La storia di Massimo: guerriero silenzioso che combatte contro la SLA

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Massimo Pomi
Massimo Pomi

Mandellese, classe 1972, cresciuto a pane e calcio da 14 anni lotta, senza mai mollare, contro la malattia

Una speranza potrebbe arrivare dalle cure sperimentali del Dottor Andrea Calvo. “L’ho contattato. Mi ha risposto. Seguirò l’evolversi della sperimentazione, poi vedremo se potrò sfruttare questa occasione”

MANDELLO DEL LARIO – Quando penso alle difficoltà e alle fatiche della vita per le quali impreco, mi lamento, sbuffo, quando problemi lavorativi più o meno grandi si palesano, magari all’improvviso, in un giorno qualunque di una settimana qualunque, ho imparato a ritrovare calma e serenità pensando al mio amico guerriero e a come affronta la sua battaglia quotidiana, imparagonabile a qualsiasi mio impiccio, anche al più complicato.

Penso a come le grandi incazzature e le enormi difficoltà diventino infinitamente piccole al cospetto della sua battaglia e con quanta calma e pacatezza affronterebbe le mie. Lui, Guerriero silenzioso, che da 14 anni lotta quotidianamente con un vero e proprio mostro che lo ha imprigionato e che si chiama SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica).

A dire il vero guerriero lo è sempre stato. In gioventù quando calcava i campi di calcio da buon libero qual era (e che libero!) non mollava mai. Sapeva gestire la difesa in ogni situazione, ordinato, mai in affanno, col suo inconfondibile aplomb che non perdeva mai, nemmeno quando all’occorrenza c’era da menare. Già, Massimo Pomi, Guerriero, lo è sempre stato, anche su quei “campacci” di periferia.

Massimo Pomi
Una foto di Massimo, Anni ’90, con la maglia del Mandello

Prima le giovanili nel Lecco, poi a Mandello. Il ragazzo cresce in fretta, a 17 anni è titolare in Promozione. L’Inter lo nota e per un anno accarezza il sogno del grande calcio. Poi va a Olginate, torna a Mandello, Pescarenico, Lecchese, vive la fusione Lecchese – Pescarenico. Poi ritorna a Mandello, ma solo per poco. Assaggia il clima arcigno della Valtellina vestendo la maglia del Dubino, ritorna a Mandello, Dolzago, tre anni a Civate e poi… e poi è come se un arbitro fosse arrivato a fischiare la fine di una grande partita, quella della vita: della vita che si vive, che si gusta, che si assapora, che si cammina, si corre, si ride, si parla, si accarezza. Eppure per il guerriero non è stato così. Per lui non c’è stato il triplice fischio finale, ma solo la fine di un primo tempo. Nel secondo, più duro, difficile, impari, scorretto, ingiusto non è rimasto nello spogliatoio, ma è sceso ancora in campo e se lo sta giocando fino in fondo e alla grande.

Tutto ha inizio nell’Agosto del 2008 quando Massimo riscontra, poco sopra le ginocchia, una rigidità muscolare nel correre e nel calciare. Inizialmente non dà peso alla cosa, ma qualche mese più tardi, ad Ottobre, mentre sta mangiando, i muscoli del braccio iniziano a “saltare”.

A quel punto va dal Medico di Base che lo visita e gli dice che si tratta di fascicolazioni, ovvero contrazioni sottocutanee involontarie delle fibre muscolari.

Si reca dal Neurologo e nel frattempo le fascicolazioni aumentano e coinvolgono anche i muscoli delle gambe. A Dicembre viene ricoverato e dagli esami i medici iniziano ad avere qualche dubbio, ma a metterli fuori strada è una grossa ernia cervicale intercettata da una risonanza. L’ernia rischia di bucargli il midollo e i medici sono pronti a operarlo immediatamente, ma il Natale è alle porte e Massimo decide di rimandare l’intervento per trascorrere le feste in famiglia. Gli concedono questa opzione a patto che tenga il collarino 24 ore su 24.

A Gennaio del 2009 viene operato e per sei mesi indossa il collarino giorno e notte, poi lo indossa per altri tre mesi ma solo per uscire di casa.

Spera che tutto finisca al più presto, ma subito dopo l’operazione cammina male, a fatica, si muove a scatti come un robot. Inizia un ciclo di fisioterapia presso l’ospedale di Bellano mentre i medici ipotizzano sia un regresso dovuto all’intervento.

Massimo esce tutti i giorni per camminare nella speranza di recuperare la mobilità di sempre. Ogni giorno fa lo stesso giro e cronometra il tempo che impiega per percorrerlo. Il crono sembra dalla sua parte: i tempi migliorano sì, ma i movimenti restano sempre meccanici.

