LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:
Il 25 Aprile 1937, ottantanni fa, moriva sulle nevi dei Piani di Bobbio a soli 19 anni Gianni Rusconi, figlio di Giuseppina Carzaniga e di Gabriele, fondatore della Metallurgica Rusconi di Rancio, in seguito divenuta Fratelli Rusconi di Gabriele, quando i figli Carlo e Camillo la gestirono e svilupparono nel dopoguerra.
In famiglia c’è sempre stata una grande passione per la montagna in generale e per lo sci in particolare. Carlo era stato giudice di gara e dirigente della FISI, Millo più volte dirigente sia dello Sci Club Lecco che del CAI Lecco. Entrambi i rami della mia famiglia, i Rusconi di Rancio (Industria Metallurgica) e i Bodega di Lecco (prodotti caseari e affini) hanno sempre avversato il fascismo, pagando pesantemente con le loro attività commerciali l’aver rifiutato la tessera del fascio, che voleva dire difficoltà negli approvvigionamenti di materie prime ed ostacoli alla commercializzazione dei loro prodotti.
Da piccolo mi affascinavano i racconti dello zio Gianni (Bodega) e della nonna Rita che durante la guerra avevano fatto della loro “casera” di Ballabio un rifugio per gli alleati soprattutto inglesi e americani in quanto la nonna, nata a Londra, parlava correttamente l’inglese. Lo zio Gianni, che all’epoca della guerra partigiana aveva 17/18 anni, insieme agli amici Gianfranco Anghileri, Rinaldo Tagliaferri e ai fratelli Bartesaghi, aiutava i partigiani ricercati a mettersi in salvo negli anfratti del Monte Due Mani, sopra Ballabio, passando per cunicoli e grotte che hanno sempre destato in me un fascino enorme di avventura.
Così come in famiglia hanno sempre avversato il fascismo, non hanno mai celebrato l’antifascismo, per molti anni monopolizzato dai partigiani comunisti. Nella mia infanzia, il 25 Aprile veniva ricordato come la data destinata alle Prime Comunioni, probabilmente una data scelta appositamente dalle gerarchie religiose per bilanciare la politicizzazione che aveva assunto la festa della resistenza.
Da piccolo pensavo scioccamente che lo zio Gianni Rusconi fosse morto sulla neve il 25 Aprile perché giornata di festa legata alla Liberazione. Più tardi mi sono accorto che nel 1937 l’Italia non era neppure entrata in guerra e che il 25 aprile del 1937 era una Domenica l’unica giornata a disposizione per gli appassionati di sci e montagna per compiere le loro escursioni. La zia Annalisa allora tredicenne, sorella minore di Gianni, ricorda la discussione in famiglia con i genitori riluttanti a concedere il permesso per la giornata in montagna, e i fratelli a insistere che sarebbe stata l’ultima volta nella stagione, perché ormai la neve era alla fine.
Come ricorda l’articolo pubblicato su “Lo Scarpone”, la celebre rivista del CAI, quello di Gianni Rusconi è stato probabilmente il primo incidente sciistico che si possa annoverare, almeno dalle nostre parti. E’ strano che non sia stato ricordato tra le numerose targhe che commemorano i tanti, troppi lecchesi deceduti sulle nostre montagne. Penso ad esempio al bellissimo libro creato da Dino Piazza in vetta alla Grignetta o alla chiesetta votiva di Costa, sotto il rifugio Stoppani. Allora non esisteva il Soccorso Alpino, anche se Riccardo Cassin – amico di famiglia – fu tra i primi a raggiungere il luogo dell’incidente e a calarsi nel buco carsico sul Pizzo Orscellera” (il Puiatt) dove cadde lo zio Gianni, ingannato dalla neve che lo nascondeva, e trovandolo ancora in vita.
La famiglia Rusconi fece costruire una cappelletta, progettata da Annamaria Rusconi architetto e sorella minore di Gianni, proprio di fronte al Rifugio Vittorio Ratti anche lui morto il 25 aprile 1945, otto anni dopo e in circostanze ben diverse, ucciso in piazza Garibaldi dal piombo di un cecchino fascista. La Cappelletta, donata dalla famiglia Rusconi al CAI Lecco, ha seguito le sorti del Rifugio Ratti finendo nella disponibilità della proprietà attuale del rinnovato Rifugio Ratti-Cassin. Qualche anno fa avrei desiderato commemorare insieme i 70 anni della morte di Vittorio Ratti e i 78 dello zio Gianni Rusconi, con una Messa nella Cappelletta ai Piani di Bobbio. Purtroppo l’evoluzione climatica non porta più quelle belle abbondanze di neve alla fine di Aprile, così come doveva essere stato quel 25 aprile del 1937. Gli impianti di risalita erano chiusi e non è stato possibile celebrare la ricorrenza come avrei desiderato: con le zie Annalisa e Annamaria Rusconi, gemelle di 94 anni, ancora in splendida salute.
Giorgio Rusconi