Bersaglio Mobile di Mentana dedica una puntata alla giovane lecchese
“Eluana, una storia italiana”. Il racconto di Peppino Englaro
LECCO – “Una storia terribile per chi l’ha vissuta da vicino e che ha posto tutti, cattolici e laici, credenti di altre fedi religiose e atei, di fronte agli stessi interrogativi: a chi appartiene la vita? Dove finisce la vita? Come finisce la vita e vale la pena proseguire la vita quando non ha più nulla delle attribuzioni normali di una vita cosciente?”.
Enrico Mentana ha introdotto così’, mercoledì sera, lo speciale di “Bersaglio Mobile”, la trasmissione da lui condotta su La 7 e dedicata in questa ultima puntata alla vicenda di Eluana Englaro, a dieci anni dalla sua morte.
“Esattamente 10 anni fa, il 6 febbraio 2009, la Repubblica Italiana viveva una delle giornate più convulse e per fortuna irripetibili” ha proseguito il giornalista ricordando la cornice politica dell’epoca, con il Governo Berlusconi in carica che provò con un decreto ad imporre l’alimentazione forzata, un decreto che il presidente Napolitano si rifiutò di firmare.
Il governo ripropose il provvedimento come testo di legge urgente, da approvare in 72 ore, “le stesse – ha ricordato Mentana – che distavano, la sorte ha voluto questo, proprio dalla morte di Eluana”.
La giovane lecchese si è spenta il 9 febbraio nella clinica di Udine dove era stata trasferita da Lecco, dopo 17 anni di coma vegetativo.
“E’ stata la battaglia di una famiglia, soprattutto di un padre – ha proseguito Mentana – di associazioni che gli si sono avvicinate e di chi ha creduto di fare la battaglia opposta, per la vita”.
Peppino Englaro era in studio, insieme al direttore del TG La7, per raccontare quella vicenda e ricordare la figlia scomparsa, la sua storia fino a quel tragico incidente: gli studi in giurisprudenza, l’amore per i viaggi e per la sua famiglia.
“E’ stato straziante – ha raccontato – la battaglia dei diritti va fatta. Eluana non avrebbe mai concepito che qualcuno potesse disporre della sua vita senza dialogare con lei. Noi ci siamo fatti suoi portavoce ma abbiamo trovato una situazione culturale nella società che ci ha privato questo dialogo”.