LECCO – Preoccupazione per l’andamento e l’evoluzione dei mercati, per le responsabilità che ogni imprenditore è chiamato ad assumersi nei confronti dei propri dipendenti e per il futuro dell’Europa, nell’immediata vigilia delle elezioni per il rinnovo del parlamento di Strasburgo. Ma anche la convinzione che cooperare debba essere una sorta di parola d’ordine, un’opportunità in più per guardare allo sviluppo e immaginare un’alternativa credibile alla crisi che sta attanagliando anche la provincia di Lecco.
E’ questo il messaggio scaturito dall’assemblea annuale dell’Api di Lecco svoltasi martedì 20 maggio e in particolare dalla relazione del presidente Luigi Sabadini, a giudizio del quale “viviamo in un contesto economico globale che presenta situazioni mai viste prima”. “Assistiamo a un continuo confronto tra le aree del mondo – ha detto – dove l’oggetto del contendere mette in gioco profondamente i diversi sistemi culturali e istituzionali che possono invitare ma anche scoraggiare il fare impresa”.
Inventarsi nuove modalità per sopravvivere, a giudizio del numero uno dell’Associazione delle piccole e medie industrie della provincia di Lecco, è di questi tempi un po’ il cruccio di tutti gli imprenditori, perché il tasso di disoccupazione è ancora alto. Prendendo spunto dal tema dell’assemblea – “L’industria in Europa. Il futuro non è più quello di una volta” – Sabadini ha spiegato che “se in questo momento storico dobbiamo immaginare come potranno evolvere le nostre aziende, non possiamo cedere alla tentazione di replicare modelli passati quasi a voler ripercorrere le strade di un’età dell’oro ormai datata”.
Di qui l’importanza del ruolo delle associazioni territoriali, chiamate a svolgere una duplice funzione. “Da una parte – ha detto – siamo la cerniera per trasmettere le istanze locali ai livelli superiori e dall’altra siamo i soggetti più vicini alle aziende, i loro primi interlocutori, chiamati a intervenire con puntualità e competenza nella gestione delle criticità”.
C’è peraltro la consapevolezza di dover alzare lo sguardo a livello europeo per capire come l’economia locale si stia muovendo rispetto alle dinamiche in atto a livello internazionale. E ad aiutare in questo compito gli imprenditori lecchesi è stato Giacomo Vaciago, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. “L’Europa non può fare a meno di noi – ha premesso l’economista – così come noi non possiamo fare a meno dell’Europa. Dobbiamo peraltro essere consapevoli che l’unione fa la forza, ma soltanto a condizione di mettere insieme le virtù e non i difetti, perché altrimenti l’Europa diventa una specie di inferno”.
“Finora ha prevalso l’Europa delle regole – ha spiegato Vaciago – mentre è stato limitato il compito della Banca Centrale a garantire un fondamentale bene pubblico qual è la stabilità monetaria. Non è insomma passato il modello che avrebbe dovuto sommare le regole e il coordinamento delle politiche dei vari governi, unica strada percorribile per realizzare obiettivi concordati”.
Sempre a giudizio del docente “in questi anni vi è stato in Europa un dibattito tra sordi, ossia tra chi sosteneva che quanti non avevano rispettato le regole avrebbero dovuto porvi rimedio e chi invece riteneva che un’altra politica sarebbe stata non soltanto possibile ma addirittura migliore dal punto di vista dell’interesse comune”.
E la ripresa tanto auspicata? “E’ arrivata – ha risposto Giacomo Vaciago – ma non tutti se ne sono accorti perché non è stata accompagnata dalla crescita e perché ha riguardato chi già prima della crisi andava abbastanza bene e ora va ancora meglio. Già, l’Italia cresce sempre meno e negli ultimi anni siamo andati indietro, con la produzione industriale scesa decisamente tra il 2008 e il 2013”. “Non c’è ripresa se non ripartono gli investimenti – ha aggiunto l’economista – e ciò sarà ancora più vero nei prossimi anni, perché una ripresa appunto senza crescita non risolve e non risolverà i nostri problemi”.
Quindi un’amara considerazione: “Purtroppo anche questa campagna elettorale per l’Europarlamento si è occupata poco del principale problema che siamo chiamati ad affrontare, che non è il confronto tra i costi del restare nell’euro e quelli dell’uscirne, ma semmai quello di una indispensabile revisione di un progetto nato in un mondo completamente diverso da quello in cui viviamo oggi”.
A raccontare agli imprenditori che nella sede di via Pergola hanno assistito ai lavori dell’assemblea dell’Api spicchi di un’Italia che non c’è più e le piccole e al tempo stesso grandi contraddizioni che invece sono ancora ben radicate nel nostro Paese è stato successivamente Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg Uno. Questi ha ricordato come negli ultimi vent’anni vi sia stato un massiccio spostamento dal lavoro produttivo a quello improduttivo e individuato nella “dittatura del politicamente corretto” e nella scomparsa del nostro tessuto industriale due tra le principali cause della grave crisi che il Paese sta attraversando.
Dopo Sangiuliano ha preso la parola Maurizio Casasco. Il presidente di Confapi ha ricordato il ruolo fondamentale svolto dall’associazione. “Stiamo facendo cose importanti – ha detto – e fin dall’inizio del mio mandato abbiamo ad esempio tagliato oltre il 50% delle spese, così ora il nostro bilancio è in attivo”. “Ma questo non basta ancora – ha aggiunto – perché occorre pensare a dare qualcosa di importante alle nostre aziende e rimettere al centro le esigenze della piccola e media industria italiana”.
Casasco ha anche auspicato una revisione dei cambi dell’euro (“quelli attuali ci penalizzano sui mercati internazionali”) e una politica estera comune e forte. “L’Europa deve poi decidersi ad affrontare in modo serio e concreto il problema dell’immigrazione – ha aggiunto – così come quello dell’energia”.
Avviandosi a concludere il suo intervento il presidente di Confapi ha affermato: “Abbiamo troppe direttive e inoltre la burocrazia è un problema che attanaglia il nostro Paese”.
Quindi la premiazione delle aziende in attività da 25 e 50 anni e di quelle associate all’Api sempre da cinque lustri e da cinque decenni. Questo l’elenco:
Fondate da 25 anni – A.T.G. (Beverate di Brivio), C.T. Sistemi (Merate), Due Effe Impianti (Viganò), Fumagalli ingranaggi (Missaglia), Imsa (Garlate), Linea Stradale (Costamasnaga), Trafileria f.lli Crotta (Cisano Bergamasco).
Fondate da 50 anni – Fond-Metalli Spa (Campodarsego), M.E.A. snc di Mario Sibilloni (Lierna).
Iscritte da 25 anni – Altof (Valmadrera), C4 di Marco Bonfanti & C. (Olginate), Cabagaglio Spa (Lecco), Corbetta Salvatore srl (Molteno), Eleprint (Lomagna), Faser (Rogeno), Seatek (Annone Brianza), Silte (Galbiate), Trafileria Lariana (Barzago).
Iscritte da 50 anni – Metallurgica Frigerio (Villa d’Adda), Roncari Piero di Roncari Daniele & C. (Airuno).