Ecco come stanno le aziende lecchesi

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Giovanni Maggi
Giovanni Maggi

Nei giorni scorsi si è conclusa la rilevazione della nuova edizione dell’Osservatorio rapido congiunto di Confindustria Lecco e Confindustria Como relativo al mese di maggio.

Gli indicatori monitorati confermano i dati già rilevati durante la precedente Indagine di aprile, senza particolari elementi di positività o criticità.

Per le aziende nel loro complesso i giudizi prevalenti sono improntati alla stabilità, con domanda ed attività produttiva che continuano a rivelare lievi propensioni di crescita. L’export mantiene il ruolo di elemento propulsore del mercato e l’andamento della produzione media si stabilizza al 75% di quella totale.

Continuano a persistere elementi frenanti come una limitata visibilità, alcune situazioni di insolvenza da parte dei clienti e oscillazioni dei prezzi delle materie prime; tuttavia, le aspettative degli imprenditori per le prossime settimane sono fiduciose e improntate al miglioramento.

In linea generale dobbiamo dire che i ritmi di crescita registrati sono rallentati dalla presenza di alcuni ostacoli – commenta il presidente di Confindustria Lecco, Giovanni Maggi. Tuttavia le previsioni per i prossimi mesi restano positive, in linea con i dati nazionali diffusi dal Centro Studi di Confindustria”.

 GLI ORDINI

Il campione delle due province esprime una situazione positiva, dove i giudizi che indicano crescita continuano a superare quelli indicanti una diminuzione. In particolare i dati registrano un aumento nel 31% dei casi (il 30% ad aprile), stabilità per il 48% (il 47% in precedenza) e una contrazione nel 21% (il 23% nella scorsa edizione). Esaminando la provenienza geografica degli ordini, il mercato interno conferma una fase di sostanziale stabilità, indicata dal 52% del campione (56% ad aprile); mentre il 26% indica una crescita e il 22% una diminuzione (entrambi al 22% in precedenza).

Le esportazioni esprimono un saldo positivo con una crescita indicata dal 27% del campione, stabilità per il 52% delle risposte e diminuzione per il restante 21%. Per la prima volta da inizio anno i dati registrano una contrazione del gap tra giudizi positivi (scesi al 27% dal 39% di aprile) e quelli negativi (in aumento fino all’attuale 21% contro il precedente 18%).

Nella provincia di Lecco il quadro si rivela più favorevole, con una maggiore incidenza dei giudizi improntati alla crescita. Il 29% del campione esprime un aumento della domanda, il 52% stabilità e solo il 19% una tendenza alla riduzione.

Mentre la domanda interna mostra qualche segnale di stagnazione per le imprese lecchesi dove la crescita è indicata nel 19% dei casi e la diminuzione nel 21% – commenta il direttore di Confindustria Lecco Giulio Sirtoricontinua ad essere trainante la situazione all’estero, dove la domanda cresce nel 31% dei casi, quasi il doppio di quelli dove gli ordini si rivelano in contrazione, pari al 16%. Questo ci mostra anche l’importanza di continuare sulla strada che abbiamo intrapreso di ulteriore rafforzamento dei nostri servizi dedicati all’internazionalizzazione delle imprese”. 

LA PRODUZIONE

Per entrambe le province la produzione conferma un andamento positivo, anche se i dati esprimono contestualmente un rallentamento del ritmo di crescita. Il 59% del campione comunica il permanere dei livelli produttivi di aprile, il 16% una diminuzione, mentre il 28% esprime un aumento. Nonostante il gap tra i giudizi sia favorevole, i dati della scorsa edizione dell’osservatorio rapido lo erano di più (il 39% indicava crescita e il 14% una contrazione). In media le imprese rivelano di utilizzare il 75% della capacità produttiva effettiva, in linea con il dato di aprile (76%).

A livello lecchese lo scenario dell’attività produttiva evidenzia una generale stabilità (71%) sui livelli dello scorso mese con una propensione alla crescita  (18%) più elevata rispetto alla diminuzione (11%).

L’utilizzo medio degli impianti produttivi si attesta al 76% della capacità totale, confermando, anche in questo caso, il dato della precedente edizione.