Passano 9 mesi dall’operazione e nonostante tutto decide di tornare al lavoro nonostante fatichi a deambulare.

Nell’anno successivo le cose non migliorano e nel 2011 mentre sta camminando per strada, cade. Un episodio che lo spaventa, così decide di togliersi ogni dubbio sottoponendosi al prelievo del liquido spinale: “Un male così non l’ho mai sentito”, ci confessa.

Il verdetto è lapidario: Massimo è affetto da SLA.

La malattia progressivamente prende il sopravvento sul suo fisico, ma non sul suo cuore, sulla sua mente e men che meno sul suo spirito da guerriero.

La malattia picchia duro, Massimo non cammina più ed è costretto in carrozzina, ma lui non si perde d’animo, non si fa schiacciare, non molla e picchia più forte della malattia che lo inchioda su una carrozzina.
Piomba nel silenzio, ma non lo fanno i suoi occhi. Quelli parlano, spiegano, ridono, s’incazzano e laddove è necessario rimbrottano persino le sue due figlie, che intanto crescono. “Sono la forza della mia vita”, ci rivela.

Per comunicare inizia ad utilizzare un computer speciale dotato di tecnologia eye-tracking (controllo oculare) che viene gestito esclusivamente con gli occhi. Con lo sguardo riesce a digitare una tastiera virtuale che compare su uno schermo davanti a lui e una voce digitale legge ciò che scrive.

Il tempo passa e nell’Ottobre del 2013 Massimo viene ricoverato all’Inrca di Casatenovo dove gli viene applicata La NIV  (Non Invasive Ventilation), sistema ventilatorio che si sostituisce al paziente nelle varie fasi degli atti respiratori. Questo permette di far riposare i polmoni. Inizialmente deve metterla solo di notte, ma col passare del tempo si rende necessario anche l’uso di giorno finché il corpo di Massimo non la sopporta più.

Nel 2014 deve affrontare una decisione importante. I medici gli consigliano di sottoporsi alla tracheotomia. Lui rifiuta. Durante una visita pneumologica sempre all’Inrca di Casatenovo viene colpito da una forte crisi respiratoria. Sono attimi concitati, la vita di Massimo è in pericolo e i medici lo salvano quasi per miracolo: “Non hanno saputo spiegarsi come abbia fatto ad uscirne vivo”, ci confessa. Ma lui non si smuove dalla sua posizione e decide comunque di non sottoporsi ancora all’intervento. Solo nel 2016, dopo un’altra crisi, si convince e si fa operare ritrovandosi un tubo in gola.

Massimo a dire il vero un tubo lo ha già da ormai due anni. Da quando nel 2014 i medici notano una sensibile perdita di peso. L’unica soluzione è la PEG (Gastrostomia Endoscopica Percutanea) e consiste nell’applicazione chirurgica di una sonda tramite la quale si somministra nutrizione. Massimo da quel giorno non mangerà più cibo e non berrà più liquidi se non attraverso la PEG.

Massimo Pomi
La festa del 50° compleanno con alcuni amici e parenti

Da allora, tolti i “tagliandi” come li chiama lui, procede stabile, nel suo letto di casa, tra l’affetto delle figlie, di sua madre e degli amici.

Poi la notizia che speri sempre di leggere, ma che non ti aspetti, un medico italiano ha sperimentato con risultati che sembrano molto promettenti una cura per i malati di SLA.

Massimo non si fa alcuno scrupolo nel contattare il professore che sta testando in Canada e negli Stati Uniti queste nuove cure.

Si tratta del Dottor Andrea Calvo, professore associato di Neurologia presso il Dipartimento di Neuroscienze ‘Rita Levi Montalcini’ dell’Università di Torino; coordinatore clinico al Centro Esperto SLA di Torino dal 1997, nonché presidente del gruppo di studio italiano sulle malattie del motoneurone della Società Italiana di Neurologia (SIN) e co-presidente dell’EAN Scientific Panel per SLA e FTD.

“L’ho contattato via mail. Mi ha risposto. Seguirò l’evolversi della sperimentazione e poi vedremo cosa potrò fare e se e come potrò sfruttare questa occasione. Anche perché a Gennaio i Ministri della Salute degli stati membri della Comunità Europea si incontreranno per decidere con l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) se questi farmaci potranno essere importati”.

Poi il guerriero mi guarda e con gli occhi digita: “Ci vediamo settimana prossima. Adesso vai, che devo vedere il Milan”.

Il guerriero da quella maledetta carrozzina non molla. Continua la sua battaglia, tosto come sempre… tifando Milan. Ed io quando mi incazzo e inciampo in uno dei tanti problemi della quotidianità penso a lui, alla sua grande battaglia, alle sue fatiche e tutto si sgretola come un bicchiere di cristallo che cadendo si frantuma in mille pezzi.