Longoni: “Questa serata l’avevo pensata con Daniele Chiappa, un amico sincero”
“Non siamo angeli né eroi, siamo qui solo per mostrarvi quanto crediamo in ciò che facciamo”
SIRTORI – “Non siamo angeli né eroi, cerchiamo solo di non spezzare quel filo che ci ha lasciato Daniele”. Enzo, Alessandro, Gianni, questa volta cognomi e ruoli non servono perché le loro parole sono quelle di ogni singolo volontario del soccorso alpino.
Una serata emozionante, quella di giovedì, nel negozio df Sport Specialist di Bevera di Sirtori che si è riempito di divise rosse, quelle degli uomini del soccorso alpino, accompagnate da famigliari e moltissimi amici.
“E’ una serata che mi sta molto a cuore e voglio dedicarla al ricordo di Daniele Chiappa (scomparso prematuramente per una malattia nel 2008, ndr), un amico sincero, sempre disponibile, persona generosa – ha detto un Sergio Longoni visibilmente emozionato -. Era attento ai problemi degli altri, un soccorritore vero. Una serata che avevo pensato con lui ma, purtroppo, pochi giorni prima la sua malattia si è aggravata e non si è più ripreso”.
“Nell’ombra della luna”, la serata era intitolata come il libro di storie di soccorso che Ciapin diede alle stampe: “Ci tenevo a realizzare questo appuntamento e, parlando con alcuni soccorritori, mi hanno detto di essere pronti. Ragazzi, è un onore avervi qui”.
Nessuna celebrazione o sensazionalismo, con estrema semplicità il folto pubblico è stato portato in un mondo poco conosciuto. Tutti li vediamo sulle montagne con la loro caratteristica divisa, ma è difficile anche solo immaginare cosa fanno questi volontari. Un filmato (“a volte le immagini valgono più di mille parole”) ha mostrato le diverse fasi di un soccorso: dall’allertamento alla consegna del ferito ai medici fino al “briefing finale” davanti a un bicchiere di vino e una fetta di salame, magari nel cuore della notte dopo un intervento al freddo durato ore: “Non sottovalutate questa immagine perché noi siamo una squadra. La condivisione e il gruppo hanno un’importanza vitale: nel soccorso alpino il singolo non fa la differenza ma la squadra sì”.
Una serata di storie di soccorso: momenti difficili come nel caso della valanga di Rigopiano, in Abruzzo, e storie a lieto fine diventate una sincera amicizia come nel caso di Sirio.
La storia di Sirio, appeso a un filo sulla Fasana
Bisogna tornare alle 17.30 del 27 marzo 2018 quando Sirio, a causa di un errore di valutazione, impatta con il suo parapendio contro la parete Fasana. La vela fortunatamente si incastra nelle rocce e nella neve e resta appeso in parete con 300 metri di vuoto sotto i piedi. “Ho chiamato i soccorsi e c’è voluta un’ora e mezza per far capire agli operatori dove ero. Ho visto l’elicottero passarmi davanti e andare altrove – ha raccontato il giovane -. Poi mi hanno individuato ma l’elicottero non poteva intervenire perché la turbolenza del rotore avrebbe potuto farmi precipitare”.
Alle 2 di notte, dopo quasi 9 ore e 30 soccorritori impegnati, Sirio è stato caricato sulla jeep del soccorso alpino, infreddolito, con un trauma alla gamba, ma ancora vivo. Il giorno dopo Alessandro, di passaggio in ospedale, è andato a cercarlo al pronto soccorso: “Non mi ha riconosciuto subito, ma quando ha sentito la mia voce sul suo volto è comparso un grande sorriso”.
“Ho fatto uno sbaglio e queste sono le persone che mi hanno salvato la vita – ha concluso Sirio -. Essere qui stasera a raccontare cosa fanno questi volontari è il ringraziamento minimo”.
L’eredità di Ciapin
“Ricordo l’ultimo Natale passato con Daniele Chiappa – ha raccontato Enzo – mi disse ‘ricordatevi di continuare a raccontare le storie di soccorso per mostrare la nostra passione e quando crediamo in quello che facciamo’ e questa sera lo abbiamo fatto”. La serata si è chiusa con il ricordo dei compagni caduti. In sala è stata letta la bellissima LETTERA di Marta, lo moglie di uno dei due soccorritori morti durante un intervento a seguito della frana sul Pelmo del 2011. “E’ inutile nasconderlo, a volte ci vengono dei dubbi su quello che facciamo – ha detto Enzo -. Quando accade riprendo in mano questa lettera. Nel bene e nel male il soccorso alpino è una grande famiglia”.