Il bar Aquila, la tipografia, Ettore della cooperativa e la latteria…
Dove oggi c’è uno stabile diroccato una volta brulicava la vita
CALOLZIOCORTE – “Quella era una strada piena di vita, il cuore di Calolzio, quanti ricordi…” In questi giorni è ritornato alla ribalta il dibattito sull’area Gamba, lo stabile ormai raso al suolo all’angolo tra via XXIV Maggio e via F.lli Cittadini. Un pezzetto del centro storico di Calolziocorte che ormai da anni attende di essere riqualificato.
Abbiamo raccolto i ricordi di chi in quella zona ci è nato e cresciuto e ha voluto raccontarci l’epoca in cui quella strada a due passi dalla Chiesa era brulicante di vita. Voci di una Calolzio che ormai non c’è più. Frammenti di un passato che solo chi oggi ha i capelli bianchi ricorda ancora. Racconti dove il dialetto si confonde con l’italiano, dove le famiglie erano conosciute solo con il soprannome. Non è escluso che i ricordi raccolti e i nomi di coloro che fecero la storia di questo angolo di paese possano contenere qualche imprecisione o siano incompleti (in questo caso ci scusiamo e siamo pronti ad aggiungere qualche frammento del puzzle) ma ci piaceva provare a tracciare i contorni di una fotografia di 60 anni fa. I ricordi raccolti si collocano all’incirca tra la fine degli Anni ’50 e i primi Anni ’70.
L’area Gamba
Dove oggi vediamo un cumulo di macerie, al pian terreno dello stabile, c’è sempre stata una storia azienda di onoranze funebri e fiorista, il Gamba appunto. Per un periodo, lì accanto trovò posto anche l’ambulatorio della mutua, poi trasferita a poche decine di metri in via Martiri della Libertà (anche questo uno stabile oggi in disuso). Sopra ci raccontano che ci fosse un laboratorio di sartoria dove le donne, sedute alle loro macchina da cucire, producevano fazzoletti. Proprio lì di fronte, all’angolo opposto, c’era una tipografia (il nome dovrebbe essere Benvenuti) che è rimasta attiva fino agli Anni ’70. Scendendo nell’ultimo tratto di via XXIV Maggio, verso via Martiri della Libertà/via Don Achille Bolis, sempre sulla destra, c’erano una serie di attività : un negozio di scarpe-calzolaio (Meregal), un tabacchino dove poi è entrata la gioielleria Biella e il barbiere Gianni Valsecchi, soprannominato “Cifa” perché, per assicurarsi che i clienti non sentissero dolore durante la rasatura, era solito rivolger loro la domanda “Ci fa male?”
La piazzetta
Sul lato opposto all’area Gamba c’è una piazzetta (piazzol) con una cappelletta della Madonna di Lourdes. Sulla piazzetta si affacciava una latteria (oggi c’è la porticina verde di una casa privata). Lì, puntuale come un orologio svizzero, ogni mattina alle 5 arrivava un motocarro Guzzi pieno di bidoni del latte che veniva rigorosamente lasciato acceso durante le operazioni di scarico e quella era un po’ per tutti la prima sveglia. Lì vicino c’era il negozio di frutta e verdura della famiglia Quartarone e la macelleria Valsecchi (Martulin) che ancora oggi resiste. Dalla piazzetta sale l’altro tratto di via F.lli Cittadini, quello era conosciuto da tutti come “quartier di nigre”, soprannominato così perché il viottolo è talmente stretto che non prende mai la luce ed è sempre buio e nero.
Dove oggi c’è l’Ottica Malighetti, infine, c’era un sasso dove era possibile veder sempre sedute un gruppetto di donne che abitavano lì in zona: “Si ritrovavano lì per svolgere dei piccoli lavoretti per il Nastrificio Gavazzi: con l’ago infilavano i nastri nei lembi superiori dei sacchetti per consentirne la chiusura. Trascorrevano così i pomeriggi dando il loro contributo all’economia famigliare”.
Bar Aquila
Attaccato all’area Gamba, salendo verso la chiesa, c’è un altro stabile che per anni è stato ricchissimo di vita: il bar Aquila che faceva anche da locanda e osteria. “Era sempre pieno, lì si ritrovava tutta Calolzio. A Natale si andava a mangiare la trippa” ricorda chi ci racconta. Aveva i campi da bocce, si giocava a carte e c’era una sala per la televisione dove la gente si riuniva per guardare Lascia o Raddoppia perché a quei tempi in pochi potevano permettersi di avere una televisione in casa. Dietro al bancone c’era la signora Angioletta con il marito.
Dalla parte opposta della via c’era un ombrellaio (Zambelli) e poco sotto quello che per tutti era semplicemente “Ettore della cooperativa” (Arnoldi) che gestiva un piccolo negozio di alimentari: “Era un grande cacciatore e in vetrina esponeva tutti i suoi fucili con tanto di cartucce. Nel retrobottega, poi, aveva la cantina con le botti del vino e gli uomini di ritorno dal lavoro erano soliti fermarsi a bere un bicchiere. Capitava spesso, verso le 20, di vedere la serranda mezza alzata e le biciclette delle persone di ritorno dal lavoro appoggiate all’esterno”.
Poco più sotto c’erano Carletto e Rosetta che avevano una bottega e il forno del pane: “Il forno era alimentato con gli scarti del legname, quando arrivava il camion con i sacchi di segatura noi ragazzi li scaricavamo e li portavamo dietro alla bottega e come ricompensa ricevevamo un cioccolatino da 15 lire”.
Ricordi in bianco e nero, un po’ appannati dal passare degli anni e ricoperti dalla polvere del tempo, ma che ci svelano quante vite e quante storie sono passate tra quei muri…
* Tra i vari ricordi c’è stato chi, dopo aver letto l’articolo, ci ha parlato della figura di Giulio “Bon Bon” che proprio sulla piazzetta di fronte all’area Gamba vendeva le sue caramelle per la gioia di tutti i bambini.