LECCO – La prima tappa è già stata calendarizzata: entro fine marzo sarà infatti presentato ufficialmente il progetto preliminare per la realizzazione da parte di Silea SpA del teleriscaldamento, che andrà ad interessare i comuni di Valmadrera, Malgrate, Civate e buona parte di Lecco. Un progetto importante, verso il quale la società partecipata da tutti i comuni della provincia di Lecco (oltre a Lasnigo e Pusiano) sta indirizzando significativi impegni sotto il profilo delle risorse economiche aziendali. A spiegarne ragioni e benefici è stato l’amministratore unico di Silea Spa, Mauro Colombo.
“Siamo certi che il teleriscaldamento segnerà un punto di svolta per la nostra Società, oltre a rappresentare un’opportunità dalle notevoli ricadute positive per il nostro territorio. E lo diciamo con chiarezza e senza incertezze, forti di dati oggettivi, nonostante vi sia chi lo mette in dubbio, demonizzando per partito preso tutto ciò che deriva dall’utilizzo di un termovalorizzatore“ ha annunciato Mauro Colombo, amministratore unico di Silea Spa.
Il progetto è stato reso possibile dalla recente autorizzazione concessa da parte della Regione a Silea ad utilizzare il proprio termovalorizzatore al massimo carico termico: “Ritengo che non possiamo, come territorio, farci scappare questa occasione, per la quale abbiamo atteso anni. – ha continuato – E voglio subito sgomberare il campo da ogni preoccupazione di tipo ambientale e di sicurezza della salute della popolazione. Il nostro termovalorizzatore è stato progettato e costruito proprio per poter lavorare al massimo carico termico. Costantemente vengono monitorati i valori delle emissioni di fumi e polveri nell’aria, disponibili sul nostro sito, e sono ben al di sotto dei limiti di legge. I severi controlli a cui i nostri impianti sono sottoposti costituiscono un’ulteriore garanzia. L’attenzione all’ambiente e alla salute dei cittadini è del resto al primo posto nella policy aziendale”.
Ma quali sono, nel concreto, i benefici del teleriscaldamento? “Sono davvero numerosi” ha spiegato Colombo “In termini ambientali vi è un miglioramento della qualità complessiva dell’aria nell’area di influenza dell’impianto, oltre ad una riduzione delle emissioni dovute allo spegnimento delle caldaie a combustione tradizionale. Cresce anche il livello complessivo di sicurezza, dovuto all’eliminazione dei rischi connessi all’attività delle caldaie: dall’incendio alla intossicazione da monossido di carbonio. Infine vi è un incremento dell’efficienza energetica del nostro impianto che, grazie al teleriscaldamento, può raggiungere un indice di efficienza superiore ai parametri indicati dalla Commissione europea”.
Anche a livello economico i vantaggi sono concreti: “In primo luogo si eliminano per gli utenti tutti quei costi legati alla manutenzione periodica delle caldaie tradizionali, vengono realizzate presso le utenze i nuovi scambiatori (senza alcun costo per il cittadino). Inoltre in media una famiglia risparmia circa il 15% rispetto al costo per la fornitura di riscaldamento fornito da impianti alimentati a gas naturale. Senza contare che, in base ai dati di mercato, le abitazioni servite da teleriscaldamento hanno beneficiato di un’importante rivalutazione in termini economici”.
Circa la critica mossa all’impianto inceneritore per questo progetto, che vedrebbe aumentare contemporaneamente investimenti e rifiuti da bruciare, Colombo resta fermo: “Una critica miope, che non tiene conto né dei benefici già descritti, né delle garanzie già esposte. E poi vi sono due ulteriori considerazioni di base che vanno fatte. In primo luogo l’utilizzo del termovalorizzatore non è alternativo all’attività di raccolta differenziata, ma complementare ad essa. In questi anni ci siamo impegnati per sensibilizzare la popolazione a differenziare i rifiuti prodotti e, con i nostri impianti di Annone Brianza per il compostaggio e di Verderio, gestito dalla nostra controllata Seruso, per la selezione degli imballaggi riciclabili e recuperabili, abbiamo ottenuto significativi risultati”.
A testimonianza di ciò una recente ricerca dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e Federambiente, dalla quale emerge che l’Italia, a livello impiantistico, è in linea con le realtà europee più avanzate sia per le tecniche adottate che per le prestazioni ambientali conseguite, ma anche che i Paesi che fanno maggior uso dell’incenerimento sono anche quelli in cui più elevate sono le percentuali di riciclaggio registrate: è il caso della Germania, dove a fronte di un 35% di rifiuti inceneriti, si ha il 65% di rifiuti avviati al riciclaggio, o dei Paesi Bassi, dove ad una percentuale di incenerimento del 49% si accompagna una percentuale di riciclaggio del 50%. “Il territorio lecchese, grazie all’attività di Silea, è perfettamente in linea con questi esempi virtuosi. Nel 2012, a fronte di una percentuale del 45% di rifiuti inceneriti, si ha avuto il 22% di rifiuti destinati al compostaggio e il 32% al riciclaggio, con solo l’1% di rifiuti mandati in discarica” ha concluso Colombo.
Proprio la discarica rappresenta infatti la sola alternativa al termovalorizzatore: “Un’ alternativa che ritengo non debba nemmeno essere presa in considerazione, per le gravi ricadute a livello ambientale che si determinerebbero, oltre che perché causerebbe una riduzione dei benefici della raccolta differenziata e non consentirebbe alcun recupero energetico che invece il termovalorizzatore assicura”.
Sul tema del recupero Colombo ha poi detto: “In una recente intervista, il presidente del Consorzio Plastica Corepla, Giorgio Quagliuolo, sottolineava come, nonostante gli importanti progetti di ricerca avviati per recuperare sempre più frazioni di materiale, si arriva ad un riciclo del 50% di tutta la plastica raccolta, mentre il restante 50% deve essere termovalorizzato. Ciò perché, come spiegava, il sistema impone la raccolta anche di frazioni non riciclabili per motivi tecnici vari, che devono successivamente essere inviate a recupero energetico, con inevitabili costi aggiuntivi. È un dato, questo, che va conosciuto e che deve far riflettere chi conduce battaglie all’insegna della pura demagogia. Meglio, forse, sarebbe procedere alla sola raccolta della plastica che si può ricollocare sul mercato, inviando il resto direttamente alla termovalorizzazione fino a che non si troveranno nuovi “sbocchi” atti a riutilizzare i polimeri plastici, anche perché non vi è convenienza né sotto il profilo economico, della manodopera inutilmente impiegata, né sotto il profilo ambientale, a cominciare dai viaggi dei mezzi che devono portare avanti e indietro questa plastica che non ha possibilità di recupero diversa da quella di essere termovalorizzata e quindi recuperando energia elettrica e domani energia termica”.