Giovani Comunisti, no alle aperture dei negozi nei festivi: “Inutili”

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LECCO – Manifestare contro la legge che permette ai negozi di non rispettare il riposo nei giorni festivi: i Giovani Comunisti sostengono lo sciopero nazionale e presidiano con bandiere e striscioni all’esterno del centro commerciale “Meridiana”.

manifestazione giovani comunisti primo maggio 2014

“Siamo contrari alle liberalizzazioni fatte del governo Monti che danno la possibilità ai centri commerciali di tenere aperto sette giorni su sette compresi i giorni festivi – spiega Andrea Torri, attivista dei Giovani Comunisti – lo troviamo un intervento politico che non serve ad aumentare i consumi, infatti gli ultimi dati addirittura parlano di una riduzione del 7%, e tantomeno non giova all’occupazione che nel settore commerciale è diminuita del 4%, quindi sosteniamo lo sciopero dei sindacati confederali proclamato per il 25 aprile e il 1 maggio e siamo disponibili a intraprendere azioni con i lavoratori della grande distribuzione come abbiamo fatto già nei mesi precedenti sul territorio”.

Andrea Torri
Andrea Torri

I Giovani Comunisti hanno anche intenzione di promuovere interventi specifici sul territorio lecchese sollecitando l’amministrazione comunale ad occuparsi maggiormente delle zone periferiche della città: “Vogliamo fare un lavoro in consiglio comunale per rilanciare delle politiche a favore dei piccoli commercianti che si trovano nelle zone periferiche della città che sono completamente dimenticate, da questo punto di vista infatti i quartieri si stanno desertificando e quindi vogliamo fare un’azione politica a livello comunale, dato che dovrebbe essere di competenza dell’amministrazione attivarsi per rendere più vivibili anche le zone periferiche e non solo quelle centrali della città”.

A fine giornata i Giovani Comunisti, come spiega il loro esponente Andrea Torri, si ritengono soddisfatti del riscontro avuto: “I lavoratori hanno apprezzato la nostra iniziativa, infatti solitamente nelle gallerie commerciali ad essere più in difficoltà sono i piccoli negozi che appartengono però a grosse catene, dove ci sono solo due o tre commesse senza la presenta di un titolare e che faticano ad avere una turnazione decente”.

A confermare l’analisi di Torri è una commessa del centro commerciale che, per ovvi motivi, chiede di restare anonima:  “I nostri diritti sono violati: lavoriamo tutte le festività, ma non apparteniamo a un settore che offre servizi di prima necessità, perché allora tocca solo alla nostra categoria e non ad altri esercizi come le banche? Non è vero che la liberalizzazione ha fatto aumentare le assunzioni, infatti oggi come sempre sono da sola in negozio, ci dividiamo noi i turni, festivi compresi, il tutto per uno stipendio di 1100 euro al mese. Lavorare di domenica per tutto il giorno e nelle altre feste poi compromette i valori della famiglia, siamo al lavoro invece che con i nostri familiari. A chi ci dice di non lamentarci perché visto che c’è crisi dobbiamo ritenerci fortunate ad avere un lavoro vorrei dire solo di provare ad essere al nostro posto: lavorare sì, ma nel rispetto dei diritti”.