La conferma della presenza del lupo dall’analisi delle tracce di saliva ritrovate vicino a una pecora sbranata
Il direttore del Parco Michele Cereda: “Sappiamo ancora poco su questo lupo, ma bisogna iniziare a lavorare per una convivenza”
MONTEVECCHIA – Il lupo è tornato sulle colline brianzole, spinto, nei mesi di quiete e tranquillità dovuti al lockdown, più a valle per cercare nuovi possibili habitat. Ma è ancora troppo presto per dire se quella che appare a tutti gli effetti come l’esplorazione di un esemplare giovane e avventuriero possa segnare l’inizio di un ritorno definitivo del predatore in zona o verrà registrato soltanto come un passaggio transitorio.
Sta suscitando grande curiosità, interrogativi e anche qualche timore la notizia della presenza del lupo nel Parco del Curone, certificata dalle analisi di campioni di saliva effettuate su una pecora sbranata a ottobre all’interno di un allevamento.
Un episodio a cui è seguito, a fine dicembre, un altro assalto, questa volta più efferato con la razzia notturna di ben 13 pecore su 18 all’interno di un allevamento a Missaglia nel cuore della Valle Santa Croce. Identiche le modalità di azione, tanto che, seppur ancora in attesa dei referti sui campioni raccolti, è praticamente certo che ad agire sia stato un lupo, probabilmente lo stesso esemplare di ottobre.
Impronte da 12 cm nella neve
Una tesi supportata, in attesa della conferma dal laboratorio dell’università di Trento, a cui i campioni sono stati inviati, anche dalle vistose impronte, lunghe circa 12 centimetri, lasciate sulla neve dal predatore che, dopo aver colpito in Valle Santa Croce, è fuggito, addentrandosi nel fitto bosco che da Missaglia collega a Montevecchia e da qui a La Valletta Brianza e Sirtori. Da quel momento di lui sono state perse le tracce e nessuna foto trappola, già posizionata nelle zone ritenute più sensibili, per ora l’ha ripreso, rendendo quindi possibile individuarne gli spostamenti. Al momento, infatti, l’unica cosa certa è che sia arrivato nel Parco del Curone, approfittando della calma e del periodo di quiete conseguente alle restrizioni agli spostamenti dovute all’emergenza sanitaria da Covid.
Ancora da scoprire gli spostamenti
Il resto, ovvero da dove sia giunto, da quanto e se sia ancora nei nostri boschi, sono tutte domande a cui è possibile rispondere solo con delle ipotesi. E sempre supposizioni sono quelle, certo avvalorate dal senno del poi, che il lupo fosse presente nel territorio del Parco già dalla primavera, visto che già a maggio si era registrata, nella zona della Bagaggera, la morte di un ovino, avvenuta in circostanze anomale.
“In molti già allora avevano ipotizzato l’azione predatori di un lupo” precisa il direttore del Parco Michele Cereda, entrato a far parte in queste settimane del gruppo di lavoro creato da tempo dalla Regione insieme all’Ersaf, i carabinieri forestali e la polizia provinciale per occuparsi della questione del ritorno del lupo. Ma non c’erano prove e anche la modalità d’azione era apparsa leggermente difforme dal chiaro e preciso modus operandi del lupo, tanto che quell’uccisione, così come quella avvenuta qualche settimana dopo, questa volta in Valle Santa Croce, era stata imputata a un cane randagio.
La conferma dalle analisi della saliva
Al terzo attacco, avvenuto a ottobre, alcuni indizi presenti sulla carcassa della pecora uccisa hanno invece portato a rompere gli indugi e a chiedere di esaminare in un laboratorio specializzato le tracce di saliva rinvenute intorno all’ovino. E l’esito ha confermato quello che per molti era già una certezza, ovvero che il lupo era tornato ad abitare le colline della Brianza.
“Non sappiamo esattamente quando questo animale sia scomparso dalle nostre zone, di certo la sua è sempre stata una presenza storica, per non dire preistorica”. Moltissime le leggende e le storie tramandante fino a ora legate alla sua presenza, tra cui anche quella connessa al Santuario della Madonna del Bosco a Imbersago, con la liberazione di un bambino dalle fauci di un lupo.
Il ritorno del lupo anche a basse quote
Animale ubiquitario, capace cioè di adattarsi in zone e ambienti diversi, è via via scomparso da tutto il territorio del Nord Italia il secolo scorso salvo poi tornare a fare capolino sulle Alpi a partire dagli anni Novanta. Dalle ricerche effettuate dal team di esperti del progetto europeo WolfAlpsEu (sul sito https://www.lifewolfalps.eu/ è possibile reperire molte informazioni in merito al fenomeno) è stato possibile registrare la presenza, nel 2017-18, di 51 branchi/coppie di lupo stabili per un minimo di 293 lupi sulle Alpi italiane.
