Negli scorsi articoli ci eravamo immedesimati nell’atleta che si trova negli spogliatoi e che è vittima dell’ansia pre-gara. Fra poco toccherà a lui e quello che prova è un sensazione di blocco totale a livello psicofisico. C’è poco tempo, spazio e risorse per effettuare un rilassamento completo.
Come dicevamo la prima cosa da fare è concentrarsi sul respiro perchè, come ormai sappiamo, il corretto flusso d’aria nei polmoni permette, da un punto di vista biologico, di ottenere la miglior condizione di salute dell’organismo con beneficio diretto sulle emozioni. Se non abbiamo un orologio con noi per contare i 6 cicli al minuto allora contiamo mentalmente fino a dieci… anzi a centodieci: alcune tecniche di respirazione prevedono che contando senza pause a ritmo normale “centouno-centodue-centotre-centroquattro… etc. sia possibile ottenere una sincronia efficace fra tempo contato e tempo effettivo (prendendo come riferimento l’arco di 10 secondi). Cominciamo l’inspirazione e protraiamola all’incirca per 2/3 secondi, poi espiriamo per il restante tempo fino al raggiungimento dei 10 secondi, infine ricominciamo da capo la procedura (il tutto per circa 2/3 minuti).
La testa dove deve andare a questo punto? Beh, quando non sarà più impegnata a contare mentalmente (e in effetti lo è parecchio, soprattutto nelle prime prove) deve focalizzarsi sui pensieri caratteristici che sono in grado di indurre lo stato emotivo prescelto dall’atleta per eseguire l’attività sportiva. Certamente questa risposta non si può ottenere improvvisando, ma è necessario che sia stato fatto un lavoro a monte sulla:
1) definizione del proprio linguaggio interiore funzionale;
2) scelta delle immagini da visualizzare;
3) comprensione delle sensazioni emotive che si vogliono esperire.
Non si tratta di essere “positivi” e automotivarsi con belle parole e immagini, piuttosto consiste nell’agire in sintonia con la propria modalità di funzionamento: ci sono infatti atleti che riescono a dare il meglio solo attraverso emozioni o azioni prettamente “negative”. Un episodio a riguardo: conosco un allenatore che per spronare un suo giocatore (decisamente lunatico) ha scoperto che se fa scaldare il suo sostituto naturale ecco che quello in campo si trasforma! Il trucco, che si basa paradossalmente sulla sfiducia fra allenatore e ragazzo, di solito funziona, ma ha l’enorme difetto che per restare efficace, ogni tanto lo deve rimpiazzare per davvero, generando non poche problematiche da un punto di vista relazionale! (Ora il sistema è cambiato, per fortuna).
Perciò la domanda è: tu, atleta ansioso in attesa di scendere in campo, sai come funzioni? Ti conosci? La realtà corrisponde alla tua percezione? Sai quali parole e immagini ti generano le emozioni e la concentrazione che vuoi ottenere?
La risposta di solito è “dipende”, o meglio, non sempre ci si riesce e non sempre è consapevole. Molti atleti la sanno per automatismo, al di sotto del livello volontario che come abbiamo visto nei precedenti articoli è invece indispensabile per effettuare delle azioni che assumano un significato cognitivo ed emotivo rilevante.
La preparazione mentale viene in soccorso proprio su quest’aspetto: atleta e psicologo dello sport cercano di creare insieme uno script pre-gara, composto da gesti, pensieri verbalizzati, immagini mentali, emozioni, odori, suoni, etc. che dovrà essere svolto nei minuti antecedenti alla prestazione agonistica.
Non serve andare lontano per vedere quest’approccio nello sport di tutti i giorni, anche i rituali preparatori che possiamo osservare fra i più famosi atleti delle più disparate discipline hanno proprio lo scopo di veicolare la propria mente e generare conferme, proprio come a dire: “ora che sto facendo questi gesti, che faccio sempre e che portano bene, so che sto acquisendo la condizione che voglio”. E’ un esercizio di controllo dell’ambiente esterno, uno spostamento del Locus of Control (nel dubbio rileggetevi l’articolo sull’elemento sfortuna) verso l’interno. Così facendo non è più la gara che sta fuori ed io ci sono dentro, quanto piuttosto sono io che fruisco della gara!
Vi porto come esempio il mio approccio personale: sporadicamente mi diletto a correre in pista, sebbene la paura della velocità mi accompagni sempre. Quando entro nella vettura (agitato) ecco che mi domando: “perchè sei qui oggi?” e nella risposta emergono immagini e sensazioni di guida vissute e fatte mie che si tramutano in una risposta, quasi sempre la stessa: “per lavoro!” 🙂 Scherzo, in realtà mi dico: “l’ho scelto io perchè so che il piacere supera sempre la paura”.
La domanda è banale e la risposta altrettanto, quello che fa la differenza per me è il valore che ho attribuito a quel gesto, che è caratterizzato da una costellazione di percezioni, vissuti, emozioni e sensazioni viscerali.
Ciò è il risultato di una preparazione nel tempo, per mezzo di un allenamento costante e strutturato. Siamo sempre nella metafora del muscolo da allenare attraverso il preparatore atletico, da cui replichiamo lo stesso principio per le facoltà psicologiche.
Non è uno scherzo quando si dice che l’allenamento, nello sport, è davvero tutto!
Dott. Mauro Lucchetta
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