LE PREVISIONI

Le imprese di entrambi i territori esprimono aspettative favorevoli per le prossime settimane con un terzo del campione che comunica una crescita (il 33%, in aumento rispetto al 28% di aprile). Il 52% prevede una situazione immutata mentre le ipotesi di una nuova contrazione risultano limitate al 15%.

L’orizzonte di visibilità delle imprese inizia ad estendersi: nonostante la metà delle imprese comunichi di avere poche settimane sulla previsione degli ordini, è in crescita (al 44%) il numero di chi comunica una visibilità di qualche mese. In otto casi su dieci l’orizzonte di visibilità risulta in linea con il tempo medio di evasione degli ordini, mentre solo nel 3% le imprese possono lavorare con un’ampia visibilità sulla programmazione della produzione.

“Lo scenario generale è sostanzialmente confermato anche per il territorio lecchese nel quale la visibilità viene garantita per poche settimane, nel 43% dei casi o per qualche mese, nel 48% – commenta il presidente di Confindustria Lecco, Maggi . Nel 78% dei casi, in linea con quanto rilevato a livello generale, la visibilità risulta in linea con i tempi medi di evasione degli ordini mentre per 4 imprese su 100 la visibilità risulta ampiamente superiore. Si conferma quindi un clima di crescente fiducia da parte degli imprenditori, che stanno lavorando per agganciare la ripresa”.

 

LE MATERIE PRIME

Sul versante delle materie prime, uno degli elementi di maggior criticità per le imprese, i dati non esprimono punti di svolta rilevanti. Il 39% delle imprese di entrambe le province indica di aver subito ulteriori aumenti nel prezzo delle forniture, mentre il 62% ha visto sostanzialmente congelati i livelli dei prezzi, comunque alti, dello scorso aprile. Oltre un’impresa su tre comunica anche difficoltà nell’ottenimento delle forniture richieste. Tra le azioni attuate dalle imprese per far fronte al caro prezzi, predominanti sono state l’innalzamento delle scorte (31%) e acquisti spot (53%). 

Le imprese di Lecco condividono il quadro delineato, con il 41% dei soggetti che ha continuato a registrare aumenti sul costo delle forniture a maggio. Un’impresa su tre ha registrato problemi nell’approvvigionamento e, anche in questo caso, tra le misure intraprese per contrastare l’aumento dei prezzi la scelta è ricaduta su acquisti spot (49%) e aumento delle scorte (34%).

“Per un territorio come il nostro – commenta ancora il presidente Giovanni Maggi – dove è molto importante la presenza di aziende trasformatrici, ovviamente il costo delle materie prime incide in modo molto significativo e rappresenta quindi un elemento critico rispetto al quale abbiamo poche armi strategiche di difesa” 

LA SOLVIBILITA’

A livello generale, ma lo stesso scenario si configura anche nel lecchese, il 62% delle imprese comunica l’esistenza di situazioni di difficoltà di pagamento da parte dei clienti. Per tali casi di insolvenza viene rilevata una dinamica negativa: un’impresa su tre esprime un aumento dei ritardi per contro solo per un’impresa su dieci la situazione è migliorata.

I RAPPORTI CON GLI ISTITUTI DI CREDITO

Le imprese indicano situazioni di generale stabilità nei rapporti con gli istituti di credito, sia a livello congiunto che nello specifico del territorio lecchese. L’ 82% del campione comunica il permanere delle condizioni precedentemente praticate e solo il 4% condizioni migliori. Si attesta al 14%, per contro, la percentuale di soggetti che  rivelano condizioni meno vantaggiose rispetto a quanto praticato in precedenza.

“Come Confindustria Lecco abbiamo voluto istituire i Tavoli permanenti di confronto con gli Istituti di credito del territorio – sottolinea il presidente Maggi. Si tratta di momenti di confronto che nel periodo che della crisi si sono dimostrati fondamentali e ai quali intendiamo dare continuità e consolidare, perché sappiamo che imprese e Istituti di credito sono strettamente legati fra di loro”.

L’OCCUPAZIONE

Lo scenario occupazionale delle due province evidenzia livelli complessivamente stabili, più favorevoli rispetto alle previsioni formulate ad aprile. L’86% del campione comunica il mantenimento dei livelli mentre i giudizi di crescita e diminuzione (entrambi attestati al 7%) tendono a bilanciarsi.