Un ritorno a cui sono seguiti i primi sconfinamenti in alcune aree a bassa quota, in collina e in pianura, tra cui il Ticino e il Bresciano, dove si sono innescati gli inevitabili problemi di compresenza con le attività umane, in primis gli allevamenti. Nel 2015 a Ballabio si era parlato di un presunto ritorno del lupo, ma l’episodio era stato poi smentito. Proprio per gestire questi fenomeni e fornire strumenti di prevenzione adeguati, sono stati promossi, nel corso degli anni, importati progetti europei, tra cui l’ultimo, Life WolfAlpsEu, che vede seduti allo stesso tavolo enti e istituzioni di Italia, Francia, Austria e Slovenia.
Un animale che predilige ambienti tranquilli
“Per sua natura è un animale che predilige ambienti tranquilli, poco urbanizzati e quieti, dove può facilmente reperibile delle prede. In Maremma, ad esempio, è famoso per dare caccia ai cinghiali e alle nutrie” continua Cereda. Predilige quindi ambienti privi di disturbo ed è per questo motivo che, il periodo di lockdown vissuto la scorsa primavera, può avere inciso e influito aprendo nuove zone di esplorazione per un lupo, probabilmente solitario e giovane. “Al momento dagli esami svolti non abbiamo notizie in merito a una possibilità età o al sesso. Così come non abbiamo idea di quello che potrebbe succedere dopodomani, ovvero se questo resterà un episodio isolato o segna un ritorno del lupo in zona. A noi serviva avere la conferma che si trattasse di un lupo per affrontare al meglio la questione e mettere a punto le azioni, principalmente comunicative e informative, necessarie per affrontare i tanti risvolti collegati a questa vicenda”.
Gli indennizzi per chi subisce danni
Dalla teoria, finora studiata grazie alla presenza ai tavoli regionali, si è quindi passati alla pratica, rendendo l’ente sovracomunale, con sede a Cascina Butto, il luogo deputato a raccogliere le istanze non solo delle attività che hanno subito dei danni, ma anche le preoccupazioni e le domande di chi, vuoi perché allevatore o semplice fruitore del Parco, ha dubbi o timori legati al ritorno del predatore nella Valle del Curone. “Esiste un’assicurazione regionale che riconosce l’indennizzo per gli allevatori che hanno subito danni a causa di un’azione predatoria. Detto questo, bisogna lavorare per imparare a convivere con questa presenza, prendendo esempio da altre zone di Italia, come ad esempio l’Abruzzo, dove i lupi e greggi sono presenze costanti”. Bisognerà certo cambiare abitudini e consuetudini e capire quali strumenti e protezioni mettere in atto per garantire la convivenza.
L’obiettivo è la convivenza pacifica
Parallelamente continua anche l’attività di indagine a livello scientifico per capire meglio che spostamenti ha compiuto in questi mesi. “Abbiamo evidenze di un esemplare e non di un branco. Non sappiamo da dove sia arrivato, ma è molto probabile che sia sceso dalle Prealpi occidentali, dove da tempo è ravvisata la presenza”.
Anche l’Appenino è una zona scelta come habitat dai lupi, tanto che il programma europeo pone particolare attenzione per il corridoio ligure piemontese attraverso il quale potrebbe avvenire il passaggio dalle Alpi all’Appenino e viceversa. Molto improbabile che, anche in tempi di lockdown, il lupo abbia potuto risalire da Sud dovendo attraversare un dedalo di autostrade e tangenziali mentre è più credibile che sia arrivato dalle Prealpi comasche, dove è già stata segnalata la presenza. La sfida ora è quella di arrivare a una convivenza serena del lupo in un Parco, come quello del Curone, caratterizzato per la vicinanza a molti centri abitativi ad alta densità residenziale.
La presenza come indice di “qualità” del Parco
Tra gli esperti che in queste settimane si sono confrontati sul tema, c’è chi ha subito riconosciuto, nel ritorno del lupo in zona, una sorta di certificazione ambientale e naturalistica dell’oasi verde della Brianza, preservata da cemento e smog. Probabile che, dai campioni e dalle tracce prelevate a fine dicembre, si possa acquisire qualche particolare in più sul lupo che, nell’uccisione delle 13 pecore, avrebbe messo in pratica una strategia comune a molti predatori ovvero l’overkilling cercando quindi di procacciarsi cibo per un lungo periodo attraverso una grande quantità di prede. Capace di percorrere decine di chilometri a notte, il lupo potrebbe già essere tornato alla sua base, individuando nel territorio del Parco una zona di passaggio per delle incursioni. Importante sottolineare che la sua presenza non è pericolosa per l’uomo perché si tiene generalmente lontano dagli umani.