Testamento biologico. In tanti alla serata dibattito del Centro Manzoni

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LECCO – La solitudine, e perché no, l’angoscia del malato (ma pure dei suoi famigliari) chiamato a decidere anche per il futuro a quali terapie e a quali cure sottoporsi, dopo che la nuova legge sul testamento biologico ha messo completamente nelle sue mani questa scelta, attribuendo al medico il solo obbligo di rispettarla; dall’altra parte l’abbraccio della famiglia e la solidarietà degli amici di chi vive in stato vegetativo, tutti sfidati a riscoprire il valore di un’esistenza apparentemente senza significato, ma anche della propria, e insieme arricchiti da rapporti interpersonali completamente rivoluzionati dalla nuova condizione del loro caro.

Sono le due facce della stessa medaglia così come emerso nel partecipatissimo dibattito “Come posso io non celebrarti vita”, svoltosi giovedì 1 febbraio presso la Sala Don Ticozzi di Lecco – finiti i posti a sedere, decine e decine di persone hanno seguito in piedi le due ore dell’incontro – per iniziativa del Centro culturale Alessandro Manzoni, e che ha visto la partecipazione del magistrato Claudio Galoppi, membro del Consiglio superiore della magistratura, del dottor Giovanni Battista Guizzetti, medico responsabile del reparto stati vegetativi presso il Centro Don Orione di Bergamo, e di Anna Anghileri, moglie di Gianni Micheli, l’ex amministratore comunale lecchese impegnato sui più diversi fronti sociali che da poco meno di 11 anni vive in quello che viene definito stato di veglia non responsiva.

Proprio Anna Micheli – nella sua testimonianza commovente e insieme lontanissima da un qualsiasi cedimento sentimentale – ha raccontato lo stravolgimento della propria vita e di quella della sua famiglia quando il marito “ha cambiato la modalità della sua esistenza”, come l’ha definita: “Quell’evento personalmente mi ha come scorticata viva, messa in ginocchio, svuotato, tolto le sicurezze, resa mendicante – ha aggiunto -. Si è svuotati completamente di energia, ma si sperimenta che se ti abbandoni, il Signore ti conduce… Fai esperienza tangibile della famiglia, della potenza del legame dei figli ai genitori che sentono il tutt’uno che c’è tra padre e madre. L’esperienza dell’abbraccio stretto dei figli come non si sarebbe mai potuto immaginare, la condivisione amorosa e solidale della famiglia, degli amici, degli amici dei figli”.

Una vita completamente rinnovata, nonostante il dolore e la sofferenza, e non solo per Anna Micheli, che ha raccontato dell’amicizia e dei rapporti con i parenti di persone in condizioni identiche a quelle del marito, e dell’impegno – a livello di gruppi e di associazioni – perché il problema dell’assistenza a chi vive in stato vegetativo sia supportato e condiviso anche dagli enti pubblici e dalle strutture sanitarie, oltre che dall’opinione pubblica.

La nuova legge sul testamento biologico – che introduce le Dat, Dichiarazioni anticipate di trattamento – sembra e probabilmente è lontanissima da queste esperienze, ha a sua volta raccontato il dottor Guizzetti, che ha lanciato provocatoriamente una domanda: chi giudica se una vita non merita di essere vissuta, soprattutto se è misteriosa quale quella delle persone in stato di veglia non responsiva? E ha raccontato, Guizzetti, anche dei casi – pur rari – di persone che hanno comunque ritrovato livelli di coscienza inimmaginabili, mentre la possibilità di errore nella diagnosi di questi casi supera addirittura il 40%.

Ora la nuova legge, entrata in vigore il 31 gennaio, pare ignorare queste esperienze umane e sanitarie. Privilegiando il valore del diritto alla libertà rispetto al diritto alla vita, considerata “bene non disponibile” a chiunque – ha dal canto suo sottolineato il magistrato Claudio Galoppi -, e dunque privilegiando il diritto personale di scegliere a che cure sottoporsi rispetto all’obbligo di tutelare comunque la vita, si introduce una netta contraddizione nel nostro sistema giuridico e costituzionale. Una scelta normativa ma soprattutto culturale che è rivoluzionaria anche nel rapporto medico-malato, che vede il secondo diventare centrale in ogni decisione anche terapeutica, mentre il medico, in posizione subalterna, ha il solo obbligo di rispettare la scelta del paziente. Un’alleanza, quella medico-paziente, che viene così cambiata in modo dirompente, e trasformata in una sorta di contratto dove è perso il valore dell’interazione tra le due parti. Così come resta apertissimo il problema – rimarcato dai tre intervenuti – dell’alimentazione e dell’idratazione espressamente definite dalla legge “trattamenti sanitari”, dunque suscettibili di essere decisi dal paziente: una porta aperta verso l’eutanasia. Che peraltro, ha precisato Guizzetti, in casi rarissimi viene chiesta dai malati, come attestato da numerose ricerche e dalle esperienze sul campo.

Tantissima carne al fuoco, nel corso dell’incontro, per temi che non potranno non essere ulteriormente approfonditi: “Dal canto nostro – spiega il presidente del Centro Culturale Alessandro Manzoni, Gianluca Bezzi – abbiamo voluto offrire un contributo importante nella conoscenza della nuova legge e anche delle sue contraddizioni. Una legge approvata frettolosamente, con non pochi aspetti negativi e discutibili. In primo piano resta la sfida del significato della vita, e del suo valore assoluto: occorre partire da lì, vera chiave di lettura per le scelte politiche e giuridiche ma anche personali”.

Il Centro culturale Manzoni propone ora un nuovo incontro di altissimo livello, in programma giovedì 22 febbraio (ore 21, Casa dell’Economia – Camera di Commercio di Lecco): sotto il titolo “Il cristiano nel disorientamento del mondo” interverrà padre Mauro-Giuseppe Lepori, abate generale dell’Ordine cistercense, che dialogherà col professor Romeo Astorri.