LECCO – “Casa Biagi” non è soltanto il titolo del libro scritto da Carla e Bice Biagi, figlie dell’indimenticato giornalista e scrittore Enzo. “Casa Biagi” è un ritratto di famiglia a tutto tondo, in cui emergono, filtrati dal racconto e dai ricordi delle due figlie, dettagli anche inaspettati legati alla vita del giornalista scomparso nel 2007.
“La scelta di partire a parlare della casa e non direttamente di nostro padre – hanno esordito le figlie di Enzo Biagi – è stata importante, perché ci ha permesso di parlare di radici, di attaccamento alla famiglia, di un luogo che è stato il punto di incontro con molte persone”.
“La casa era un luogo di protezione per papà – ha affermato Bice Biagi – e la sua figura aleggia in tutte le pagine, anche se non abbiamo mai avuto il mito per papà e il suo lavoro”. “Più che di nostro padre – ha ribadito Carla Biagi – si tratta di un libro che straripa di figure femminili: il nostro era un mondo al femminile, gestito dalla nonna e da nostra madre, perché papà spesso per lavoro era lontano da casa. Era un uomo degli anni ’20 che usciva a lavorare, c’era per le decisioni importanti ed era anche severissimo, molto legato agli aspetti formali del comportamento, ma poi quando usciva restava la mamma a gestire tutto”. “Sicuramente c’è gratitudine nei suoi confronti – hanno confidato le sorelle Biagi – ma era difficile rapportarsi con lui: la dialettica tra noi è arrivata molto tardi, certi argomenti non si potevano assolutamente trattare insieme, non c’era una grande confidenza: era dalla nostra parte, ma non era un nostro amico”.
“Solo negli ultimi anni ci siamo pacificate con lui – hanno ammesso le sorelle Biagi – lo abbiamo riscoperto dolce e affettuoso, pieno di complimenti e attenzioni, anche se ormai era vecchio, solo e abbandonato: fortunatamente abbiamo ricevuto il regalo della pacificazione prima della sua morte”.
Il racconto di un confronto generazionale complesso – non per niente il tema scelto da Leggermente quest’anno è quello delle “Generazioni” – procede con i diversi aneddoti di Carla e Bice Biagi: “nostro padre non era bacchettone, capiva i problemi altrui, ma faceva fatica a raccogliere le confidenze: era un uomo legato al suo tempo, che a differenza della mamma aveva ricevuto una spiccata educazione religiosa.Mamma invece era molto più anarchica, più avanti e più aperta di papà: quando lui partiva per lavoro facevamo festa, perché anche noi potevamo essere più libere e spontanee”.
“Tutto sommato – hanno ricordato le figlie di Enzo Biagi – era una persona generosa, ci teneva sempre a comprarci qualcosa anche quando non era richiesto: proveniva da una famiglia ricca che, pur mantenendo il decoro, aveva perso il decoro: aveva quindi un altissimo senso di protezione verso la propria famiglia, perché non voleva che rivivesse la stessa situazione di miseria”.
Poi la mente torna alla triste vicenda dell’Editto Bulgaro del 2002, con il quale l’allora premier Silvio Berlusconi volle allontanare dalla Rai alcuni giornalisti, tra cui anche Enzo Biagi: “in quel momento, con la madre appena morta, gli hanno tolto la voglia di vivere. Non credevamo che fosse possibile toccare un’icona giornalistica che ormai aveva 82 anni, invece è successo e siamo rimaste allibite”.
“Ciò che più lo angosciava – ha ricordato Bice Biagi – era la sorte dei suoi collaboratori e dei contratti di persone che per cinque anni non hanno potuto lavorare. Era molto rigoroso e ha sempre avuto e preteso dai suoi collaboratori lo stesso rigore, il rispetto degli orari e la parità tra giornalista e troupe televisiva: durezza e serietà gli erano riconosciute da tutti, aveva un brutto carattere e non chiedeva quasi mai scusa, ma è anche vero che ha formato e cresciuto tanti giovani giornalisti”. “Per contro – ha continuato Carla Biagi – la capacità di comunicare e di essere ben accolto dalla gente è quasi una contraddizione per come era fatto: di fronte ai potenti di tutto il mondo – da Kennedy a Churchill – non ha mai avuto paura, ma poi era frenato dall’entrare in un negozio per chiedere quanto costava la merce in vetrina”. “Quella che sembra una sua spontaneità comunicativa – ha spiegato Carla Biagi – era sempre frutto di ore ed ore di studio e di approfondimento: anche il suo stile giornalistico ricco di cultura e di riferimenti era improntato al continuo studio”.
“In realtà non volevamo scrivere questo libro – ha ammesso Carla Biagi – soprattutto io ci ho messo del tempo ad accettare l’invito giunto da molti amici: temevamo di rovinare in un colpo solo i 60 anni di carriera di papà. Poi però ci siamo trovate davanti a un tavolo e chiacchierando sono emersi molti ricordi e siamo partite a scriverlo, con un metodo di scrittura istintiva e asciutta, alla Biagi. Di fatto è un libro che con un linguaggio normale racconta una vita piena di incontri eccezionali”. “Oggi ci fa molto piacere che lo si ricordi ancora – ha ammesso Bice Biagi – vuol dire che era entrato nelle case di molti: ancora oggi la gente scrive lettere e biglietti che poi lasciano sulla tomba di Pianaccio. Sono cose che commuovono e fanno piacere, anche se forse, dopo tanti anni che siamo in giro a parlare di lui, non ce lo aspettavamo”.