Nella provincia di Lecco, l’andamento occupazionale conferma sostanzialmente il quadro generale sinora descritto. Valutando il fenomeno anche dal punto di vista della dinamica dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali, ad aprile 2011 il ricorso alla cassa integrazione ordinaria delle imprese di Confindustria Lecco, in termini di dipendenti mediamente coinvolti, si è ridotto del 34% rispetto ai livelli 2010; parallelamente l’utilizzo delle forme di CIGS, cassa in deroga e contratti di solidarietà risulta del 13% inferiore al dato dello scorso anno. Considerando i dipendenti coinvolti “a zero ore”, il ricorso alla CIGO è diminuito del 69% rispetto ai livelli 2010 a fronte di una crescita del 5% delle forme di CIGS, cassa in deroga e contratti di solidarietà. “Oltre a tenere monitorato questo aspetto – afferma il direttore di Confindustria Lecco, Giulio Sirtoriabbiamo sempre ritenuto importante mettere in atto strategie per la salvaguardia delle competenze diffuse sul territorio, vero e proprio patrimonio del sistema produttivo. Molti i progetti che abbiamo dedicato a questo aspetto, fra i quali la promozione della formazione tecnica e la partecipazione attiva al consorzio ECOLE”.

I SETTORI MERCEOLOGICI

I dati a disposizione per le due province consentono di fare rilevazioni distinte per le aziende metalmeccaniche e quelle di altri settori. Per tutte la dinamica degli ordini rimane pressoché invariata rispetto al mese precedente. Da segnalare, per le aziende diverse dal metalmeccanico, un rafforzamento del mercato interno e una frenata della domanda proveniente dall’estero dopo l’exploit del mese precedente (si è passati dal circa il 60% a poco più del 25% di aziende che indicano un aumento in tal senso).

Le aziende metalmeccaniche continuano a segnalare un’attività produttiva in aumento (22%), questa volta inferiore rispetto al dato delle imprese degli altri settori (28%), mentre non varia la situazione circa la saturazione degli impianti, con un dato sull’utilizzo degli stessi che risulta pari all’80% per le prime e al 67% per le altre.

Continuano a crescere le aspettative delle aziende, migliori per quelle di settori diverse dal metalmeccanico con il 44% di giudizi positivi, a fronte del 25% per le aziende metalmeccaniche. Queste segnalano comunque una previsione di domanda che fa ben sperare, con oltre la metà del campione che esprime una visibilità di qualche mese, un orizzonte temporale che è spesso superiore al tempo medio di produzione e, quindi, garantisce una certa sicurezza per le imprese. Visibilità più ridotta invece per le altre imprese, che nel 70% dei casi indicano un orizzonte temporale di poche settimane.

Oltre la metà delle imprese del metalmeccanico evidenzia situazioni di insolvenza da parte dei clienti, con un aumento nel 30% dei casi sul mese precedente. Diversa la situazione per gli altri settori dove solo un’impresa su quattro segnala casi di insolvenza.

Sul fronte materie prime si registra una leggera frenata: per le aziende metalmeccaniche si passa dal 53% di aprile al 30% di giudizi indicanti un aumento; mentre per le aziende degli altri settori si scende dal 70% al 51%. Si tratta di dati che ancora sottolineano una notevole difficoltà da parte delle aziende. Circa un’impresa metalmeccanica su tre segnala difficoltà nell’ottenere le forniture richieste e fa fronte a tale situazione con l’aumento delle scorte (37%), gli acquisti spot (48%) e l’utilizzo di strumenti derivati (15%).

Si registra stabilità sul versante occupazionale rispetto al mese precedente: la situazione è lievemente migliore per le aziende degli altri settori, per le quali i giudizi di crescita (8%) prevalgono sui giudizi negativi (4%). A fronte di questa stabilità per tali imprese le previsioni per i prossimi mesi non sono rassicuranti, con giudizi tendenti al ribasso (17%) di dieci punti percentuali superiori ai giudizi di crescita. La stessa situazione riguarda le aziende metalmeccaniche, anche se in questo caso il divario passa da dieci a sei punti percentuali.