Robi Chiappa va in “pensione”: “Il Soccorso Alpino è stato la mia vita”

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Roberto Chiappa, per 51 anni volontario del Soccorso Alpino

 

PIANI RESINELLI – 51 anni trascorsi nel Soccorso Alpino, in quel Soccorso Alpino che prese vita anche grazie a lui, agli inizi degli Anni ’60.
“Per me è tutto. E’ la mia vita”.  Sintetico nel dire, pratico nel fare. Roberto Chiappa è sempre stato così e lo è stato anche venerdì sera quando, i colleghi volontari del Soccorso Alpino della Stazione di Lecco (XIX Delegazione Lariana) guidata da Giuseppe Rocchi, lo hanno dovuto “pensionare” per sopraggiunti limiti di età, come da regolamento. Per l’occasione gli hanno consegnato una cornice con una sua grande foto e, regalo ancor più prezioso, l’attestato di Socio Emerito del CNSAS (richiesto e concesso dal presidente nazionale).

Poche parole per ringraziare tutti: “Lo sapevo che un giorno o l’altro questo momento sarebbe arrivato – ha detto davanti ai compagni di sempre – Quel momento è oggi. Vi ringrazio e vi auguro di andare avanti così e di tenere duro, perché il soccorso alpino ha bisogno di gente ‘dura’ “.

Un colonna portante ma anche un esempio per molti. La vita di Robi Chiappa è legata a doppio filo a quella del CNSAS, vissuto nell’anima e nel cuore insieme al fratello Daniele, altro ‘gigante’ del Soccorso scomparso nel 2008 a soli 56 anni.

Roberto Chiappa riceve l’attestato di Socio Emerito del CNSAS

 

“Finisce una storia. Non nascondo che mi dispiace. Ci ho creduto tanto, ho lavorato sodo anche con mio fratello – racconta Roberto – Con lui abbiamo ideato e costruito molti attrezzi utili nelle operazioni di soccorso, modificandoli, innovandoli, cercando di trovare sempre nuove soluzioni, ogni volta sempre più pratiche e sicure. Oggi è arrivato il momento di farsi da parte. Certo, posso dire di avere dalla mia molta esperienza, ma ad un certo punto capisci che non riesci più a tenere il passo dei giovani, quindi è giusto che ci sia la parola fine. La vita è anche questa”.

Davvero difficile sfogliare a ritroso il gigantesco libro dei ricordi, che inizia nei primi Anni ’60 quando a fare soccorso era un gruppo di alpinisti lecchesi, i quali all’occorrenza partivano: Grignetta, Grignone, Resegone…

Il capostazione di Lecco, Giuseppe Rocchi consegna a nome di tutti i volontari del Soccorso la cornice a Roberto Chiappa con la sua gigantografia

 

“Al momento del bisogno si faceva la conta dei presenti e si andava, armati solo di una barella stile militare – ricorda Chiappa – Si raggiungeva il ferito o il morto e lo si portava a valle. Uno dei primi soccorsi fu nel ’65, ci chiamarono per andare sopra Dongo dove una valanga aveva travolto due finanzieri e il loro cane. Eravamo partiti insieme a Riccardo Cassin, Annibale Zucchi e altri. Quando salimmo, vedemmo la zona della valanga e a tutti fu chiara una cosa: inutile cercarli, i corpi si sarebbero ritrovati solo in primavera con lo scioglimento della neve. Quello fu uno dei primi interventi, poi ne seguirono tantissimi e iniziai a coinvolgere anche mio fratello. Ricordo che mi chiamavano di notte, perché sapevano che chiamando me arrivavamo in due… Tra i tanti effettuati ricordo bene quello in Segantini. Andammo a prendere un ragazzo ferito, era inverno, quando tornammo rischiammo per ben due volte di essere travolti da una valanga. Altri tempi”.

La svolta per il Soccorso Alpino, strutturato come lo conosciamo oggi, avvenne in occasione di una grande tragedia quella dell‘ottobre 1987, quando un aereo Atr 42, decollato da Linate con a bordo 32 passeggeri e tre membri dell’equipaggio, si schiantò su un pendio della Conca di Crezzo.
“In quell’occasione capimmo che mancava un centro operativo. Al Bione, dove avevano installato un quartier generale, c’erano militari, uomini della Protezione Civile, diversi elicotteri, ma mancava un vero e proprio coordinamento. Fu da allora che Daniele e Gian Attilio Beltrami in primis lavorarono alacremente per riuscire a dare vita a quello che ancor oggi è il Centro Operativo del Bione. Da quel giorno vennero compiuti passi da gigante. Arrivarono anche i soldi e, inevitabilmente, qualcosa è cambiato, ma questo vale in tutti gli ambiti. Poi è arrivata la tecnologia: radio, telefoni ed elicotteri che oggi consentono di intervenire in modo rapido e sicuro a beneficio del ferito. Altri tempi se paragonati a quando a dare l’allarme erano gli escursionisti che scendevano dalla Grigna, avvisandoci che qualcuno era caduto al Fungo. A quel punto si prendevano gli zaini e si guadagnava la zona a piedi. Pioggia, grandine, neve, temporali: si andava comunque. Molte volte abbiamo rischiato parecchio. Una volta sul posto e individuato il ferito lo si imbarellava e lo si portava a valle. Non nascondo che qualcuno è arrivato a valle in condizioni peggiori di come l’avevamo trovato”, sorride Chiappa.

Già, altri tempi quelli in cui, si chiedeva: “Chi c’è alla calata?”.
“I Chiappa!”.
“Alura l’è tot a post” (allora è tutto a posto).
Cambiano i tempi, cambiano le tecnologie, gli strumenti… cambiano gli uomini.
“E’ la vita”, ha ben detto Robi Chiappa, ma l’anima che muove questi angeli della montagna è rimasta sempre la stessa: ieri come oggi.