Aziende confiscate: Cgil lancia una legge a tutela dei lavoratori

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LECCO – In tutta Italia hanno superato quota 1600 le aziende confiscate alla mafia, coinvolgendo tutti i settori produttivi, dal Nord al Sud. La crisi economica non ha fatto altro che peggiorare la situazione perché, come denunciato dalla Cgil, negli ultimi anni le confische sono aumentate del 65%; segno, secondo il sindacato, di un abbassamento del controllo di legalità e pervasività del nostro sistema economico. Un fenomeno che coinvolge anche il lecchese, dove complessivamente sono state confiscate 19 attività economiche.

L’aggressione ai patrimoni mafiosi è uno dei principali metodi di contrasto alla criminalità organizzata ma la sua efficacia ha delle ricadute di non poco conto sul piano economico e sociale: “Le attività economiche e produttive sottratte alla criminalità organizzata, nel 90% dei casi, falliscono dopo il provvedimento definitivo di confisca – ha spiegato il segretario di Cgil Lecco, Guerrino Donegà – con le ovvie conseguenze di perdita di posti di lavoro e di valore economico ”.

Il problema non è certo nel metodo di lotta alla malavita ma, come denunciato dal sindacato, nella mancanza di una legge che tuteli i lavoratori e che preservi le attività per restituirle al mercato in condizioni di legalità.

Crediamo sia necessario introdurre anche per queste aziende delle procedure analoghe a quelle di crisi per le imprese – ha sottolineato il segretario generale, Wolfango Pirelli – aprendo per esempio a misure come la cassa integrazione, quindi ad un percorso di ammortizzatori sociali sufficiente a coprire quel periodo tra il sequestro e la riconsegna per scopi sociali o la rivendita dell’attività”.

Procedimenti che ora non sono previsti e che la Cgil vorrebbe introdurre con una legge di iniziativa popolare che punta, tra le altre cose, ad istituire una banca dati nazionale delle aziende sequestrate/confiscate per tutelarne la posizione sul mercato ed un apposito ufficio presso l’Agenzia Nazionale che possa fornire tutto il supporto necessario per scongiurarne il fallimento; per rimettere in moto tali attività, la legge avanzata dal sindacato propone agevolazioni fiscali ed un fondo di rotazione finanziato da una parte delle liquidità confiscate alla criminalità, oltre che l’estensione del concordato e percorsi di formazione per i lavoratori.

Perché il paradosso, come ribadito da Giulia Venturini di Arci Lecco, è che facendo morire queste attività si perde l’opportunità di poterle riscattare. L’iniziativa “Io riattivo il lavoro”, oltre che da Cgil e Arci, è sostenuta anche da Acli e Libera; sarà possibile partecipare alla raccolta firme a partire dal prossimo 3 febbraio e fino al 21 maggio, presso le sedi delle associazioni promotrici e in occasione di specifiche iniziative; la prima di queste è prevista per la prossima domenica, presso il circolo Arci di Osnago (info: www.arcialoco.org)