco non ha saputo nemmeno conquistare un posto per i play off, obiettivo minimo nella tabella di consolazione dei tifosi blucelesti. I quali, scottati da tre anni di delusioni tra le più cocenti della storia quasi centenaria della società hanno, zoccolo duro a parte, progressivamente abbandonato a se stessa una squadra che ha avuto solo due mesi di fuoco di paglia sul finire dell’anno solare 2010, con le 7 vittorie senza gol al passivo a marcare una rimonta in classifica rivelatasi infine illusoria.
Dal mercato di gennaio ci si attendeva quel salto di qualità necessario per puntare ai primissimi posti e riportare così la squadra laddove l’attuale proprietà l’aveva trovata due estati fa; invece gli innesti in corsa hanno mandato fuori fase un’impalcatura di gioco in quel momento redditizia, anche se quasi mai supportata da spettacolo e capacità di convincere appieno sulla sua durata. Così pian piano c’è stato il ritorno all’anonimato, con risultati via via sempre più deludenti e una tristezza crescente ad accompagnare il finale di stagione tra i fischi della gente, ormai esasperata da tanta pochezza.
In mezzo, poche perle: le prestazioni tra i pali di Durandi (“scoperto” solo dopo l’infortunio di Gadignani), i gol e la dedizione alla causa di Fabbro (bomber del torneo e catalizzatore della manovra per un intero girone, poi offuscatosi con il cambio di modulo ed un evidente calo fisico), le geometrie di Coletto troppo spesso frenato da guai fisici, il lancio di Petri, quello tardivo di Fall e…null’altro. La scelta di seguire sino all’estremo la filosofia “macalliana” dei tre giovani sempre in campo (in cambio arriveranno contributi federali ma non punti in classifica) non ha pagato: gli under van bene se hanno il passo per la categoria, viceversa meglio gente d’esperienza e solidità fisica per guardare in alto. Sempre che lo si voglia fare.
Se così non fosse, meglio dirlo subito. Come in effetti è stato fatto l’estate scorsa: “Sarà una stagione di transizione”, ci era stato detto. E così è stato. Ma per noi tifosi questo non basta e non basterà. E, crediamo, neppure alla storia blu celeste che di glorioso in questi ultimi anni può vantare solo la maglia e lo stadio: due totem inattaccabili.
Di festeggiare il centenario sull’ultimo gradino del calcio professionistico, il Lecco non se lo merita. Lo dice la storia, non noi.
Valerio Corbetta
Portavoce Lecco Channel